giovedì 4 ottobre 2018

EL QARABAQ-ARSENAL= 0-3



Goals. 4'Sokratis, 52'Smith Rowe, 79'Guendouzi,
Qarabag: Vagner, Medvedev, Badavi Huseynov, Rzezniczak, Agolli, Michel, Garayev (Slavchev 83) Madatov (Delarge 60), Ozobic (Abdullayev 67), Zoubir, Emeghara. Subs: Halldorsson, Mammadov, Abbas Huseynov, Diniyev.
Manager. Qurban Qurbanov
Arsenal: Leno, Holding, Sokratis, Monreal (Torreira 45), Lichtsteiner, Elneny, Guendouzi, Kolasinac, Smith Rowe (Ozil 64), Welbeck, Iwobi (Lacazette 70).
 Subs: Martinez, Bellerin, Mustafi, Xhaka.

Manager. Unai Emery
Booked: Holding, 
Medvedev 
Referee: Davide Massa (Italy)
Attendance. 63.412
Table. 6.Arsenal, Sporting Lisboa, 0.Vorskla, Qarabag.
-------------------------------------------------------

Preziosa vittoria dell'Arsenal di Emery, che batte il Qarabaq e sale a quota sei nel gruppo E. Sperando inutilmente in una frenata dello Sporting Lisbona, i gunners si portano a +3 dalla seconda, affrontando con più tranquillità il prosieguo del girone. Subito in goal con Sokratis, gli inglesi rischiano qualcosa ma doppiano con il giovane Smith-Rowe nella ripresa, chiudendo definitivamente i conti grazie a Guendouzi. Arsenal dunque a punteggio pieno, Qarabaq ancora a 0.
Azeri che scendono in campo adottando il 4-2-3-1. Davanti a Vagner, difesa a quattro composta da Medvedev, Husenyov, Rzeźniczak ed Agolli. Dietro Emeghara, molta trequarti formata da Madatov, Ozobic e Zoubir. In mediana, invece, Garayev e Michel. Un rimaneggiato 3-4-3, invece, per gli inglesi, con Emery che piazza Iwobi e Smith-Rowe ai lati di Welbeck. Leno in porta, protetto dal terzetto difensivo Holding-Sokratis-Monreal. Chiavi del centrocampo affidate ad Elneny e Guendouzi, affiancato da Lichtsteiner e Kolasinac.
Arsenal subito offensivo e pericoloso al terzo, quando è Iwobi a concludere a botta sicura trovando però la risposta sulla linea di un difensore avversario. Poco male, comunque, per i gunners, che sugli sviluppi del corner fanno 0-1 grazie al tap-in di Sokratis, nel posto giusto al momento giusto. Continuando a pressare, i ragazzi di Emery affondano ancora al diciottesimo e con Smith-Rowe, che conclude di destro non trovando però lo specchio della porta. Il Qarabaq si affaccia dalle parti di Leno solo dopo ventisette minuti e con Madatov, il cui destro non preoccupa affatto il portiere tedesco. Passano centoventi secondi ed è ancora l'esterno offensivo a rendersi pericoloso, da ottima posizione mette però fuori. Alternandosi come in uno scambio tennistico, le due formazioni concludono la frazione con una chance per parte: al 38' preciso tiro a fil di palo di Smith-Rowe, due minuti dopo è Filip Ozobic a mancare il goal praticamente a due passi da Leno. 
Seconda frazione che comincia con il Qarabaq in goal al 49', quando è Madatov a battere Leno. Il direttore di gara Massa ferma tutto però per offside. Dal goal (quasi) subito, l'Arsenal trova la forza di ricompattarsi e di bissare quattro minuti dopo con Smith-Rowe, che riceve Iwobi e batte Vagner con un preciso destro diagonale. All'ora di gioco, per cercare di accorciare il passivo, è Garayev a concludere da ottima posizione: ancora una volta Leno è però superlativo. Dopo venti minuti di relativa pacatezza, l'Arsenal colpisce ancora all'ottantesimo, quando è Matteo Guendouzi a scaricare un tiro imparabile per il portiere azero. E' l'ultima occasione del match, che si conclude per 3-0 a favore dei ragazzi di Emery. Migliore in campo per gli azeri, Madatov. Per gli inglesi in evidenza Smith-Rowe.
da https://www.vavel.com

Qarabag-Arsenal, Mkhitaryan a casa per questioni politiche

Settimana europea impegnativa per l’Arsenal, alla caccia dell’ottava vittoria consecutiva in tutte le competizioni sul campo del Qarabag. Oltre alle difficoltà che comporta la lunghezza della trasferta fino in Azerbaigian, a complicare i piani di Unai Emery sono anche le assenze. Non solo quelle dell’ultimo minuto di Aubameyang per influenza e Ramsey per il parto imminente della moglie. Tra gli assenti c’è anche l’armeno Henrikh Mkhitaryan, che è rimasto a Londra per questioni politiche.

