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sabato 10 aprile 2021

HISTORY. Il reale valore del calcio inglese visto attraverso l'incontro Arsenal-Chelsea (4-1) del 1932.

L'articolo de "La Stampa" proposto oggi è un chiaro esempio di quanto poteva esser ammirato "il calcio inglese" anche allora, nel lontano 1932 (81 anni fa), prima che la seconda guerra mondiale ponesse fine ai sogni di milioni di persone. L'inviato di allora era Vittorio Pozzo, allenatore della Nazionale Italiana e da li a qualche anno due volte Campione del Mondo. (Max Troiani) Leggiamo.. 


LA STAMPA - 11 Dicembre 1932 - Il gioco inglese di campionato è cosa differente dal gioco inglese degli incontri internazionali. L'incontro disputatosi oggi sul campo di Highbury fra l'Arsenal e il Chelsea ne è una riprova. L'impianto del gioco è il medesimo. Esso segue cioè la tendenza moderna del lavoro tutto in profondità e tutto mirante a raggiungere lo scopo pratico per la via più breve e del minor tempo possibile. Ma il tono dell'attività è ben differente. Questo tono è il vigore personificato. E' l'uso più schietto e più pieno che si possa immaginare delle energie fisiche che il giocatore ha accumulato in una settimana dì lavoro e di cure. Rispetto alla battaglia odierna fra le due grandi rivali londinesi, l'incontro di mercoledì scorso fra le squadre nazionali di Inghilterra e di Austria fu quasi uno spettacolo all'acqua di rose.

Settantamila spettatori Si inaugurava il nuovo stand al 'campo di Highbury; la grandiosa costruzione a due piani capace di più di 25 mila persone, è costata qualche cosa come 45 mila sterline. Era questa un'opera che giungeva a completamento del programma di riorganizzazione della società calcistica, sull'orlo del fallimento alcuni anni dopo la fine della guerra, e che sì trova ora al primo posto della classìfica del campionato e in testa al movimento calcistico britannico. Ora il campo dell''Arsenal può ospitare 80 mila persone. Assisteva il Principe di Galles ed erano presenti, malgrado la gelida giornata, circa 70 mila persone, dieci o quindici mila di più, cioè di quelle che accorsero all'incontro internazionale con l'Austria. 

Viva rivalità locale divide i « rossi » dell'Arsenal, ì « cannonieri », come vengono qui definiti, dagli « azzurri » del Chelsea, i « pensionati », secondo la definizione popolare derivante dall'ospedale militare degli invalidi confinante con il campo della società del West End. Ambiente movimentato quindi. Fu una battaglia delle più aspre e interessanti che possa produrre il gioco del calcio. Al 5' minuto dall'inizio, Arsenal già si trovava in vantaggio. Un tiro dell'ala sinistra, Bastin, aveva battuto a fil di palo e a mezza altezza il portiere del Chelsea. Nel secondo tempo l'ala destra dell'Arsenal aumentava il vantaggio con un tiro da lontano; poi era la volta del Chelsea di segnare a mezzo dell'ala sinistra Brout e, verso la fine} - mentre l'oscurità veniva rapidamente calando, i « cannonieri » mettevano definitivamente al sicuro il risultato, segnando due altri punti per merito del centro Coleman e dell'ala sinistra Bastin. Risultato finale quindi: 4 a 1 a favore dell'Arsenal. 

I cinque punti segnati da giocatori di ala, ma più che il risultato è il gioco svolto che interessa, il gioco di una velocità e di una robustezza spettacolose. In Inghilterra sono finiti decisamente i tempi del gioco stretto e delle azioni lente e compassate. Sulla scuola del NewCastle United, scuola che dilettò i nostri giorni di studente nell'immediato anteguerra, non lavora ormai più nessuno. Ora tutto è stile aperto, azioni in avanti, movimento a lungo respiro; è cambiata anche la disposizione degli uomini in campo. L'Arsenal passa, a ragione, per il più elastico e il più veloce esponente della nuova teoria di gioco, e gli atteggiamenti tattici che la squadra dei "cannonieri" assume nel corso di una partita meritano in realtà di essere studiati. Passa, la compagine dell'Arsenal, per la squadra dalla disposizione dell'attacco a tipo W, e in realtà le due mezze ali non si vedono quasi mai nello schieramento avanzato. In avanti stanno le due ali e il centro e sono le sole che possono segnare. Ma non è questo solo particolare tattico che abbia carattere di importanza e di interesse. Quello che colpisce l'attenzione in modo maggiore è la formazione della difesa. Il settore estremo déll'undici, e ne tornò ammirato, è formato da tre uomini oltre che dal portiere.

