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martedì 27 febbraio 2024

ARTICOLO. Le grandi emozioni del calcio inglese - Season 1988/89

La stagione calcistica 1988/89 rimarrà per molto tempo scolpita nella memoria di tanti appassionati di calcio. Probabilmente le emozioni legate anche a episodi tragici vissute in quell’anno hanno determinato parecchi punti di svolta nel calcio britannico. La squalifica delle squadre inglesi era ancora vigente, e l’Europa non poteva annoverare nel tabellone delle sue competizioni quella che probabilmente era la squadra pìù forte (forse assieme al Milan), ovvero il Liverpool. Quella squadra attraverso i vari Grobelaar, Whelan, Houghton, Barnes, Aldrige, Nicol ed altri continuava in patria le gesta di un Club che vinse dall’inizio degli anni 80, 2 coppe campioni e 6 campionati di cui l’ultimo nella stagione 87/88. La nazionale è reduce da un campionato Europeo, giocato in terra tedesca, allucinante, venendo eliminata al primo turno. Nel 1988 era definitivamente tramontata la stella dell’Everton (campione d’Inghilterra nelle stagioni 84/85 e 86/87, e coppa delle coppe 1984/85), era lontano a nascere il Man Utd mentre il Chelsea militava in Second Division così come il Leeds United. Nella stagione 1988/89 non si usava portare in panchina il secondo portiere e le rose prevedevano in panchina solo due giocatori per parte. In quell’anno un tifoso poi divenuto celebre, continuava a tormentarsi e a tifare Arsenal. Purtroppo le barriere che ora non dividono più le tribune dal campo, in quegli anni e in diversi stadi ammonivano sinistri presagi. Il campionato parte ed i Reds appaiono di gran lunga la squadra favorita, anche se la testa della classifica vede primeggiare anche altre squadre tra cui per diverse giornate i canaries del Norwich City. Si disputano ottime partite. Gli appassionati italiani hanno la possibilità di seguire il campionato in Tv, Tmc possiede i diritti sia della Big League che della Fa Cup e trasmette diversi incontri in diretta. Ricordo un vibrante Merseyside Derby giocato al Goodison Park (1-1), un’avvincente Tottenham Liverpool giocata il Lunedì di Pasqua (1-2). 

La Fa Cup con il suo carico di storia regala al terzo turno l’avvincente vittoria del Sutton Utd ai danni del Coventry City detentore della coppa. Il Sutton Utd militava nella Vauxhall Conference, ovvero il nostro interregionale. Militano invece in Big League squadre ora relegate nei meandri delle serie inferiori, Clubs che da allora ad oggi sono morti e rinati più volte, alcuni nomi su tutti Newcstle Utd, QPR, Luton Town, Milwall, Nottm Forest ed altri ancora. Il livello generale del gioco purtroppo denota l’assenza di un valido confronto con il calcio del resto d’Europa dovuto come già detto alla squalifica del dopo Heysel, ma è comunque vero football made in Uk. Il 15 aprile 1989, alle spalle di Grobbelaar all’Hillsbrough di Sheffield durante la semifinale di Fa Cup tra Liverpool e Nottingham Forest si compie la tragedia. Vengono aperte le porte di una tribuna a gente sprovvista di biglietti e moltissime persone rimangono schiacciate contro le ringhiere che separano le gradinate dal campo. Persero la vita quasi 100 persone. Mai come in quel periodo il “You’ll never walk alone” fu l’inno del Liverpool. Ora, purtroppo anche i Reds sono colpiti nella storia da una tragedia. I fiori sotto la Kop resteranno a lungo l’immagine di un ricordo indelebile che tanta gente ha saputo tributare alle vittime. La semifinale si rigioca il Liverpool travolge gli arceri di Clough e approda alla finale. Il traguardo da raggiungere rappresenta un tributo nei confronti delle vittime. La finale di Wembley è in realtà un Merseyside derby, infatti a contendere la coppa del torneo più vecchio del mondo è l’ Everton. Finisce spettacolarmente 3-2 ed il Liverpool alza al cielo la coppa con tutto il suo significato. Spariranno le barriere, sparirà la Kop, non ci sarà più il fiume giallo, non si vedrà più lo spettacolare avanzare verso il campo di un’onda di gente accalcata su se stessa. L’Arsenal è un po meno Boring Arsenal e fino alla fine tiene testa al Liverpool e nonostante passi fassi casalinghi a poche giornate dal termine, il 26 maggio 1989 deve scendere in campo ad Anfield Road e vincere per 2-0 per raggiungere in testa alla classifica i Reds e vincere il titolo grazie alla differenza reti. Quello che si compie quella notte ad Anfield, tutto è fuorchè logica. Solo un film può raccontare emozioni che sembrano impossibili da vivere. In realtà la stagione calcistica 1988/89 è un film emozionante, un grande film. Il Liverpool stanco del fine stagione è comunque una squadra che entusiasma per il gioco proposto. Ma il Liverpool del 26 maggio 1989 è stanco, si vede, l’Arsenal vince. 2-0. Al 90’. E’ Thomas a segnare il 2-0, diventerà The History Man. Sparirà il Boring Arsenal. Per me invece Liverpool vs Arsenal 0-2 è semplicemente The History Match, e ricorderò per sempre l’immagine in Tv di un Kenny Dalglish impietrito a fissare l’infinito. La passione per il calcio inglese passa in secondo piano quando ancora oggi mi chiedo quanti tra i milioni di tifosi del calcio conoscano l’epilogo della Big League 1988/89. Credo che chi quella sera abbia assistito in Tv a quei momenti irripetibili, non possa nascondere l’estasi di quell’atmosfera che solo il calcio inglese può trasmettere. Nick Hornby, il tifoso che prima si tormentava scriverà un libro che poi diventerà anche un film sulla magia di quell’evento. Penso concludendo, che la stagione 1988/89 rappresenti un punto di svolta per tanti aspetti oltre a quelli descritti. Le stagioni che seguiranno segnano infatti l’esplosione per l’attenzione rivolta al campionato inglese dalle Televisioni di tutto il mondo. Di lì a poco in Italia il Campionato Inglese si potrà gustare solo pagando, le partite del Tottenham sono proposte a ripetizione perché tra le sue fila un giovane emergente è conteso da mezza europa mentre in patria viene bersagliato dalle tavolette di cioccolato. Il 27 maggio 1989 la nazionale inglese batte la Scozia per 2 reti a zero a Glasgow. Per problemi di ordine pubblico sarà l’ultima delle sfide annuali che si disputano ininterrotamente dal 1872. Sparirà a breve anche la Big League o First Division, come dir si voglia, e nascerà la Premier League. Continueranno le emozioni !!!
di Michele Vello, da UK Football please (dicembre 2002)

mercoledì 21 giugno 2023

HISTORY. 1980. Il pre-match di Arsenal-Juventus

La partita era di quelle che contavano parecchio, semifinale di andata della Coppa delle Coppe stagione 1979/80. I londinesi contro gli italiani della Juventus, ecco come La Stampa il 9 aprile del 1980 usciva quel giorno. La partita finì 1-1 con molte polemiche, regalando un ulteriore phatos alla partita di ritorno a Torino.



Da La Stampa del 9 aprile 1980. I «cannoni» dell'Arsenal sono puntati per la terza volta sulla Juventus. Le due squadre si sono già affrontate nel maggio del 1959, al Comunale di Torino. Erano i tempi di Boniperti, di Charles e di Sivori. Si trattò di un'amichevole, che i bianconeri vinsero per 3-1 ( gol di Stivane Ilo, Colombo e Sivori), con una condotta vigorosa e aggressiva. In precedenza, il 26 novembre '58, l'Arsenal aveva battuto la Juve con lo stesso punteggio. Il gol per i bianconeri veniva segnato da Charles.
Questa volta Arsenal e Juventus disputano la prima semifinale di Coppa delle Coppe. L'undici di Trapattoni corre molti rischi. Gli inglesi, quando giocano all'Highbury, diventano particolarmente pericolosi.
In questa Londra contraddittoria e mutevole, fatta di caos e di silenzi, di clamori e di quiete, c'è anche un quartiere popolare dove sorge un antico santuario del football: l'Highbury, uno stadio capace di ospitare 60 mila spettatori. E' lo stadio dell'Arsenal.
Su quel campo, la nazionale di calcio italiana scrisse nel '34 una delle sue pagine più gloriose e sfortunate. La squadra di Vittorio Pozzo, infatti, fu sconfitta di misura (2-3) dall'Inghilterra, soprattutto perché costretta a giocare dall'inizio del match in dieci uomini. Luisito Monti riportò una frattura all'alluce destro a causa di un calcio del centravanti Drake. Lo stesso Drake e l'ala sinistra Brook (2) furono gli autori dei gol inglesi. Per l'Italia segnò due volte il celebre Peppino Meazza.