Dai due terzini e dal centro mediano e ciò non in modo vago e approssimativo, ma per disposizione fissa, ferma e costante. Il contro mediano sta per tutto '"incontro alla stessa altezza dei terzini, anzi viene a trovarsi più indietro di essi quando uno dei due avanza. In tutti i 90 minuti di gioco a cui assistetti oggi, il centro della seconda linea dell'Arsenal, Roberts, non abbandonò un istante la sua posizione prettamente difensiva. Restò di guardia al famoso centro avanti Gallacher, conosciuto anche in Italia; egli di lavoro di attacco non ne fece mai e il suo rivale del Chelsea, O'Dowd, si comportò precisamente come lui. Si noti che Roberts e 0' Dowd passano per i due fra i migliori centri mediani che possegga il calcio inglese in questo momento. Due autentici terzini nel senso più esatto della parola. Il gioco dì collegamento e di costruzione lo fanno, sìa l'Arsenal come al Chelsea, le due mezze ali con la loro posizione rientrata e i due mediani laterali i quali di laterali non hanno ormai più che la posizione die assumono quando entrano in campo. Le due mezze ali e i due mediani in questione formano come un quadrato al centro del campo, un quadrato che si sposta e si piega con grande duttilità c mobilità a seconda delle circostanze, ma un quadrato che forma come un blocco in opera difensiva e come Una molla di prepulsione in lavoro costruttivo. Tutte le avanzate partono di qui, tutta la strategìa del gioco pare emanare da, lui. Chiara dimostrazione di bel gioco 

E' una delle cose più interessanti, vedere operare in questa disposizione centrale quattro uomini dell'Arsenal di cui abbiamo parlato. Anche perchè di questi quattro uomini due si chiamano Jack e James, due intelligenze del gioco, due uomini di cui non si sa se ammirare maggiormente la finezza tecnica o la facoltà di percepire le situazioni e ritrarne vantaggi tattici. L'incontro disputatosi sul campo dell'Arsenal fu, ripetiamo, una cosa che meritava di essere vista, una dimostrazione pratica di una teoria moderna del gioco. Molti fra i tecnici venuti dal continente per assistere alla partita di mercoledì scorso si erano fermati a Londra per l'occasione e tutti, concordemente, furono dell'opinione che, dal punto di trista di strategìa del gioco e di studio dell'orientamento

In parecchi di quelli che erano a Highbury oggi, noi continentali siamo giunti a conclusioni sul valore e sull'efficienza del calcio inglese attuale che coincidono con quelle del commissario tecnico austriaco. Il calcio inglese va visto in quell'ambiente di campionato in cui è nato e per cui vive. Allora dice qualche cosa di veramente bello e convincente.

di VITTORIO POZZO.

lunedì 11 gennaio 2021

MEMORABILIA. Dal settimanale "Tutti gli sports" del 28 agosto 1932.

Un gradito regalo del mio amico Vincenzo Felici. Il settimanale "Tutti gli sport" dell'agosto 1932, dentro un articolo sull'Arsenal, alla prima partita della stagione (1932/33), un pezzo da collezione.



mercoledì 3 ottobre 2018

ARTICOLO. Herbert Chapman, colui che fece grandi i Gunners

«Kiveton Park può vantarsi di aver avuto due rivoluzioni: una industriale, l’altra sportiva». A Patrick Barclay, scrittore inglese che si occupa di sport, piacciono le biografie. Ha scritto di Ferguson, ha scritto di Mourinho. E questa frase, a proposito dell’anonima località sita nel cuore dell’Inghilterra, Kiveton Park, a 217 chilometri da Londra, non può essere certo smentita. Perchè? Non ho fatto i conti esatti e sarebbe bello poterlo appurare, ma se dovessi stilare una classifica delle cittadine più prolifiche in quanto a personalità legate al mondo del calcio, Kiveton sarebbe certamente ai primi posti.

Il personaggio del quale tesserò la storia in queste righe, viene da lì. Aveva un fratello, di nome Harry, ma questo nessun tifoso dell’Arsenal credo se lo ricordi. Perchè se andate dalle parti di Islington, Londra Nord, e magari costeggiate ciò che è rimasto in piedi della East Stand, la grande facciata bianca dietro cui oggi si cela non più l’erba verde di Highbury ma un silenzioso e recintato giardino residenziale, e provate a chiedere di un certo Chapman, il vostro interlocutore non potrà che conoscere soltanto il signor Herbert, nato in quella fucina di calciofili il 19 gennaio del 1878. Sì, sono passati giusto un po’ di decenni, ma non preoccupatevi: se l’interlocutore di cui sopra ha messo piede almeno una volta ad Highbury, l’ex stadio dell’Arsenal che sorgeva dove ora le sue tribune sono diventate condomini, non potrà non conoscere colui che se non fosse esistito, non avrebbe nemmeno reso possibile a quel tifoso anche solo di indossare una sciarpa biancorossa. Il fratello Harry, a cui accennavo, nato dodici mesi dopo di lui e morto giovanissimo a soli 37 anni per una tubercolosi, è stato per lungo tempo un giocatore dello Sheffield Wednesday col quale ha collezionato 269 presenze.
Ma come detto, Kiveton Park ha dato i natali anche a Bert Morley, difensore che per pochi anni a inizio secolo ha militato nel Grimsby e nel Notts County, Leslie Hofton, Manchester United o Walter Wigmore, un altro pioniere del football a cavallo fra l’ottocento e il novecento che ha collezionato più di 400 presenze in Football League con vari club. Di tutti questi però, Herber Chapman è il cittadino più rappresentativo di Kiveton. A lui si deve l’invenzione del Sistema, un modulo di gioco che fece scuola anche in Italia, e una serie di innovazioni e cambiamenti che dal 1925 al 1934, il periodo della sua carriera di allenatore dell’Arsenal, hanno trasformato per sempre il corso delle cose dalle parti di Londra Nord.
Anche se negli ultimi anni i Gunners sono stati bersaglio di parecchi sfottò per aver prodotto certamente un buon gioco e tantissimi talenti senza mai essere riusciti però, sotto la gestione Wenger, a vincere un solo trofeo europeo, nulla può scalfire l’aurea di storia e tradizione che circonda il club. Personalmente, sono molto legato a un film che tutti conoscerete, ossia Febbre a 90, tratto dal celebre romanzo di Nick Hornby. Ecco, avete presente la scena in cui padre e figlio si allontanano da Highbury subito dopo la fine di un match? Laggiù sul fondo potrete scorgere la grande insegna UNDERGROUND, e la stazione di riferimento, “Arsenal”. Da folle amante di quella pellicola, non ho potuto che ripercorrere in un paio di occasioni quel tragitto che dallo stadio alla metropolitana, e non potevo esimermi dal pensare che l’undici di Wenger è l’unica squadra di Londra ad avere intitolata una fermata della “Tube”. E il merito di chi fu? Di Chapman naturalmente, che oltre a fare grande l’Arsenal sul campo, decise che il vecchio nome “Gillespie Road” non era più cosa, e che tutti, soprattutto gli avversari, dovevano capire chiaramente che da quelle parti si entrava in territorio Gunners.
Impose una ferrea disciplina alla squadra ma non lesinava di parlare individualmente con i propri calciatori per ottenere una maggior chiarezza generale. Era manager e psicologo, di una squadra che aveva preso povera di successi (l’Arsenal, fondato nel 1886 non aveva ancora vinto nessun campionato quando Chapman ne diventò allenatore) e che in pochi anni condusse alla vetta del calcio inglese. Le referenze di Chapman d’altronde parlavano da sole: dopo aver portato il Leeds al miglior risultato della sua storia sino a quel momento, il quarto posto in seconda divisione, riuscì a dare all’Huddersfield due titoli e una FA Cup. Chapman apparse subito agli occhi del calcio inglese come un innovatore, un visionario, un allenatore tutto d’un pezzo che sapeva il fatto suo e aveva sconvolto gli equilibri del football d’oltremanica con le sue spiccate doti manageriali.