Oggi l'Highbury si identifica con l'Arsenal, la squadra dei Gunners (cannonieri). L'Arsenal fu fondato ufficialmente nel 1886, ma già due anni prima erano state poste le basi con la costituzione di un club, il Dial Square Football Club, i cui componenti erano operai di una fabbrica di prodotti bellici (Woolwich Arsenal). La sua iscrizione alla prima divisione avvenne nel 1904, quando conobbe pure le tristezze di un'immediata retrocessione. Soltanto undici anni dopo riuscì a tornare in prima divisione, dove trovò nei concittadini del Tottenham un'aspra concorrenza. L'Arsenal è uno dei club più amati d'Inghilterra e gode la popolarità che gode la Juventus in Italia. Ha conquistato otto scudetti (nel '31, '33, '34, '35, '38, '48, '53, '71) e cinque Coppe d'Inghilterra, una manifestazione molto prestigiosa nel Regno Unito. I suoi successi in campo internazionale non sono eccezionali: ha partecipato a quattro Coppe Uefa (in precedenza Coppa delle Fiere) e a una Coppa dei campioni Nel 1969, dopo aver superato in successione il Glentoran, 10 Sporting di Lisbona, il Rouen, la Dinamo dì Bacau e l'Ajax, si aggiudicò la Coppa delle Fiere superando l'Anderlecht (3-0 e 1-3). Nella sua unica apparizione in Coppa dei campioni ('71-'72) fu eliminato dall'Ajax, al secondo turno. Non è la prima volta che la Juventus affronta in campo internazionale una squadra inglese. E la tradizione è stata quasi sempre favorevole alla società di Galleria San Federico. Soltanto il Wolverhampton riuscì ad eliminare la squadra bianconera, allora allenata da Cestmir Vycpalek, mentre il Derby County, 11 Manchester City e il Manchester United furono tolte dal tabellone rispettivamente nella Coppa dei campioni e nella Coppa Uefa. Juventus-Leeds merita un capitolo a parte. La Juventus fu battuta soltanto a causa del maggior numero di reti segnate dagli inglesi in trasferta (i risultati furono infatti 2-2 a Torino e 1-1 a Leeds). L'Arsenal è una squadra atipica se raffrontata alle altre britanniche. Subisce pochi gol e riesce a razionalizzare il proprio gioco. Vincere in casa e pareggiare in trasferta è il suo programma di massima, che più delle volte riesce a mettere in pratica. Applica un 4-4-2 molto elastico a causa della duttilità dei suoi centrocampisti, bravi cursori, ottimi in fase di filtro e altrettanto validi in zona di finalizzazione (Brady, tanto per fare un esempio).

sabato 31 dicembre 2022

HISTORY - 1980. Il dopo Arsenal-Juventus. "Orrori, brutalità, vipere latine"

La partita d'andata della semifinale di Coppa delle Coppe del 1980 non è di certo ricordata per la sportività tra le due squadre, tanti attacchi in campo e nel dopo partita finito 1-1, tra mille polemiche, qui sotto ne ricordiamo alcune riportate dal giornale italiano La Stampa dell'11 aprile.

Il pareggio strappato ièri sera dalla Juventus ad Highbury ha lasciato indignata la stampa inglese che — unanime nel giudizio — critica senza mezzi termini il gioco «intìmidatorio» della squadra torinese, giunta ormai ad un passa dalla finale. Il «Sun» (che titola a tutta pagina' 'Selvaggi») parla apertamente di 'carneficina' affermando che lo stadio *è rimasto disgustato dalla spaventosa brutalità degli juventini decisi a farsi strada verso la finale a suon di calcioni».
Riferendosi ai giocatori bianconeri, il «Daily Mirror» parla di 'rudezze'» citando a titolo di esempio, l'Intervento di Bettega su O'Leary per il quale la punta bianconera ha pagato il giusto prezzo, infilando il pallone nella propria porta a cinque minuti dal termine. Per il «Daily Express», gli italiani hanno trasferito ad Highbury il loro campionario di orrori. Di Bettega, l'.Evening News parla come di un 'assassino: quello che naturalmente ci si deve aspettare — scrive il giornale — è la Juventus, sono italiani ed è còsi che si comportano». Più moderato il «Times». Pur definendo «una sporca faccenda» il fallo di Bettega, Il prestigioso quotidiano fa notare che l'Arsenal ha dimostrato tutta la sua ingenuità persistendo nella tattica suicida dei traversoni contro una difesa esperta come quella bianconera. 



Grande risalto viene dato alle dichiarazioni fatte dall'allenatore dell' Arsenel, Terry Neill, al termine della partita, «Bettega ha distrutto in un momento una reputazione costruita in anni e anni di carriera  — ha detto — il fallo dell'italiano è stato uno dei più brutti mai visti in venti anni di partite di calcio. E' stato un fallo abominevole, che mi ha spaventato. Abbiamo estratto pezzi dei tacchetti di Bettega dalla gamba di O'Leary e li abbiamo resi all'italiano». 
Molti giornali britannici prendono la partita di ieri come un esempio di quello che dovrà affrontare la nazionale inglese a giugno (Europei 1980), in Italia, per i campionati europei. Bettega non è il solo bersaglio della stampa britannica. .Tardelli ha tentato di tutto, tranne che il sequestro nei confronti di Brady nei primi 34 minuti», scrive il «Times». La Juventus ha portato ad Highbury la sua camera degli orrori. 
Ma non erano di cera queste vipere latine, che hanno mostrato la piena potenza del loro veleno», ironizza il «Daily Express».

Un episodio altamente indicativo dello stato d'animo di Terry Neill, l'allenatore dell'Arsenal cosi violento nel dopopartita contro Bettega, è accaduto nel pomeriggio, di mercoledì, allo stadio di Highbury. Un accompagnatore della Juventus prima della partita ha offerto, come sempre, alcune fotografie della squadra bianconera ai dirigenti dell'Arsenal. In particolare, ha dato alcune foto al magazziniere dello stadio. Neill ha sorpreso il magazziniere mentre stava osservando le foto, gliele ha strappate di mano e le ha stracciate, davanti ai membri del personale dello stadio stesso».
da La Stampa del 11 aprile  1980.

giovedì 2 giugno 2022

1986/87

Manager. George Graham


















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1°Division: 4° place
FA Cup: 6th round
League Cup: Winners vs Liverpool 
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Football League Cup Final 1986/87



5 april 1987, Final Littlewoods Cup, Wembley Stadium
ARSENAL-LIVERPOOL= 2-1
Goals. 23’Rush(L), 30’Nicholas, 83’Nicholas,
Arsenal: Lukic, Anderson, Sansom, Williams, O’Leary, Adams, Rocastle, Davis, Quinn (Groves), Nicholas, Hayes (Thomas). Manager George Graham
Liverpool: Grobbelaar, Gillespie, Venison, Spackman, Whelan, Hansen, Walsh (73’ Dalglish), Johnston, Rush, Molby, McMahon (87’ Wark). Manager Kenny Dalglish
Attendance: 96.000



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venerdì 28 gennaio 2022

HISTORY - 1980. Juventus-Arsenal, gli inglesi presi a sassate.

Una partita che in molti ricordano, la vittoria dell'Arsenal per 1-0 (dopo che la gara d'andata a Londra era finita 1-1) a pochi minuti dalla fine regalò la qualificazione in finale di Coppa delle Coppe agli inglesi (che persero contro il Valencia). Sugli spalti, prima, durante e dopo la partita scontri tra le due tifoserie.. Riportiamo uno stralcio dell'articolo di "Stampa Sera" del 24 aprile 1980.

Indegna gazzarra contro i tifosi dell'Arsenal a fine partita. Gli inglesi presi a sassate. Sembrava davvero la guerra: tanti, ma tanti Balilla impegnati a lanciare di tutto, dalle bottiglie ai sassi, disposti in una manovra aggirante che cercava di isolare quel blocchetto di tifosi inglesi, stretti intorno alle loro bandiere a scacchi. L'episodio, visto dalla tribuna, aveva veramente colori drammatici: si vedevano corpi cadere, altri rotolare dalle gradinate, ci si aspettava davvero il peggio a conclusione di fatti veramente vergognosi. La realtà, invece, è stata meno drammatica, anche per l'intervento delle forze dell'ordine (ma non si poteva pensare prima ad isolare e proteggere gli ospiti inglesi?) che si sono schierate allontanando gli assediami. 

L'atteggiamento dei carabinieri, comunque, è stato quello di bravi papà, impegnati a frenare le intemperanze di figli dissennati, ma in fondo non particolarmente colpevoli. «Tutto tranquillo, situazione perfettamente sotto controllò — dicono i militi — in pratica gli inglesi sono potuti andarsene senza danni...». Con qualche ferito, però... «Piccole cose. Uno è scivolato dalle gradinate, si è prodotta una storta al piede. Cose leggere, sono già ripartiti per il loro paese». Due di questi signori, però, sono stati ricoverati all'ospedale ed appartengono di diritto ai «martiri» dell'Arsenal. «Sono dei provocatori — ribattono invece i più scatenati dei tifosi bianconeri —perché si son messi a deriderci, con cori e gestacci. Se uno ha sangue nelle vene non può accettare, queste cose, è costretto a reagire». Si tratta di una logica perlomeno curiosa, decisamente da condannare anche se.. da "Stampa Sera" del 24 aprile 1980.

martedì 8 novembre 2011

MEMORABILIA. 1984 un piccolo gooner italiano.. Massimo Marianella.

Era il 1984, ed in un programme match dell'Arsenal scriveva un giovanissimo Massimo Marianella.. da sempre appassionato di calcio inglese e tifoso dell'Arsenal.

sabato 23 luglio 2011

Il giorno del cappellaio matto.