L’Arsenal non se lo fa scappare e lo ingaggia con la promessa reciproca di far diventare una formazione sinora povera di successi in una grande compagine temuta e rispettata. Ma in cosa consisteva il Sistema? Quando nel 1925 fu variata la regola del fuorigioco, che portò da tre a due i giocatori che l’attaccante avversario doveva trovarsi davanti al momento del passaggio del compagno per essere giudicato in posizione regolare, si avvertì il bisogno di infoltire la difesa. Così, nacque la figura dello stopper: il centromediano veniva arretrato sulla linea difensiva con compiti di marcatura, e i terzini andavano a premere sulle ali avversarie. Chapman sdoganò una sorta di 3-2-2-3, e se facciamo il giochino di disporre i puntini su un foglio e poi unirli come si usa nei giochi enigmistici, otterremmo un WM. Era un modulo e una tattica di gioco che privilegiava i duelli individuali per cui era indispensabile avere giocatori di qualità in squadra. Adottato dal Grande Torino in Italia, fece le fortune dei granata prima che il destino e Superga si mettessero di traverso.
Herbert Chapman fu uno degli allenatori più pagati dell’epoca, ben 2.000 sterline l’anno, briciole in confronto agli stipendi di oggi, ma un bel gruzzolo allora. David Jack, Alex James, Cliff Bastin, quest’ultimo solo sedicenne, sono soltanto alcuni dei nomi di quei pezzi da novanta che andarono a rimpolpare la rosa dell’Arsenal e la resero finalmente una formazione competitiva. Tuttavia, anche i migliori risultati vanno ottenuti con grande pazienza, pertanto solo nella stagione 1929-30, mentre in Italia inizia il primo campionato a girone unico come lo conosciamo oggi, i Gunners centrano il primo titolo: la FA Cup sollevata il 26 aprile del ’30 proprio contro l’ex formazione condotta da Chapman, l’Huddersfield, battuto a Wembley dai gol di James e Lambert. É solo l’inizio di una pioggia di trofei che si abbatterà sul Nord di Londra: nel 1931 arriva il primo titolo inglese, vinto staccando Aston Villa e Sheffield Wednesday, nella stagione in cui il Manchester United retrocede in seconda divisione. Sì, avete capito bene…
Curiosamente, quando l’Arsenal e Chapman fanno il bis nel 1933, il secondo e il terzo posto spetta ancora alle medesime avversarie, i Villans e ancora il Wednesday. La Coppa dei Campioni era ancora lontana a venire, e salgono i rimpianti se pensiamo a quegli anni immediatamente precedenti alla Seconda Guerra Mondiale, quando sarebbe stato davvero fantastico ammirare una partita europea tra quell’Arsenal e la Juventus dei cinque scudetti consecutivi, o se ad Highbury fosse calato l’Athletic Bilbao, vincitore anch’esso in quegli anni dei suoi primi due titoli. La felice parabola del manager dello Yorkshire, finisce nel peggior modo possibile: un malanno trascurato si tramuta in una polmonite che non gli lascia scampo quando è ancora alla guida dell’Arsenal, all’inizio del 1934. Aveva soltanto 55 anni. Forse il destino calcistico di Herbert era già scritto in famiglia: era figlio di un minatore, che lavorava duro, così come lui fece con i suoi giocatori. E soprattutto, aveva molti fratelli. Quanti erano in tutto i figli di padre John? Undici. Se passate da Highbury o scegliete di perdervi nel tour guidato dell’Emirates Stadium (dove troverete la sua statua all’esterno e un busto del suo volto all’interno), il nuovo impianto dei Gunners dal 2006, guardatevi intorno: tutto ciò che vedrete vi parlerà di Herbert Chapman che trovò il Sistema di far diventare grande un piccolo club.
di Stefano Ravaglia, da lasettimanasportiva.com