1988 Arsenal-Luton Town, Final League Cup
Tranquilli amanti del calcio inglese, in questo pezzo non si faranno analisi psicologiche sui personaggi del celebre libro di Carrol “Alice nel paese delle meraviglie”, qui si parla di calcio inglese, di quello un po’ datato, in sostanza di quello che in fine amiamo di più. Sembra di stare a parlare di epoche lontanissime eppure poco più di venti anni fa il nostro amato football viveva una dimensione enormemente diversa rispetto a quella odierna. Il calcio inglese, esiliato dal resto d’Europa dalla vigliacca sentenza post-Heysel che colpi tutto il movimento calcistico di sua maestà e non solo il Liverpool come giustizia avrebbe voluto, era un calcio autarchico snobbato da investitori e campioni esteri e per questo con il livello medio più equilibrato. In questo contesto storico il Luton Town, piccola squadra della cintura londinese, visse il suo moneto di gloria massima. Dicevamo che erano altri tempi, in quei tempi là succedeva che i “cappellai” di Luton ( il soprannome The Hatters era dato dal fatto che il distretto di Luton fin dal diciassettesimo secolo era il maggior produttore di cappelli di paglia e non ) erano da tempo frequentatori dell’allora first division inglese, nella stagione 86/87 addirittura centrarono il settimo posto, e quindi si erano ritagliati una credibilità notevole ma nessuno avrebbe scommesso su una loro vittoria nella finale di Coppa di Lega del 1988. In un Wembley gremito, di fronte a 96000 il persone il 24 aprile dell’88 l’Arsenal di George Graham affronta il piccolo Luton Town guidato da Ray Harford. Sulla carta i gunners partono con il favore del pronostico anche se come accennato poco fa negli anni 80 i giant killing erano molto più frequenti, si pensi solamente che due anni prima, nel 1986, la Coppa di Lega fu alzata in cielo dal capitano dell’Oxford United. In campo 22 giocatori di cui 21 inglesi e uno ( il portiere del Luton Dibble ) gallese, erano proprio altri tempi. I Gunners partono forte e menano le danze ma già al 13’ si hanno le avvisaglie che sarà un pomeriggio storico; Brian Stein sfrutta al meglio un assist di Steve Foster e taglia fuori tutta la difesa dell’Arsenal battendo Lukic da pochi metri: 1-0 tra l’incredulità generale. Il club di Highbury si lancia al contrattacco, le giocate di Rocastle, Micheal “history man” Thomas, i guizzi del leggendario attaccante Alan Smith sbattono però contro la diga eretta dal Luton a difesa della porta di Andy Dibble. La sensazione generale è quella che una volta trovato il gol del pari l’Arsenal possa far sua la gara. Nel secondo tempo accade ciò che tutti si aspettavano, in soli 5 minuti i gunners ribaltano la situazione:al 71’ gol del pari in mischia di Hayes, subentrato ad uno spento Groves, ed al 74’ il bomber Smith come da prassi timbra il cartellino a seguito di una rocambolesca azione che dimostra come la difesa degli Hatters fosse ancora in tilt dopo il aver subito il gol del pari. A questo punto i Gunners dilagano, Rocastle porta a spasso il pallone in area avversaria, Donaghy ingenuamente lo tocca ( ma forse no, probabilmente stiamo parlando di uno dei primi grandi tuffi in area di rigore che la mia memoria di appassionato di brit-football ricordi ) , rigore. Dal dischetto la leggenda Nigel Winterburn si appresta a dare il colpo di grazia al Luton, succede però che Dibble sventa la minaccia con un gran balzo sulla sua sinistra tenendo in gioco gli Hatters per gli ultimi leggendari dieci minuti. Chi ha letto Febbre a 90 di Hornby sa di cosa sto parlando: arriva puntuale in area Gunners il disastro di Gus Ceasar, centrale non nuovo a leggerezze leggendarie, che cicca il rinvio su retropassaggio di testa di Sansom innescando una azione confusa che dopo tiri e rimpalli porta al gol del pari di Danny Wilson al 82’. Sconcerto tra i gunners, difesa storicamente solida che già aveva in Tony Adams la sua colonna. Lo stesso Adams, già capitano all’epoca, al 90’ stende da par suo Mark Stein, punizione ineccepibile battuta da Danny Wilson, Adams libera di testa ma il nuovo entrato Grimes scodella di nuovo in area, è il 90’, e Brian Stein, ancora lui brucia tutti in anticipo e trasforma il sogno in realtà, 3-2 ed il Luton Town è nella storia. Le parabole dei 2 club saranno opposte, quell’Arsenal sotto la sapiente guida di Graham vincerà il campionato l’anno seguente dopo anni di digiuno e da quel momento inizierà una escalation poderosa mentre il piccolo Luton dopo questo trionfo atteso ben 103 anni arriverà di nuovo in finale di Coppa di Lega l’anno successivo perdendo però contro il Forest 3-1. Dopo questo meraviglioso biennio inizia la lunga caduta all’Inferno dei “cappellai” che culmina con la retrocessione l’anno scorso stagione 2008/09 dalla 4 divisione(a noi vecchi piace ancora chiamarla cosi)alla Conference. Un grande rammarico per il Luton Town sarà non disputare alcuna competizione europea per via del noto bando alle squadre inglesi, rammarico che nel tempo colpirà pure Oxford Utd e Wimbledon ma questa è un’altra pagina di un calcio che non c’è quasi più: il calcio dei piccoli miracoli, dei clamorosi giant-killing, il calcio delle squadre inglesi con giocatori britannici, il calcio dei cari vecchi tempi e a quello spirito ormai quasi scomparso a cui questo piccolo articolo vuol rendere omaggio.
di Charlie Del Buono, da http://ukfootballplease.blogspot.com

venerdì 22 luglio 2011

Vestivamo alla Mariner

Paul Mariner
Comincia a giocare dalle sue parti, nel Lancashire, al Chorley, club dilettantistico di non-League, prima di essere ceduto al Plymouth Argyle per quattro soldi nel luglio 1973. Poche settimane della nuova stagione e Paul Mariner ha già rubato il posto a Jimmy Hinch, mettendosi in luce come uno dei migliori attaccanti della Third Division. Nel 1975-76, in coppia con Billy Rafferty trascina l’Argyle alla promozione in Second Division. Su di lui mettono gli occhi club di First Division quali Ipswich Town, West Bromwich Albion e West Ham United, ma è di Bobby Robson, nell’ottobre 1976, la padriniana offerta che il club del Devon non può rifiutare. Con sette gol in dieci giornate di campionato, Mariner stava già dimostrando di saper segnare in Division Two come faceva in Division Three, e così l’Argyle ne accetta la valutazione fatta dall’Ipswich: 220.000 sterline più i cartellini di Terry Austin e John Peddelty.La grande considerazione in cui Robson teneva Mariner al club continua quando il futuro Sir Bobby lascia l’Ipswich per la nazionale inglese, sogno che grazie a lui Paul realizza sei mesi dopo l’arrivo al Portman Road e che si spezzerà dopo 35 presenze e 13 reti.Al primo anno coi Blues, in 31 partite segna 13 gol compresa la tripletta nel 4-1 casalingo sul West Ham United. Nel 1977-78, con 22 reti è il miglior marcatore dei suoi e si porta a casa il pallone firmando un hat-trick nel 6-1 esterno sul Millwall nel sesto turno di FA Cup. Campagna chiusa in gloria con l’1-0 in finale sull’Arsenal. Guida la classifica marcatori anche nel 1978-79 e nel 1979-80, annata conclusa con la tripletta nel 6-0 sul Manchester United. Nelle ultime tre stagioni al Portman Road bolla sempre meno, ma ha in carniere 131 gol in 339 partite quando, nel febbraio 1984, firma per l’Arsenal e 150.000 sterline. Già nella fase discendente della carriera, ad Highbury vive i suoi anni migliori; e nell’agosto 1986, dopo aver timbrato 17 volte in 70 uscite coi Gunners, va a svernare al Portsmouth. Alla prima stagione al Fratton Park riporta i Pompey in First Division, traguardo che il club inseguiva da quasi trent’anni.Divorziato dal 1989 e unitosi in seconde nozze con Dedi (dalla prima moglie Alison, sposata nel 1976, ha avuto tre figli), dopo il ritiro prova per un po’ a fare il “commercial manager” del Colchester United prima di allenare i ragazzini in Giappone come membro di un programma tecnico internazionale organizzato da Charlie Cooke. Prima di metter su un’agenzia di rappresentanza di calciatori, lavora anche come opinionista alla BBC Radio Lancashire nel Friday-night Non-League Hour, talk-show del venerdì sera dedicato al calcio minore. Ma il richiamo del campo è troppo forte. Dopo un breve ritorno in Inghilterra come istruttore alla Bolton School, rientra negli States per allenare le giovanili dell’S.C. Del Sol a Phoenix, Arizona. Nell’autunno 2003, diventa assistente allenatore alla Harvard University. Nel 2004, lo chiamano come secondo di Steve Nicol, ex difensore del Liverpool e della nazionale scozzese, i New England Revolution della Major League Soccer.Un mese fa, le voci di un suo ritorno a casa, come vice se non capo allenatore, al Plymouth Argyle, in ambasce nel Championship, la cadetteria inglese. Voci corroborate dalle sue dimissioni del 17 ottobre e presto confermate: già l’indomani gli viene affidata la panchina di head coach del suo vecchio club, con Paul Sturrock che resta come manager. Il cerchio si chiude là dove tutto era cominciato.
di Christian Giordano, da http://footballpoetssociety.blogspot.com

domenica 19 giugno 2011

Quel minuto che fece la storia..


A volte mi sono fatto (ovviamente da solo…chi vuoi che mi faccia una domanda simile fra amici e parenti?) a bruciapelo questa domanda: quali sono i tre momenti che ti hanno fatto innamorare del calcio inglese? Come per una storia d’amore, ricordare i brividi e le emozioni degli inizi è un tributo alla nostalgia che ogni tanto bisogna pagare…e ogni volta, prima di rispondere, parto per un viaggio nella memoria, fra momenti ‘vissuti’ e altri solo ‘tramandati’ da libri, video, programmi…la ‘classifica’ finale risente degli umori del momento, ma la hit che non manca mai è ‘quel’ minuto di Anfield Road, quando l’Arsenal conquistò il titolo all’ultimo respiro dell’ultima partita di campionato, strappandolo dal petto dei Reds che già lo celebravano cullati dalla Kop e dal suo ‘You’ll never walk alone’ da brividi…me lo ricordo bene quel dolcissimo pomeriggio di tarda primavera, con la scuola ormai agli sgoccioli e le ore divise fra lunghe maratone di sport in tv e interminabili partite di calcio o tennis…quel 26 maggio 1989, però, non c’erano stati svaghi…il perché lo capivo solo io, ma fra l’incredulità dei miei amici mi chiamai fuori perché ‘c’era la partita’…’ma quale partita?’, chiedevano increduli…era venerdì, quindi niente serie A né coppe europee…alzata di spalle, sorriso di ‘compassione’ e poi via a riprendere il ‘calcio giocato’…più o meno la stessa sospettosa diffidenza con cui i miei mi vedevano armeggiare con l’antenna TV per essere sicuro di sintonizzare in maniera decente TMC…eppure era dal 1952 che un titolo inglese non si assegnava nello scontro diretto all’ultima giornata (allora l’Arsenal ne prese sei (a uno) dallo United, un precedente non proprio incoraggiante per i Gunners)…ma la ‘relatività’ l’avrei metabolizzata solo anni dopo, in quel momento la loro indifferenza mi sembrava folle almeno quanto a loro la mia tensione…una tensione che sul piano calcistico trovo peraltro assolutamente giustificata ancora oggi…si arrivava da una stagione straordinaria in tutti i sensi…la mia Inter aveva appena vinto lo ‘scudetto dei record’ (ahimè anche l’ultimo da allora…), un mese prima c’era stato Hillsborough…momenti ugualmente indimenticabili, per ragioni opposte, che sembravano trovare la loro composizione nell’ultimo atto che si andava preparando ad Anfield Road…tardi, rispetto al calendario inglese, proprio a causa dello stop decretato per onorare le vittime dell’assurda tragedia di Sheffield e cercare di capire ancora una volta come si possa morire per una partita di calcio…nel frattempo il Liverpool aveva onorato a modo suo la memoria dei suoi tifosi, vincendo la FA Cup a spese dell’Everton e continuando l’incredibile striscia positiva di 23 partite senza sconfitta (20 vittorie e 3 pareggi) a partire da Capodanno…una forma che aveva permesso ai Reds di rimontare ben 14 punti di distacco nel giro di tre mesi e prendersi la testa della classifica…a questo punto, dopo aver demolito per 5-1 il West Ham nell’ultimo recupero, il Liverpool aveva tre punti di vantaggio sui Gunners ed una migliore differenza-reti…la squadra di George Graham avrebbe dovuto vincere con almeno due gol di scarto, cosa che nelle ultime quattro stagioni era successa ad Anfield solo una volta (per mano dell’Everton)…peraltro l’Arsenal era in piena crisi, dopo aver dilapidato un vantaggio che in primavera pareva rassicurante e aver fatto solo un punto nelle ultime due gare casalinghe contro Derby (1-2) e Wimbledon (2-2, e pensare che alla prima giornata i Gunners avevano demolito per 5-1 la Crazy Gang fresca vincitrice della FA Cup…)…la stampa non attribuiva alcun credito alle speranze dei londinesi, e per molti il Double sarebbe stato quasi un ‘risarcimento’ alla memoria delle vittime di Hillsborough…in giro c’era quasi ‘simpatia’ per il Liverpool, un po’ come nel 1953 tutti tifavano Blackpool nella finale di FA Cup, spingendo Matthews verso quella medaglia che pareva inafferrabile…provano a pensarla diversamente i Gunners, e O’Leary dichiara: ‘i miracoli accadono. Una cosa è certa, daremo tutto per rendere loro la vita difficile’…già, un miracolo calcistico è proprio quello che ci vorrebbe…eppure i precedenti stagionali sarebbero anche incoraggianti…in Coppa l’Arsenal si è piegato solo al 2° replay, mentre in campionato è finita 1-1…nel frattempo però sono cambiate molte cose, e le due squadre hanno condizione e morale diametralmente opposti…finalmente ci siamo, Caputi e Bulgarelli da Anfield Road (o almeno così credevo ai tempi…) leggono e commentano le formazioni, inquadrano la gara e cercano di riportare l’atmosfera a dir poco elettrica che rimbalza da Liverpool…ma proprio quando ripenso al contrasto fra l’adrenalina che colava dal piccolo schermo e l’indifferenza del mio ambiente domestico mi abbatto un po’…sarebbe stato bello respirare la stessa attesa anche da questa parte del video, commentare le possibilità dei Gunners e le scelte tattiche di Graham, i titoli dei giornali e l’esodo speranzoso dei tanti partiti in mattinata da Islington alla volta di Anfield…sarebbe stato bello insomma vederla con un appassionato, magari un tifoso…tipo Nick Hornby, per esempio, uno che sulla sua ossessione per l’Arsenal ha scritto addirittura un libro, Fever Pitch…un libro meraviglioso, in cui qualifica questa serata come ‘il più grande momento in assoluto’…ne fa un racconto emozionato e coinvolgente…come piacerebbe a me, che mi abbandono alla fantasia e mi vedo seduto di fianco a lui, teso ma disincantato, in attesa del fischio d’inizio…
Io: ‘allora Nick, come hai passato la giornata?’ gli chiedo fra l’ironico e il provocatorio.
Lui: ‘la verità? stamattina sono andato ad Highbury a comprare questa maglia nuova, così tanto per fare qualcosa…capisco che indossarla davanti al televisore non aiuterà molto i ragazzi, ma almeno mi ha fatto sentire meglio…a mezzogiorno, intorno ad highbury c’erano già decine di pullman e macchine, e tornando a casa ne ho incrociati parecchi assurdamente ottimisti…sono stato male per loro, davvero…erano solo uomini e donne che andavano ad Anfield a perdere al massimo un campionato, ma a me sembravano soldati in partenza per una guerra senza ritorno…’
Io: ‘insomma non ci credi proprio…però hai comprato una maglia nuova per l’occasione…’ lo martello adocchiando la replica shirt nuova di zecca.
Lui: ‘Che vuoi che ti dica, dopo tanti anni ho smesso di crederci davvero…Dal 1971 non siamo mai stati davvero in corsa per il titolo, anche se un paio di anni fa restammo in testa per qualche giornata…in questi anni ho visto decine di partite, moltissime di campionato, e quasi tutte senza alcun risvolto di classifica…è chiaro che alla fine ti abitui, e anche se un tifoso dovrebbe sempre covare l’illusione della vittoria, io avevo ormai abdicato ogni speranza di lottare per il titolo…quest’anno, poi…con una squadra così giovane, l’unico innesto di Steve Bould dallo Stoke e i bookmakers che in estate ci pagavano 16-1 per la vittoria finale, non avrei mai pensato di dover tornare a soffrire così per un campionato prima sfiorato e poi regalato per così poco…’
Io: ‘Quest’anno solare però lo avete iniziato in testa e ci siete rimasti quasi fino a oggi, quindi un po’ ti sarai fatto coinvolgere…’.
Lui: ‘Un po’? Faccio fatica ad ammetterlo anche a me stesso, ma dentro ho un vulcano in eruzione…anche se non è così dall’inizio…ricordi la prima di campionato, in casa del Wimbledon? Fashanu in gol dopo sette minuti…non proprio l’inizio che ogni tifoso sogna…poi per fortuna il loro portiere finì dentro la porta con un pallone innocuo fra le braccia e ci regalò il pareggio…poi si scatenò Alan Smith e finì 5-1 per noi…alla fine quasi non capivo cosa fosse successo…’
Mi faccio trasportare nel ‘film’ della stagione che si conclude stasera e lo stimolo sui momenti salienti: ‘Rimonta-episodi fortunati-Alan Smith…tre costanti di tutta la stagione’
Lui: ‘Già, hai proprio ragione…Alan è stato straordinario, secondo me il migliore e spesso decisivo…di testa le ha prese tutte, ma ha inventato anche di piede alcuni gol fra il memorabile e il fortunato’. Io, che non voglio perdere l’occasione di poter finalmente parlare con qualcuno che mi capisca: ‘Tipo il pareggio a Nottingham, quando Lukic aveva regalato il pallone dell’1-0 a Clough e lui indovinò un lob dal limite dell’area mettendo il piede in una mischia selvaggia…’
Lui: ‘Giusto, vedo che il campionato l’hai seguito…comunque di gol così ne ha fatti tanti, dei 22 totali segnati fino a stasera molti sono stati cruciali…tipo il pareggio di testa in pieno recupero contro il Southampton, dopo essere stati sotto 2-0 a sette minuti dal termine, oppure quello di testa al Villa Park, saltando più in alto del portiere in uscita…in quella partita Smith fu gigantesco, completando l’opera con un’altra torre da cui scaturì il 2-0 finale sul Villa’.
Io: ‘E pensare che proprio il Villa nella gara d’andata aveva freddato gli entusiasmi del dopo-Wimbledon…’
Lui: ‘Già, quella sconfitta alla 2° di campionato, in casa, ci fece tornare subito sulla terra…per fortuna i ragazzi risposero subito alla grandissima nel derby con gli Spurs…’
Io: ‘Quella fu mitica, una delle migliori partite dell’anno…l’esordio assoluto di Gazza con la maglia degli Spurs, in casa, nel derby…le aspettative erano altissime, poi Winterburn inventò quel gol d’esterno dal limite dell’area e gelò White Hart Lane…’
Lui, rapito dal ricordo estatico di quel giorno: ‘…loro pareggiarono, ma era il nostro giorno…alla fine celebrammo il 3-2 cantando a squarciagola sulle nostre tribune, urlando ancor più forte quanto più le loro facce intorno erano scure…’
Io: ‘La rincorsa vera partì proprio da quel giorno…nonostante la sconfitta per 2-1 contro lo Sheffield Wednesday qualche settimana dopo, fino a febbraio fu un crescendo irresistibile…’
Lui: ‘Infatti fu allora che cominciai timidamente a crederci…vincemmo ad Upton Park, in casa del QPR rimontando da 0-1 a 2-1 nei minuti finali, a Coventry, a Goodison Park con l’Everton, dove uscimmo addirittura fra gli applausi…’
Io: ‘Nel frattempo ci fu anche l’andata con il Liverpool, ad Highbury, altra rimonta…’