martedì 14 giugno 2011

Chapman, tutta colpa del Sistema

Un solo uomo al comando: primo in tutto, migliore di tutti. Ecco che cosa è stato, per i suoi club e per il calcio, il “controriformista” Chapman.Quinto dei sette figli del minatore John e della casalinga Emma, Herbert nasce il 19 gennaio 1878 nel sud dello Yorkshire (Inghilterra), al numero 17 di Kiveton Wales, frazione di Kiveton Park, piccolo centro minerario tra Sheffield e Worksop. Il padre, analfabeta, lavora nelle immaginabili condizioni figlie dell’epoca vittoriana. Come per il resto della comunità locale, il destino di Herbert sarebbe quello del genitore, e cioè a estrarre carbone, se non fosse che nel 1870 era stato promulgato l’Elementary Education Act, svolta storica per introdurre in Inghilterra e nel Galles l’istruzione elementare obbligatoria.Per abolire le lingue celtiche (gallese, irlandese e scozzese), lo Stato si assumeva per la prima volta la responsabilità nell’istruzione di tutti i bambini, così, compiuti i cinque anni, anche un figlio della “working class” come Herbert può andare a scuola. Un passaggio fondamentale che ne contiene un altro: là può praticare gli sport (è il caso di dirlo) più popolari: il calcio d’inverno e il cricket d’estate.L’attitudine al comando ne fa a undici anni il capitano e il segretario della squadretta di calcio, e insieme con i fratelli entra nella formazione juniores del paese. Ma al momento di guadagnarsi da vivere, scriverà giocando con le parole il suo più attento biografo, Stephen Studd, era il «coal (carbone) e non il goal» a dettar legge, altro che l’Education Act. Finita la scuola, comincia l’apprendistato in una “colliery” (miniera di carbon fossile), ma in seguito all’Education Act, in tutto il Paese si aprono corsi di formazione e Herbert segue quello di ingegneria mineraria allo Sheffield Technical College.Intanto porta avanti la sua passione per il pallone, amore condiviso con il più talentuoso fratello minore (di un anno) Harry, anche lui futuro professionista. Herb la consuma da modesta mezzala destra in club di Sheffield e dintorni, sempre a livello di non-league: Kiveton Park, Ashton North End, Stalybridge Rovers (nel Lancashire), Rochdale (dove debutta il 16 ottobre 1897, 1-1 a Horwich nel secondo turno di Coppa; due settimane dopo segna il suo primo gol con il club, contro l’Ashton North End), Grimsby Town (società in crisi nera dove apprende quanto sia deleterio far gestire la squadra ad un comitato anziché a un responsabile unico, che costerebbe almeno 150 sterline: troppe), Swindon Town, Sheppey United e Worksop Town. La svolta arriva con il passaggio al professionismo, al Northampton Town nel 1901. Da lì in poi, lasciato il lavoro di ingegnere minerario, cambia squadra ogni anno: Sheffield United (dopo averlo affrontato in FA Cup), Notts County (dal maggio 1903, per 300 sterline) e, dal marzo 1905, Tottenham Hotspur (dove è subito miglior marcatore degli Spurs: 11 reti nella Southern League 1905-1906 prima di regredire a riserva); ma soprattutto capisce cosa vuol fare “da grande”. Nel 1907 torna da giocatore-allenatore al Northampton Town, dove nel 1909 vince la Southern League. Ma come calciatore Herbert, a differenza di Harry (91 gol in 269 gare di campionato, 8 su 29 in FA Cup), non era granché, e di lui si ricordano più le scarpe giallognole che le prodezze in campo. Da manager, invece, carisma, sagacia tattica e fiuto nel riconoscere il talento ne faranno uno dei più grandi costruttori di squadre vincenti di sempre. Nel 1912 diventa il segretario al Leeds City (progenitore dell’attuale Leeds United, risorto sulle ceneri del