Lui: ‘Era inizio dicembre, noi inseguivamo il Norwich capolista ed avevamo da affrontare di seguito Liverpool, Norwich e Manchester United…con i Reds fu soffertissimo…ad inizio ripresa Barnes segnò per loro…lo fece dopo uno slalom fantastico, eppure a vederlo da fermo in quei giorni pareva addirittura soprappeso…per fortuna ci pensò ancora Smith a rimettere le cose a posto, ma nel finale Barnes colpì una traversa clamorosa su punizione e poi Aldridge sbagliò un gol di testa da solo davanti a Lukic…che sospiro di sollievo, se oggi siamo ancora in corsa lo dobbiamo anche a quella partita…’
Io: ‘Però non vi è andato sempre tutto per il verso giusto…dopo l’1-1 con il Liverpool giocaste in casa della capolista Norwich e finì 0-0 dopo che l’arbitro vi fece ripetere un rigore che Marwood aveva segnato al primo tentativo…’
Lui: ‘…e che poi al secondo sbagliò…certo, qualche beffa l’abbiamo incassata anche noi…all’Old Trafford, per esempio, Adams ci portò in vantaggio, sembrava tutto fantastico, poi a una manciata di minuti dal termine sempre lui realizzò un autogol che deve aver fatto ridere tutta l’Inghilterra, noi esclusi…’
Io: ‘A quel punto eravate stati in testa per quattro mesi ma il Liverpool vi agganciò proprio quel giorno…’
Lui: ‘Precisamente…conquistammo la vetta a fine anno, dopo il successo al Villa Park, e la celebrammo nel derby di ritorno con gli Spurs…si giocò nel giorno in cui fu scoperto il nuovo orologio nella Clock End…altra giornata da ricordare, con un Merson sontuoso che realizzò l’1-0 e poi giocò un contropiede fantastico prima di servire a Thomas la palla del raddoppio…in quel momento eravamo inarrestabili…il 18 febbraio avevamo 15 punti in più del liverpool, anche se con una gara in più…15 punti, capisci?’
Io: ‘Mi ricordo bene, i Reds erano completamente fuori dai giochi, al 6° posto…e nonostante la prima mini-crisi di febbraio, dove vinceste solo 2 partite su 5 (di cui 4 in casa), i bookmakers vi davano quasi alla pari per il titolo, con il Liverpool (nel frattempo risalito a –8) pagato 16-1’.
Lui: ‘E’ lì che abbiamo cominciato a dilapidare tutto…a fine marzo andammo a vincere 3-1 a Southampton…di quel giorno mi ricordo soprattutto lo slalom fantastico di Rocastle per il 3-1 e le urla razziste dei tifosi di casa all’indirizzo dei nostri giocatori di colore…purtroppo fu una ‘sveglia’ breve, perché due settimane dopo i Reds ci affiancarono in testa…e da allora ce la giochiamo testa a testa…’
Una volta rotti gli argini, mentre giungono le prime immagini da Anfield, spostiamo l’attenzione sulle formazioni, in quel momento in sovrimpressione.
Io: ‘Graham insiste anche stasera sulla difesa a 3…va bene che ha tenuto in piedi la baracca negli ultimi due mesi, ma non è un po’ troppo difensiva visto che si deve vincere con due gol di scarto?’ Lui: ‘Credo che voglia sfruttare al massimo la nostra arma numero 1, i colpi di testa…con Adams, Bould e O’Leary contemporaneamente in campo e Smith davanti, quelli del Liverpool non la prenderanno mai…almeno spero che il motivo sia questo, e non la voglia di finire ‘con onore’ magari uscendo imbattuti da Anfield…’
La formazione del Liverpool è impressionante…in campo Nicol, Hansen, McMahon, Whelan, Barnes, Aldridge, Rush…in panchina addirittura il lusso di Peter Beardsley…mentre la leggo mi lascio sfuggire un’occhiata di ‘compassione’ verso Nick…ci vorrebbe davvero un miracolo…anche perché l’ambiente è assolutamente ‘aggressivo’…la Kop canta altissimo, sembra un urlo di battaglia che ti fa tremare dentro…Dalglish si guarda intorno come spesso fa, e sorride…sembra sicuro, e d’altra parte come potrebbe non esserlo, con 40.000 scatenati tifosi a sostenerne l’ultimo sforzo?
Si parte, la prima palla è dell’Arsenal, in una non indimenticabile divisa giallo-nera da trasferta…il contrasto con il rosso fuoco del Liverpool è quasi presagio di quello che sembra prospettarsi sul campo…la prima vera occasione è però dell’Arsenal, con Bould che a Grobbelaar battuto si vede respinto sulla linea il colpo di testa…è però l’unica vera fiammata del primo tempo, i padroni di casa provano qualche tiro da fuori ma Lukic è attento…la tensione è alta, la posta altissima, ma è chiaro che il passare dei minuti giova solo al Liverpool.
Nell’intervallo Nick è ancora più sconsolato di prima: ‘Dai Nick, lo ha detto anche Graham che lo 0-0 all’intervallo non sarebbe stato catastrofico…ci vuole un episodio, e tutto si riapre…anche loro sono uomini e sentono la tensione…’
Lui annuisce ma non ci crede…poi si riparte e l’adrenalina può scaricarsi sul campo…al minuto 52 Rocastle finisce a terra nei pressi del vertice sinistro dell’area del Liverpool…si accende quasi una mischia con Whelan che ha commesso il fallo, poi finalmente Winterburn può battere…è un attimo, la difesa si ferma e Smith è fulmineo nell’avventarsi sulla palla e sfiorarla quel tanto che basta a ingannare Grobbelaar…il tocco è così leggero che i Reds protestano con l’arbitro perché il calcio di punizione era di seconda e ritengono non l’abbia toccato nessuno…l’arbitro si consulta con il guardalinee mentre milioni di persone trattengono il fiato davanti alla TV, noi inclusi…poi punta il dito verso la metà campo e convalida…1-0, i fedelissimi giunti da Londra, stretti in un angolo dietro la porta del Liverpool fanno festa e cominciano a sperare…e anche Nick si scioglie un po’, in fondo ora serve solo un gol, e il Liverpool non sembra in grandissima serata…Ablett salva due attacchi dell’Arsenal, ma è al minuto 73 che il destino sembra compiersi…Richardson riesce a toccare verso lo smarcatissimo Michael Thomas in piena area…Thomas si gira, deve superare solo il portiere ma gli tira addosso, e tutto sembra finito…i minuti passano veloci, Nick sembra aver ‘esalato’ l’ultimo respiro di speranza sul tiro di Thomas, e così i giocatori in campo…il Liverpool cresce, quasi sollevato dall’occasione clamorosa buttata al vento dai Gunners…a un certo punto compare nell’angolo della TV perfino l’orologio, a rincarare la sofferenza di chi è davanti al video…segna 88.00, proprio mentre Beardsley si invola solo in contropiede…sembra la conclusione perfetta, la palla arriva a Aldridge che però incespica, si incarta e sciupa tutto…nell’azione è rimasto a terra a metà campo Richardson, valoroso centrocampista dell’Arsenal…i secondi scorrono mentre gli si prestano le cure…cono minuti interminabili, tutto sembra sospeso come in un fotogramma…Nick è pietrificato, mormora quasi fra se e sé ‘Buttarlo via così, incredibile…’
Io: ‘Hai ragione, se finisse così sarebbe davvero una beffa…per un gol, credo non sia mai successo…’
Lui, mentre i secondi passano e Richardson non accenna a rialzarsi: ‘Non è questione di un gol…anche dopo esserci fatti riprendere ad aprile, dopo la pausa per Hillsborough, abbiamo battuto il Norwich, era di nuovo tutto in mano nostra…poi quelle due maledette partite in casa…’
Io: ‘Derby e Wimbledon…hai ragione, un solo punto in quelle due gare è stata la fine…soprattutto il 2-2 con il Wimbledon…’
Lui: ‘Come si fa a farsi riprendere due volte, in casa, da una squadra che all’andata avevamo demolito? Winterburn aveva inventato un altro super-gol, Merson ci aveva riportato avanti dopo il pareggio di Cork…e poi, quell’esordiente, McGee, con quel tiro assurdo che non ripeterà mai più…’ conclude quasi disperato mentre Richardson finalmente si rialza.
La telecamera si sposta sui protagonisti…Dalglish è tirato ma misurato, Graham continua ad urlare suggerimenti, come se fosse ancora tutto in ballo…Barnes incita i suoi, McMahon urla che manca un minuto, uno solo…l’orologio supera i 90.45, poi scompare…ormai solo sgoccioli, la palla torna verso la porta di Lukic, è proprio un contrasto di Richardson a recuperarla…il portiere allunga a Dixon, che lancia lungo su Alan Smith…per la millesima volta in stagione il bomber dei Gunners vince il contrasto, difende la palla e poi la tocca…un tocco magico, verso il centro, dove arriva Thomas…ancora lui, che aveva sbagliato l’occasionissima qualche minuto prima…il centrocampista dei Gunners cerca di superare Nicol, tocca male ma la palla incoccia lo stinco del difensore e gli torna davanti…ora Thomas è solo, in un attimo che sembra durare un secolo si invola verso Grobbelaar, aspetta la mossa del portiere e finalmente piazza il destro alle sue spalle, in fondo alla rete, per l’incredibile 2-0…a quel punto succede di tutto, le capriole ‘elettriche’ di Thomas mentre i compagni lo raggiungono le avremmo viste solo dopo, in quel momento è come essere in un’altra dimensione, senza tempo né gravità…saltiamo tutti, increduli ma come alleggeriti d’improvviso di tutto il peso di otto mesi di passione, fatica, illusione…la partita riprende, ma non c’è più tempo, l’arbitro fischia e lo spicchio di Anfield che ospita i tifosi Gunners esplode senza argini in una felicità irripetibile…dietro la porta di Lukic qualcuno dalla Kop si sente male, viene trasportato fuori a braccia…ma vincono anche loro, che dopo qualche istante di sbigottimento per un titolo perso all’ultimo minuto dell’ultima partita intonano il più bel ‘You’ll never walk alone’ mai sentito…il coronamento più toccante ad una giornata irripetibile, mentre le telecamere fissano per sempre la disperazione di Dalglish e dei suoi, Adams che va da Aldridge ad accarezzargli i capelli (avremmo scoperto dopo che era solo una presa in giro per contrappasso a quanto Aldridge aveva fatto con Steve Chettle del Forest dopo il suo autogol nella semifinale di FA Cup…), Graham che chiama i suoi a raccolta, e infine il capitano che alza la Coppa ad Anfield…e Nick? Lui tutto questo non l’ha visto, al fischio finale si è fiondato fuori in strada gridando a piena voce, alla ricerca di una bottiglia di spumante con cui festeggiare…o forse sono io che mi sono svegliato dal mio ‘sogno’, ritrovandomi solo nella mia casa a metabolizzare l’emozione di una serata di sport che nessuna fantasia avrebbe potuto partorire…anche se non ero ad Anfield, infatti, né a Londra a guardare la partita con Nick Hornby, questa partita non la dimenticherò tanto facilmente, anche perché nulla di quello che è seguito (calcisticamente) negli anni mi ha regalato brividi così forti.
di Giacomo Mallano, da UKFP n° 8 - settembre 2004

sabato 18 giugno 2011

Le grandi emozioni del calcio inglese: season 1988/89

La stagione calcistica 1988/89 rimarrà per molto tempo scolpita nella memoria di tanti appassionati di calcio. Probabilmente le emozioni legate anche a episodi tragici vissute in quell’anno hanno determinato parecchi punti di svolta nel calcio britannico. La squalifica delle squadre inglesi era ancora vigente, e l’Europa non poteva annoverare nel tabellone delle sue competizioni quella che probabilmente era la squadra pìù forte (forse assieme al Milan), ovvero il Liverpool. Quella squadra attraverso i vari Grobelaar, Whelan, Houghton, Barnes, Aldrige, Nicol ed altri continuava in patria le gesta di un Club che vinse dall’inizio degli anni 80, 2 coppe campioni e 6 campionati di cui l’ultimo nella stagione 87/88. La nazionale è reduce da un campionato Europeo, giocato in terra tedesca, allucinante, venendo eliminata al primo turno. Nel 1988 era definitivamente tramontata la stella dell’Everton (campione d’Inghilterra nelle stagioni 84/85 e 86/87, e coppa delle coppe 1984/85), era lontano a nascere il Man Utd mentre il Chelsea militava in Second Division così come il Leeds United. Nella stagione 1988/89 non si usava portare in panchina il secondo portiere e le rose prevedevano in panchina solo due giocatori per parte. In quell’anno un tifoso poi divenuto celebre, continuava a tormentarsi e a tifare Arsenal. Purtroppo le barriere che ora non dividono più le tribune dal campo, in quegli anni e in diversi stadi ammonivano sinistri presagi. Il campionato parte ed i Reds appaiono di gran lunga la squadra favorita, anche se la testa della classifica vede primeggiare anche altre squadre tra cui per diverse giornate i canaries del Norwich City. Si disputano ottime partite. Gli appassionati italiani hanno la possibilità di seguire il campionato in Tv, Tmc possiede i diritti sia della Big League che della Fa Cup e trasmette diversi incontri in diretta. Ricordo un vibrante Merseyside Derby giocato al Goodison Park (1-1), un’avvincente Tottenham Liverpool giocata il Lunedì di Pasqua (1-2). L’ Fa Cup con il suo carico di storia regala al terzo turno l’avvincente vittoria del Sutton Utd ai danni del Coventry City detentore della coppa. Il Sutton Utd militava nella Vauxhall Conference, ovvero il nostro interregionale. Militano invece in Big League squadre ora relegate nei meandri delle serie inferiori, Clubs che da allora ad oggi sono morti e rinati più volte, alcuni nomi su tutti Newcstle Utd, QPR, Luton Town, Milwall, Nottm Forest ed altri ancora. Il livello generale del gioco purtroppo denota l’assenza di un valido confronto con il calcio del resto d’Europa dovuto come già detto alla squalifica del dopo Heysel, ma è comunque vero football made in Uk. Il 15 aprile 1989, alle spalle di Grobbelaar all’Hillsbrough di Sheffield durante la semifinale di Fa Cup tra Liverpool e Nottingham Forest si compie la tragedia. Vengono aperte le porte di una tribuna a gente sprovvista di biglietti e moltissime persone rimangono schiacciate contro le ringhiere che separano le gradinate dal campo. Persero la vita quasi 100 persone. Mai come in quel periodo il “You’ll never walk alone” fu l’inno del Liverpool. Ora, purtroppo anche i Reds sono colpiti nella storia da una tragedia. I fiori sotto la Kop resteranno a lungo l’immagine di un ricordo indelebile che tanta gente ha saputo tributare alle vittime. La semifinale si rigioca il Liverpool travolge gli arceri di Clough e approda alla finale. Il traguardo da raggiungere rappresenta un tributo nei confronti delle vittime. La finale di Wembley è in realtà un Merseyside derby, infatti a contendere la coppa del torneo più vecchio del mondo è l’ Everton. Finisce spettacolarmente 3-2 ed il Liverpool alza al cielo la coppa con tutto il suo significato. Spariranno le barriere, sparirà la Kop, non ci sarà più il fiume giallo, non si vedrà più lo spettacolare avanzare verso il campo di un’onda di gente accalcata su se stessa. L’Arsenal è un po meno Boring Arsenal e fino alla fine tiene testa al Liverpool e nonostante passi fassi casalinghi a poche giornate dal termine, il 26 maggio 1989 deve scendere in campo ad Anfield Road e vincere per 2-0 per raggiungere in testa alla classifica i Reds e vincere il titolo grazie alla differenza reti. Quello che si compie quella notte ad Anfield, tutto è fuorchè logica. Solo un film può raccontare emozioni che sembrano impossibili da vivere. In realtà la stagione calcistica 1988/89 è un film emozionante, un grande film. Il Liverpool stanco del fine stagione è comunque una squadra che entusiasma per il gioco proposto. Ma il Liverpool del 26 maggio 1989 è stanco, si vede, l’Arsenal vince. 2-0. Al 90’. E’ Thomas a segnare il 2-0, diventerà The History Man. Sparirà il Boring Arsenal. Per me invece Liverpool vs Arsenal 0-2 è semplicemente The History Match, e ricorderò per sempre l’immagine in Tv di un Kenny Dalglish impietrito a fissare l’infinito. La passione per il calcio inglese passa in secondo piano quando ancora oggi mi chiedo quanti tra i milioni di tifosi del calcio conoscano l’epilogo della Big League 1988/89. Credo che chi quella sera abbia assistito in Tv a quei momenti irripetibili, non possa nascondere l’estasi di quell’atmosfera che solo il calcio inglese può trasmettere. Nick Hornby, il tifoso che prima si tormentava scriverà un libro che poi diventerà anche un film sulla magia di quell’evento. Penso
concludendo, che la stagione 1988/89 rappresenti un punto di svolta per tanti aspetti oltre a quelli descritti. Le stagioni che seguiranno segnano infatti l’esplosione per l’attenzione rivolta al campionato inglese dalle Televisioni di tutto il mondo. Di lì a poco in Italia il Campionato Inglese si potrà gustare solo pagando, le partite del Tottenham sono proposte a ripetizione perché tra le sue fila un giovane emergente è conteso da mezza europa mentre in patria viene bersagliato dalle tavolette di cioccolato. Il 27 maggio 1989 la nazionale inglese batte la Scozia per 2 reti a zero a Glasgow. Per problemi di ordine pubblico sarà l’ultima delle sfide annuali che si disputano ininterrotamente dal 1872. Sparirà a breve anche la Big League o First Division, come dir si voglia, e nascerà la Premier League. Continueranno le emozioni !!!
di Michele Vello da UKFP n° 1 - dicembre 2002