fallito City nel 120, ndr). Le sue pressioni per far riammettere il club alla Football League hanno successo, ma durante la Prima Guerra Mondiale la società sarà coinvolta in «irregolarità finanziarie», relative ai pagamenti sottobanco effettuati ai giocatori “ospitati” nel periodo bellico, che portarono allo scioglimento della società nel 1919 e nella radiazione di alcuni dirigenti. Tra questi, Chapman, che in appello riesce ad evitare la squalifica vita, adducendo che all’epoca non aveva il controllo amministrativo diretto della società, lasciata per andare a dirigere una fabbrica di munizioni come coinvolgimento coatto nel conflitto. Sul piano tecnico, la sua gestione parla da sola: nonostante il sesto posto, l’affluenza media di Elland Road cresce dalle quasi 8000 unità del 1911-12 alle oltre 13,000 dell’anno seguente, il che consente al club di registrare un profitto di 400 sterline, una bella inversione di tendenza rispetto ai problemi finanziari della stagione precedente. «Chapman (...) ha fatto un gran lavoro per il club; si è guadagnato la fiducia di tutti», scrive ai tempi lo Yorkshire Post. L’anno in cui va più vicino alla promozione è il 1913-14 quando il City finisce quarto a sei punti dal Notts County, campione di seconda divisione, e a due dalla seconda, il Bradford Park Avenue; un piazzamento che, secondo il Yorkshire Post, «tenuto conto delle risorse del club, deve essere considerato soddisfacente, non solo perché la squadra non era mai arrivata così in alto ma anche perché incassi e affluenze hanno stracciato ogni record». Se ne va il 16 dicembre 1919 e diventa dirigente industriale in una ditta di Selby che lavora oli combustibili e carbone. Nel frattempo, continua la battaglia legale per i presunti abusi operati dalla Commissione della Football Association che, secondo Chapman, non aveva tenuto conto che lui non era in sede quando, si presumeva, quei pagamenti irregolari erano stati effettuati.Nel settembre 1920, scontata la squalifica, rientra nel calcio come segretario dell’Huddersfield Town, club del natio Yorkshire nel quale sarà manager a tempo pieno da marzo. Nei cinque anni successivi, il club di Leeds Road vivrà il suo periodo di maggior successo vincendo la FA Cup nel 1922 (1-0 al Preston North End in finale) e tre Football League (1924-26), l’ultima delle quali senza il grande capo. La prima, in particolare, merita di essere raccontata. All’ultima giornata il Cardiff è in testa con il minimo vantaggio sull’Huddersfield Town. I gallesi sono a un passo dallo storico trionfo e giocano a Birmingham, i Terriers in casa contro il Nottingham Forest. L’Huddersfield vince 3-0 mentre al St Andrew’s va in scena un finale-thrilling: il Cardiff conquista un rigore, ma nessuno se la sente di tirarlo; sul dischetto va allora Len Davies, che non ne ha mai battuto uno e che “ovviamente” sbaglia. I Blue Birds non sbloccano lo 0-0 e per la prima volta il campionato viene deciso dalla media di gol segnati, in quello che resterà il margine (0.024 gol/partita) più esiguo fra la prima e la seconda. Chapman, come i generali graditi a Napoleone, è anche fortunato.Quando, nel 1925, passa all’Arsenal, eredita una formazione di bassa o media classifica e a digiuno di vittorie. Con lui, diventerà il club più famoso d’Inghilterra.In giugno l’International Board modifica la regola del fuorigioco riducendo da tre a due il numero di giocatori fra l’attaccante e la linea di porta e il buon Herbert, che ha la testa dura ma anche furbizia da vendere, è lesto ad approfittarne. Già dal primo match l’interno Charlie Buchan, il giocatore più rappresentativo e suo primo