giovedì 9 giugno 2011

Tempi moderni

Si stava meglio quando si stava peggio? Non si sa, ma a volte sembra proprio di si: quando c'erano il mistero e il dubbio, quando c'era d'attendere per sapere notizie che oggi ti si sviluppano davanti. Bisognava muoversi, darsi da fare, agitarsi, e spesso non era sufficiente. Fili tesi attraverso una stanza, appoggiati al televisore, tragitti supplementari in autobus e malintesi telefonici, tutto per arrivare a sfiorare qualcosa e a sentirsi coinvolti, anche con modalità postdatata. Oggi accendiamo il televisore al sabato pomeriggio e piombiamo direttamente al Villa Park o ad Highbury (finchè ce lo lasciano), ci appiccichiamo ad Internet e seguiamo la partita controllando ogni aggiornamento in tempo reale, tanto che l'ultimo spettatore allo stadio non si è ancora seduto che noi abbiamo già appreso, dal salotto, autore della rete e modalità. Compri Four Four Two e persino le sicofantesche riviste delle varie società all'edicola in centro, e ti piacee ne godi, ma a volte sembra tutto così facile che non c'è gusto e allora ti chiedi davvero se non si stesse meglio quando si stava peggio, quando andavi all'aeroporto (di Bologna, nel mio caso) alla domenica ora di pranzo, appena arrivava il volo da Londra, sperando che gli addetti della British Airways si impietosissero e ti lasciassero - invece di buttarlo nel bidone - un Sunday Mirror,un Sunday Times, un Sunday qualcosa che ti permettesse di leggere le cronache delle partite nello stesso giorno - mio Dio! - di quando lo potevano fare gli inglesi. A volte andava buca, a volte non ce n'era (ma figurati...) una copia salvabile o decente, a volte arrivava lo straccetto di fogli ed andavi subito a cercare le pagine dello sport, ma se ti capitava l'occhio su qualcos'altro rischiavidi soffermarti lì, tanta era la fame di ambiente britannico. Adesso su Internet si leggono ogni giorno quotidiani inglesi a non finire, nello stesso giorno e nelle stesse ore di lassù, anzi prima perchè alle 2.30 della mattina il The Times è già online e non so quanti londinesi l'abbiano già letto, in quel momento. Ma non è un male, non vogliamo trasformarci in vecchi lamentosi, èl'evoluzione dei tempi, e se abbiamo rimpianti è meglio che ce li teniamo per noi - o su una fanzine, o in un libro - e non rompiamo le scatole a chi ha tutto il diritto di appassionarsi al calcio inglese e rimane incredulo quando gli si racconta cosa si faceva una volta per arrivarci.Si usciva da scuola, alle medie appena oltre metà anni Settanta, ed invece di dirigersi verso la fermata dell'autobus si andava a piedi - dieci minuti, pieno centro ma in zona che per me non esisteva neppure, tutto casa e scuola com'ero - all'unica edicola che forse aveva qualcosa. Qualcosa che poteva essere un quotidiano di cui non ricordo il nome, forse The Times stesso, qualcosa che ogni tanto poteva essere acquistato centellinando i denari, per scorgere i risultatiscritti come ancora mi piace tanto, tipo:
Arsenal 2 (1) Sunderland 33, Price 56
Tottenham 0 (0)
44,578
Oppure, ma questa è una storia lunga, si bramava addirittura una rivista, addirittura il mitico Shoot che in realtà era molto infantile ma per me era come un dono dal cielo. Scoprii Shoot un giorno del 1976, credo, arrivato per misteriosi motivi all'edicola di Piazza Maggiore, e mi ci tuffai sopra prima che qualcuno potesse rubarmelo. C'erano addirittura foto a colori, poche, ma quellacarta interna tipo giornale aveva un profumo inconfondibile e io l'adoravo. Chiesi all'edicolante come l'avesse e lui - credo, ma mica ricordo le parole - disse che era arrivata per caso, mi disse anche che se la volevo ogni settimana dovevo ordinarla ad un'agenzia e mi diede il numero. Telefonai, sorprendentemente lucido pensai che sarebbe stato meglio farla arrivare alla mia solita edicola vicino alla scuola, e dalla Inter... qualche cosa mi dissero che era possibile, quasinon ci credevo. Dopo tre settimane l'edicolante, quello vicino, delle figurine e non di Piazza Maggiore, mi diede la copia ed il pensiero che io potessi comprare, anche in ritardo di dieci giorni, un settimanale di calcio mi pareva un sogno. Infatti crollò presto: dopo tre numeri non arrivò più nulla, io feci passare qualche giorno - non ho mai avuto un grande coraggio nelle proteste - poi chiamai la Interqualcosa e chiesi docilmente spiegazioni. Caddero dalle nuvole e mi ferirono con la loro antipatia, facendomi probabilmente compiere il mio ingresso nel mondo dei "grandi", della gente che se ne strafrega dei sogni: finsero di non avere mai portato a Bologna alcuna copia di Shoot, ed addirittura il mio interlocutore mi disse "ma guardi che è una rivista porno!", e alloraprobabilmente le tre copie di Shoot che avevo in casa non le avevo lette bene, perchè io avevo trovato solo il Luton Town e lo Shrewsbury, non qualche donnina che in quel momento - vero, vero - mi interessava certamente di meno. Dopo un paio d'anni a Shoot mi abbonai addirittura, mi facevo inviare ogni fine mese le quattro copie settimanali, tutte assieme per risparmiare, tanto a me bastava leggere e guardare le foto, non certo avere quell'attualità che mi dava la radio, la BBC con il suo World Service, le dirette delle partite rovinate dal fruscio del sabato pomeriggio, una routine che mentre gli altri adolescenti uscivano mi teneva - volentieri - appiccicato al tavolo dalle 15.45 alle 18.30 ed anche più, con il quaderno dei compiti davanti così non stavo a correre il giorno dopo. Era un'esperienza bellissima e terrificante: bastava che passasse qualcuno e il segnale si indeboliva, ma la radio era in cucina e non potevo certocostringere genitori e fratelli a non frequentarla, mi mettevo la cuffia con le "orecchie" imbottite e speravo di sentire tutto quello che mi serviva, anche se dopo le 18, quando i risultati erano definitivi, il segnale si indeboliva e dovevo spostarmi su un'altra frequenza, a volte incerta, a volte accavallata ad altri linguaggi astrusi che non capivo, a volte sparita del tutto, e allora dovevo attendere le 23.45 (ricordo bene?) per il notiziario definitivo, e lo era sul serio perchè non si giocava alla domenica, sabato alle 18 era tutto finito. E potevo spostare i cartoncini con i simboli delle squadre nel "portaclassifica" che Shoot regalava, e che a fine anno era rovinato dal troppo uso. Naturalmente, come vadano ora le cose lo sanno tutti, ma era semplicemente unascusa per parlare del passato e gettare sale nelle ferite, le stesse che con il loro dolore permanente - ogni volta che uno stadio inglese viene chiuso, ogni volta che un calciatore mediterraneo veste la maglia di una squadra britannica (gli scandinavi no, loro vanno bene) - ci fanno continuamente chiedere se si stia meglio ora, in diretta da Goodison Park e subito dopo via la linea e spazio alla pallavolo (non è una critica a Tele+, sia chiaro, che sul calcio inglese habenemerenze infinite), che non una volta, quando c'erano l'ansia della scoperta e il mistero della trasmissione radiofonica. Mi astengo dal giudizio, però, perchè io e gli altri nostalgici non abbiamo alcun diritto di impedire alle nuove leve della passione inglese di avvicinarsi alle partite e alla loro atmosfera attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e i viaggi a basso costo (che belli!): oppure mi trasferisco a fare il cane da slitta in Antartide, così gli uomini della base McMurdo mi fanno leggere il quotidiano solo una volta alla settimana, quando arriva il cargo con i giornali, e la tempesta di neve che fa friggere il segnale di BBC Antarctica mi ricorderà di quando mia mamma passava davanti al forno e faceva sparire il risultato di Carlisle-Hull City.
Faccio un po' fatica a calarmi nello spirito della fanzine, e spiego perché. Innanzitutto, la facilità con cui si scrive in prima persona mi mette a disagio: è un privilegio che - se proprio deve esistere - dovrebbe essere riservato ai grandissimi giornalisti, anche se in genere viene reso proprio semplicemente da quelli che ritengono tali e quindi più importanti di ciò di cui si occupano, avallati evidentemente dai direttori che concedono loro questa libertà per timore di perderli. In secondo luogo, superato a fatica l'ostacolo io/ego, non so mai se sia il caso di essere seriosi e buttare lì un pezzo come se scrivessi su una bella rivista (il giornale quotidiano e la sua stessa filosofia di base, transitoria, non mi hanno mai attirato) o invece catapultarmi nello spirito stesso della fanzine e buttarla sul personale: visto che chi la legge non ha certo bisogno di sentirsi raccontare eventi storici che in genere conosce benissimo, perché altrimenti non sarebbe un assiduo lettore/scrittore della fanzine stessa, mi sentirei un po' fuori posto nel raccontare la cronaca della finale di FA Cup del 1975 o quella del 1980, per cui che faccio? Faccio quello che perlomeno mi sembra più originale e tornando alle prime righe di questo delirio la ri-butto sull'io/ego e narro qualcosa che ho vissuto personalmente, così almeno le sensazioni e le piccole curiosità saranno una novità per qualcuno. E indovinate dove si va a finire? Sulla "prima volta". La prima volta in Inghilterra e la prima volta in uno stadio, ovvio, sperando che interessi a qualcuno. Primavera 1979: a sorpresa (in famiglia stavamo decentemente, ma soldi da scialare non ce n'erano proprio) ottengo dai miei genitori la sospirata vacanza-studio in Inghilterra.Tra le date disponibili scelgo ovviamente quella a metà agosto, con lo scopo preciso di occuparmi di calcio in ogni momento lasciato libero dallo studio della lingua, che peraltro avevo già iniziato ad assorbire tramite la radio, il BBC World Service, ed una certa predisposizione alle lingue straniere (quella che tragicamente non ho, invece, per i numeri). Arriviamo dopo un viaggio patetico, concluso per motivi che non ricordo con una notte a dormire sul pullman che doveva portarci da London Gatwick alla nostra destinazione nel nord di Londra, e dopo circa dieci minuti dalla presentazione al padrone di casa, il signor Everett, simpatico signore sui 35 anni dai capelli scarsi e rossicci con tanto di barbetta, arriva la mia prima domanda: signor Everett, io sono un tifoso dell'Arsenal, non che c'è qualche maniera di andare a Wembley sabato prossimo per la Charity Shield ? Non potendo impallidire perché già era bianchiccio, il signor Everett si mise a ridere: "io sono tifoso del Tottenham e vuoi che ti porti a vedere l'Arsenal ?". Ma la sua disponibilità nei confronti dell'ospite era totale: tramite amici si procura due biglietti per la lower standing enclosure e tappandosi il naso dal punto di vista etico mi accompagnò a Wembley. Allora, per capire come mi sentissi quel giorno bisogna fare un passettino indietro: seguivo il calcio inglese da qualche anno, ma avevo toccato il momento di massima emotività solo tre mesi prima di quella vacanza, nel maggio del 1979, assistendo come impietrito alla finale di FA Cup tra Arsenal e Manchester United, quella del 2-0 per i Gunners già nel primo tempo, dei due gol dello United (o "Manchester" e basta come scrivono i quotidiani...) negli ultimi tre minuti e della rete della vittoria di Alan Sunderland appena 45" dopo il pareggio di Sammy McIlroy. Di fronte a quelle immagini, al boato profondo dei tifosi nella "curva" alla destra dello schermo, visibili sullo sfondo mentre Sunderland veniva abbracciato dai suoi compagni di squadra, provai una profondissima emozione e - erroneamente, perché non è questo il carattere distintivo del calcio inglese - pensai che solo lassù potessero esserci partite così emozionanti e incerte, specialmente se le paragonavo a quelle del campionato italiano (che già aveva iniziato ad attirarmi molto poco, e con esso tutte le folcloristiche manifestazioni tipo striscioni e fumogeni e tamburi) che sembravano tutte finire 0-0, specialmente nelle grandi sfide. Ancora emotivamente mosso da quella partita, accolsi quasi come un sogno la possibilità di rivedere quella stessa squadra in quello stesso stadio, solo tre mesi dopo. Chi legge queste righe comprenderà tranquillamente ciò che sto cercando inutilmente di descrivere e che provai dal momento in cui mi alzai nella mia cameretta, quel mattino di agosto, e venni immediatamente colpito dalla sensazione che di lì a poche ore avrei visto non solo la mia prima partita di calcio in Inghilterra, ma a Wembley e tra Arsenal e Liverpool. Non potevo chiedere di più, ovvio. Uscimmo dalla casetta di Southgate e salimmo in macchina, salutati da uno zio dei signor Everett che era tifoso dell'Arsenal e sottolineò beffardamente il fatto che il nipote stesse andando a vedere la squadra che probabilmente sopportava meno. Devo dire la verità, non ricordo tutto quello che accadde, forse per la troppa emozione: tragitto in auto, probabilmente lungo le strade da Southgate verso ovest, poi ultimo tratto in treno fino ad una delle stazioni intorno allo stadio, e l'impatto micidiale con i colori rossi e gialloblu (l'Arsenal oltretutto giocava con la stessa divisa della finale di FA Cup, quella meravigliosa gialla con colletto blu stile camicia, pantaloncini blu e calze gialle) che popolavano i dintorni di Wembley. Non ricordo assolutamente di avere fatto le scale (quelle esterne) ma certamente non potrò mai dimenticare il momento in cui mi trovai nella semioscurità della parte bassa della tribuna, e le squadre uscirono in fila dal tunnel sotto di me e si avviarono camminando, con i manager in testa, verso il centro del campo. Impossibile che mi passi di mente l'esecuzione di God save the Queen accompagnata da quasi 90.000 persone ("oh mamma!" fu il commento di mia madre quando le dissi quanta gente c'era stata quel giorno), impossibile che mi escano di testa le sciarpe di cotone e di raso e i "ministriscioni" che singole persone tenevano sollevati sopra la testa, tesi tra due bastoncini. Quel giorno andò storto il risultato: 3-1 per il Liverpool, e appresi solo in seguito che molti critici avevano considerato quella partita come una delle più perfette che i Reds avessero disputato in tutta la stagione. Ma ho ancora in mente una frase che il signor Everett mi disse ad un certo punto, e che ha continuato a frullarmi in testa anche quando mi è parso che l'evidenza degli anni successivi raccontasse il contrario: il gol di Frank Stapleton, verso la fine e già sul 2-0 o 3-0 (chisseloricorda) per il Liverpool, venne accolto da un boato e da un'esultanza che mi stupirono, e il mio benemerito accompagnatore commentò "i tifosi dell'Arsenal sono proprio pazzi, continuano ad incitare la squadra anche quando perde". Uscendo dallo stadio Everett incontrò un suo conoscente che aveva appuntamento con noi alla macchina, e questo signore mi fece un regalo che ancora conservo caro: una sciarpa rossa di raso, in cui si legge solo ARSENA perché l'ultima lettera è stata slabbrata via, sfilacciata assieme al resto della sciarpa. Il motivo? Era stata tenuta fuori dal finestrino quel giorno di maggio in cui i Gunners avevano vinto la FA Cup, e dopo qualche chilometro di auto lanciata e clacson suonato per festeggiare la forza dell'aria l'aveva conciata così. Non vorrei esagerare, ma quella sciarpa era una reliquia per me, perché era un'eredità tangibile (E IN MANO MIA!) di un giorno che mai più potrò dimenticare. E non so se il gentilissimo signor Everett abbia riso sotto la barbetta, per la sconfitta dei Gunners nella Charity Shield, ma mi sono "vendicato" presto: sette giorni dopo iniziava la stagione di First Division, andammo al White Hart Lane per Spurs-Middlesbrough e di fronte ai miei occhi il Boro vinse 3-1 (giocava il pelatone Armstrong, lo ricordate?, e la maglia era la strepitosa rossa con fascia bianca orizzontale) mentre l'altoparlante comunicava che qualche decina di chilometri più a sud il debutto in massima serie del Brighton and Hove Albion era stato rovinato da una squadra di Londra in maglia rossa con maniche bianche e cannoncino sul petto che aveva violato il Goldstone Ground vincendo 4-0.
di Roberto Gotta, da UKFP n° 1 - dicembre 2002

mercoledì 1 giugno 2011

Tony, capitano nell'anima

Tony Adams

Il calcio, e lo sport in generale, non è fatto solo di gesti atletici, giocate strabilianti, reti, tabellini e statistiche, il calcio è fatto anche di grandi gesti; e sono i grandi gesti che rimangono nell’immaginario collettivo. Tony Adams nasce il 10 ottobre 1966 nei sobborghi di una swingin London ancora ebbra della vittoria dei “Tre leoni” nel mondiale giocato pochi mesi prima. Nel destino del ragazzo ci sarà una sola squadra, l’Arsenal, di cui lui sarà il capitano coraggioso, l’assoluta bandiera ed il traghettatore del “Boring Arsenal” di Taylor che con il suo contributo si trasformerà nell’Arsenal champagne di Wenger. Tuttavia l’immagine che ho impressa a fuoco nella mente non riguarda il Tony Adams gooner, non riguarda un suo successo, non riguarda neanche la sua proverbiale grinta, riguarda bensì un suo magnifico gesto. Inghilterra, estate 1996: al grido di “Football is coming home” nel paese della sterlina si giocano i Campionati Europei di calcio. La nazionale inglese è circondata da un fondato ottimismo che fa pensare a tutti che i “bianchi” possano finalmente mettere le mani sul trofeo continentale. La squadra è ricca di fuoriclasse e di giocatori allo zenith della loro carriera; come non essere ottimisti quando nel team hai gente come Seaman, Gascoigne, Platt, Pearce, Adams, Sheringam, e Shearer (the one and the only). La campagna europea degli inglesi parte in sordina con un pareggio di 1-1 con la Turchia, gol di Shearer (ma che lo dico a fare). Seguirà una vittoria sulla fiera Scozia 2-0 (Shearer e Gascoigne) ed infine un netto successo sull’Olanda per 4-1 (Shearer 2, Sheringam 2). L’Inghilterra vince e convince e termina al primo posto del suo girone. La stampa inglese euforica si esalta come raramente capita e probabilmente mette un pò di pressione alla squadra, comunque il successo sembra scritto nel destino quando nei quarti una Inghilterra in tono minore supera ai rigori la Spagna. Tra gli inglesi e la finale ora ci sono solo i tedeschi, sempre i soliti tedeschi, che non producono calcio spettacolo, ma alla fine sono sempre lì, ad un passo dal paradiso.Ricordo un memorabile titolo di un giornale (credo il Sun) che in previsione della sfida con la Germania, riesumava lo spirito combattivo della seconda guerra mondiale e sbatteva in prima pagina Gascoigne e Pearce con l’elmetto titolando “Let’s blitz the fritz”.Arriva il fatidico giorno, 26 giugno 1996; nella semifinale l’Inghilterra parte a spron battuto, 3 minuti e Shearer (come sempre) porta i suoi in vantaggio; al quarto d’ora però il vecchio Kuntz pareggia i conti, 1-1 e palla al centro. Per tutta la gara, supplementari inclusi, è l’Inghilterra che gioca il calcio migliore e Gazza in spaccata manca il golden gol per un centimetro; si va ai rigori, come sei anni prima quando a Torino, nella semifinale mondiale, Pearce scagliò il pallone a Superga. Shearer, Platt, Pearce (che memore dell’errore fatto ad Italia90 calciò un pallone che pesava un quintale), Gascoigne e Sheringam segnano per l’Inghilterra, replicano però con fredda precisione per al Germania Hassler, Strunz, Reuter, Ziege e Kuntz! Si va ad oltranza.Wembley trattiene il fiato; sulla palla per gli inglesi si porta Gareth Southgate, centrale del Villa con ottime referenze; tira, ma Kopke para! Gelo nello stadio. Per i tedeschi va al tiro Moller, rete! Wembley ammutolisce, i tedeschi urlano e cantano la loro gioia e Southgate sprofonda in un pianto dirotto inginocchiandosi a terra.Cosa può fare in quei momenti un “capitano nell’anima”? Pur con il morale a pezzi Tony Adams rimette in piedi Southgate, se lo carica sulle spalle e lo porta a raccogliere l’applauso del pubblico inglese, sofferente ma fiero come non mai. Adams nella sua biografia racconterà che in quel momento era un uomo distrutto; annegherà poi da solo la sconfitta nella birra, ma nonostante tutto trovò il modo di confortare il compagno tramortito dal peso di aver fallito un appuntamento con la storia. Grandissimo Tony, capitano senza fascia al braccio (all’epoca la vestiva con orgoglio Shearer), simbolo del calcio inglese che ancora una volta era arrivato vicino alla vittoria e se l’era vista sfuggire.Tony, gigante comprensivo e sensibile, guarda negli occhi tutto lo stadio, è pronto per nuove sfide, sa di essersi battuto al meglio e con lui i suoi compagni, compreso Southgate che gli piange sulle spalle.
di Charlie Del Buono, da https://ukfootballplease2002.blogspot.com - dicembre 2006

sabato 28 maggio 2011

1980 Un Juventus-Arsenal da ricordare..

“Ed ora per la Juventus è notta fonda” così Nando Martellini mercoledì 9 aprile del 1980 sanciva il passaggio del turno dell’Arsenal nella partita di ritorno della semifinale di Coppa delle Coppe tra la Juventus e gli inglesi. Una partita con gli italiani a giocare con il freno a mano tirato e l’Arsenal che a sprazzi cercava di segnare quel gol che gli sarebbe valsa la finale, fino a due minuti dalla fine, dopo un paio di rinvii di Bettega dalla propria area (e questo fa capire abbastanza della tattica attuata quella sera dalla Vecchia Signora), un’incursione di Graham Rix sulla fascia sinistra, il cross dal fondo ed un sorprendente e solitario Paul Vaessen sul secondo palo segnava indisturbato per la gioia dei numerosi tifosi inglesi presenti quella sera al Comunale di Torino. Liam Brady, in procinto di passare proprio alla squadra torinese a fine stagione, disse ” La nostra vittoria è meritata. La Juventus è stata troppo in difesa ha giocato manifestamente per lo 0-0, gli andava bene il pareggio e per questo che hanno addormentato il gioco. E dire che erano la squadra di casa”.La partita d’andata si era conclusa con un pareggio (1-1), favorevole alla Juventus ma dove non erano mancate le polemiche durante e soprattutto dopo la partita; un fallaccio di Bettega su David O’Leary al ‘23 del primo tempo che lo costrinse a lasciare il campo per Pat Rice. Il gol di Cabrini su rigore all’11 portava in vantaggio i Torinesi ed un autogol dello stesso Bettega rilanciava l’Arsenal nel finale, tante le occasioni per i Gunners, in special modo un grande Liam Brady autore di passaggi smarcanti per gli attaccanti inglesi Staplenton e Rix che non riuscirono a realizzare. Gli inglesi giocarono a Londra con questa formazione: Jennings, Devine, Walford (Vaessen), Talbot, O’Leary (Rice), Young, Brady, Sunderland, Staplenton, Price e Rix. Il giorno dopo i tabloid britannici riversavano tutto il loro astio sulle prime pagine, attaccando gli italiani ed in primis Roberto Bottega definito prima del match il più inglese degli italiani. Il Daily Mail riportava un “horror-tackle” ed i giornali domenicali, tra cui il News of the World, prevedevano a ragione: “A Torino sarà l’inferno”, solo il più titolato Times pensò di analizzare il match in maniera meno pesante e scrisse: “Le speranze dell’Arsenal cominciano a vacillare” .Secondo il “Daily Mail” la cronaca del fattaccio degli italiani attirò l’attenzione ancor più della decapitazione della Principessa Saudita Misha da parte del boia di Re Khaled, condannata per adulterio (in quei giorni questa notizia teneva banco su tutti i giornali del Regno Unito perchè ITV il canale privato inglese mandò in onda la sera del match di coppa una ricostruzione) e dopo la furia degli Emirati l’allora Ministro degli Esteri Britannico Carrington dovette chiedere personalmente scusa. Il Tackle di Bettega era stato veramente vergognoso ed incomprensibile, non ammetteva scuse e O’Leary, dopo essersi tolto i frammenti dei tacchetti dello scarpino dell’italiano, si era dovuto imbottire di antidolorifici ed antibiotici per esser presente nel match del sabato dopo contro il Liverpool dove, tra l’altro, secondo la stampa italiana giocò fin troppo bene.. La preoccupazione maggiore era per la partita di ritorno, ma non solo. Da lì a due mesi a Torino per i Campionati Europei si doveva giocare proprio Italia-Inghilterra, la “guerra era imminente” ed anche Ron Greenwood si disse preoccupato per eventuali incidenti che puntualmente ci furono in entrambe le gare...