acquisto (dal Sunderland), preme affinché il centromediano Jack Butler operi soltanto da difensore. Il tecnico nicchia, ma dopo la memorabile batosta (7-0) del 3 ottobre al St James’s Park contro il Newcastle United, si convince, anche perché Buchan minaccia di tornarsene al Sunderland. Nasce così il celeberrimo Chapman’s System, il modulo tattico che soppianterà l’ormai superato Metodo (WW) e si diffonderà come Sistema (o WM, dalla disposizione in campo: un 3-2-2-4 con i due mediani e le due mezzeali schierati a quadrilatero). L’idea di Buchan è semplice: spostare il centromediano (Butler e, subito dopo, l’ex mezzala Andy Neil) dalla posizione di movimento a centrocampo a quella fissa di “stopper” (da qui il nome al ruolo di marcatore della prima punta), e retrocedere un attaccante, per non perdere la superiorità numerica a centrocampo. Ne consegue che, a far scattare la cosiddetta “trappola del fuorigioco” non sono più i due terzini, ma il difensore centrale, che è il più arretrato, mentre i laterali si “allargano” verso l’esterno per prendere in consegna le ali.Dopo l’illusorio 4-0 del 5 ottobre ad Upton Park con il West Ham United (doppietta di Buchan), i risultati sono altalenanti. Chapman però non molla. Alla sua rivoluzionaria controriforma tattica aggiunge la firma di alcune delle maggiori stelle del calcio britannico, tra cui Cliff Bastin, David Jack (arrivato per 10.890 sterline in sostituzione di Buchan, ritiratosi, e primo a sfondare il muro delle cinque cifre), lo scozzese Alex James (9000) e il prossimo capitano, il terzino Eddie Hapgood; gente che assieme alle ali Joe Hulme e Cliff “Boy” Bastin, al nuovo stopper Herbie Roberts, agli altri terzini Tom Parker e George Male e al portiere Frank Moss farà dei biancorossi (indovinello facile facile: di chi è la trovata della manica bianca su maglia rossa?) una corazzata dalla formidabile prima linea (Hulme, Jack, Lambert, James e Bastin) che vincerà una FA Cup (nel 1930, 2-0 proprio all’Huddersfield Town; successo sfiorato nel ’32, quando a vincere per 2-1 sarà il Newcastle United) e quattro campionati; il primo nel 1931 (i londinesi sono la prima squadra del sud dell’Inghilterra a laurearsi campione) e gli altri consecutivi (1933-35) ma ancora una volta con Chapman a perdersi la tripletta. Il 3 gennaio 1934, si prende una polmonite nella ventosa Guildford, dove si è recato, nonostante il forte raffreddore e il divieto del medico, per seguire una partita della terza squadra. «Sarà una settimana che non vedo i ragazzi…» aveva detto, tre giorni dopo morirà. Il suo successore, il corpulento George Allison, ex inviato al seguito della squadra entrato poi nello staff tecnico, proseguirà nel solco tracciato dal maestro (la cui somiglianza indurrà numerosi errori nelle didascalie di svariate pubblicazioni, ndr) e metterà in bacheca, oltre ai titoli del ’34 e ’35, la FA Cup del ’36. In quella del ’27, invece, la sorte aveva riscosso da Chapman il credito elargitogli all’Huddersfield nel vittorioso campionato del ’24: a un quarto d’ora dal termine della finale con il Cardiff City, un rasoterra senza troppe pretese scagliato da Hugh Ferguson passò sotto il portiere dell’Arsenal, il gallese Daniel Lewis, ed entrò in porta. In pieno delirio da sconfitta, Chapman attribuirà la colpa della papera al... maglione nuovo di Lewis. Da allora, nella gestione Chapman, mai il portiere dei Gunners (a proposito: il copyright è suo) scenderà in campo senza prima aver fatto lavare, per infeltrirla, la nuova divisa da gioco.Una “innovazione” da niente, rispetto a quelle introdotte o solo sperimentate da Chapman, in campo e fuori: il tempo effettivo, i giudici sulla linea porta, i ritiri, le riunioni tattiche (compresi i discorsi pre-gara), le tournée in aereo, i palloni bianchi, le maglie numerate, i terreni sintetici, l’orologio dei 45’, i riflettori. Questi ultimi li vide andando a trovare un vecchio amico in Austria, dove assistette a una partita in notturna su un campo illuminato dai fari di 40 auto. «Ti rendi conto che se fossero piazzati su aste alte 40 piedi potremmo giocare come se fossimo in pieno giorno?». Non ci volle molto perché la stampa venisse convocata a un allenamento che l’Arsenal sostenne di sera, dopo che il padre-padrone del club aveva fatto disporre una decina di furgoncini con i fari accesi. In un’altra occasione, aveva fatto installare un orologio gigante che scandiva i 45 minuti così che i giocatori sapessero sempre quanto mancava alla fine. Ma la Football Association non gradì e l’orologio tornò a segnare le ore. Sempre in quel periodo nasceva l’abitudine tutta britannica di adornare con mazzi di fiori nei colori della squadra ospite il salotto di ricevimento dei dirigenti avversari, e pazienza se, dove non arrivava la natura, si provvedeva con petali dipinti. Sarà per quello che, dal 1936, all’ingresso della East Stand Marble Hall, dove campeggia il busto che lo ritrae, commissionato da 12 suoi amici a Jacob Epstein, sembra accennare un bonario sorriso. Anche nell’epoca del calcio finto, Chapman sarebbe stato primo in tutto, il migliore di tutti.
La Controriforma del WM
Nel 1925 l’International Board modificò la regola del fuorigioco e di fatto sancì la fine del Metodo (detto anche “Modulo a W” o WW), adottato in Italia attorno agli Anni 30. Quello schieramento prevedeva i terzini liberi da compiti di marcatura, i mediani a guardia delle ali e il centromediano nel duplice ruolo di costruttore e interdittore. Le mezzeali elaborano la manovra a centrocampo, le due ali e il centravanti sono punte pure. Era un gioco congeniale alla scuola italiana, più portata alla tecnica che alla corsa, e il Ct azzurro Vittorio Pozzo, con piccoli correttivi (il centromediano arretrato e rapidi contropiede), ne fece un “mezzo Sistema” che bissò nel 1938 il titolo mondiale del ’34. In quel periodo, Chapman introdusse in difesa l’uso della diagonale, per non restare mai con solo un difensore, che, una volta saltato, avrebbe lasciato campo libero agli avanti avversari. Fu, probabilmente, la prima rivoluzione calcistica e come conseguenze ebbe: l’allargamento della difesa verso l’esterno, i terzini (e non i mediani) in marcatura sulle ali e il centromediano stabilmente sul centravanti. Nel WM, mediani e mezzeali formano un quadrilatero a centrocampo (celeberrimo quello del Grande Torino: Grezar e Castigliano vertici bassi, Loik e V. Mazzola in appoggio alle punte), creando il gioco e liberando il centromediano da compiti di regia. Il modulo richiede una condizione atletica notevole e non a caso, in Europa, dopo gli inglesi, fu adottato dai tedeschi e dal “Wunderteam”, la meravigliosa nazionale austriaca assemblata da Hugo Meisl. Uno dei migliori Arsenal “sistemisti” si ammirò ad Highbury il 24 dicembre 1932, quando batté per 9-2 lo Sheffield United. Davanti al portiere Moss, tre difensori in linea, Male, Roberts e Hapgood, a centrocampo Hill e John alle spalle di Jack e di James, e le punte Hulme, Lambert e Bastin, secondo un didascalico 3-2-2-3. All’ultimo momento, Lambert sostituì il titolare Coleman al centro dell’attacco e realizzò cinque dei nove gol. Come per ogni modulo, erano i singoli a fare il Sistema.
di Christian Giordano, da http://footballpoetssociety.blogspot.com/