Da anni Armenia e Azerbaigian hanno un contenzioso aperto per il controllo del Nagorno Karabakh, regione caucasica attualmente sotto il governo dell’Azerbaigian ma che fa parte dell’altopiano armeno. Da anni vengono condotti negoziati tra i due stati senza che si sia ancora arrivati a una risoluzione definitiva. L’ostilità tra i due stati ha reso i confini invalicabili per chi è della nazionalità opposta: ufficialmente Mkhitaryan potrebbe entrare in territorio azero, ma la situazione comunque molto delicata ha spinto il giocatore stesso a decidere di rimanere a casa.
“È stata una decisione personale, per questi motivi non è qui”, ha spiegato l’allenatore dell’Arsenal Unai Emery prima della partita contro il Qarabag. Anche l’allenatore degli azeri ha voluto dire la sua, spiegando come il calciatore non abbia alcun divieto nell’entrare in Azerbaigian, ma corra solo il rischio di una pesante contestazione.
Non è la prima volta che Mkhitaryan si trova costretto a saltare una trasferta in Azerbaigian: gli era già capitato nel 2015, quando con il Borussia Dortmund non aveva giocato contro il Qabala. Rischia di non essere nemmeno l’ultima: il problema potrebbe ripresentarsi a maggio, quando l’Arsenal spera di ritornare in terra azera per giocare la finale di Europa League, che si terrà proprio a Baku. da http://www.goal.com

mercoledì 3 ottobre 2018

ARTICOLO. Herbert Chapman, colui che fece grandi i Gunners

«Kiveton Park può vantarsi di aver avuto due rivoluzioni: una industriale, l’altra sportiva». A Patrick Barclay, scrittore inglese che si occupa di sport, piacciono le biografie. Ha scritto di Ferguson, ha scritto di Mourinho. E questa frase, a proposito dell’anonima località sita nel cuore dell’Inghilterra, Kiveton Park, a 217 chilometri da Londra, non può essere certo smentita. Perchè? Non ho fatto i conti esatti e sarebbe bello poterlo appurare, ma se dovessi stilare una classifica delle cittadine più prolifiche in quanto a personalità legate al mondo del calcio, Kiveton sarebbe certamente ai primi posti.

Il personaggio del quale tesserò la storia in queste righe, viene da lì. Aveva un fratello, di nome Harry, ma questo nessun tifoso dell’Arsenal credo se lo ricordi. Perchè se andate dalle parti di Islington, Londra Nord, e magari costeggiate ciò che è rimasto in piedi della East Stand, la grande facciata bianca dietro cui oggi si cela non più l’erba verde di Highbury ma un silenzioso e recintato giardino residenziale, e provate a chiedere di un certo Chapman, il vostro interlocutore non potrà che conoscere soltanto il signor Herbert, nato in quella fucina di calciofili il 19 gennaio del 1878. Sì, sono passati giusto un po’ di decenni, ma non preoccupatevi: se l’interlocutore di cui sopra ha messo piede almeno una volta ad Highbury, l’ex stadio dell’Arsenal che sorgeva dove ora le sue tribune sono diventate condomini, non potrà non conoscere colui che se non fosse esistito, non avrebbe nemmeno reso possibile a quel tifoso anche solo di indossare una sciarpa biancorossa. Il fratello Harry, a cui accennavo, nato dodici mesi dopo di lui e morto giovanissimo a soli 37 anni per una tubercolosi, è stato per lungo tempo un giocatore dello Sheffield Wednesday col quale ha collezionato 269 presenze.
Ma come detto, Kiveton Park ha dato i natali anche a Bert Morley, difensore che per pochi anni a inizio secolo ha militato nel Grimsby e nel Notts County, Leslie Hofton, Manchester United o Walter Wigmore, un altro pioniere del football a cavallo fra l’ottocento e il novecento che ha collezionato più di 400 presenze in Football League con vari club. Di tutti questi però, Herber Chapman è il cittadino più rappresentativo di Kiveton. A lui si deve l’invenzione del Sistema, un modulo di gioco che fece scuola anche in Italia, e una serie di innovazioni e cambiamenti che dal 1925 al 1934, il periodo della sua carriera di allenatore dell’Arsenal, hanno trasformato per sempre il corso delle cose dalle parti di Londra Nord.
Anche se negli ultimi anni i Gunners sono stati bersaglio di parecchi sfottò per aver prodotto certamente un buon gioco e tantissimi talenti senza mai essere riusciti però, sotto la gestione Wenger, a vincere un solo trofeo europeo, nulla può scalfire l’aurea di storia e tradizione che circonda il club. Personalmente, sono molto legato a un film che tutti conoscerete, ossia Febbre a 90, tratto dal celebre romanzo di Nick Hornby. Ecco, avete presente la scena in cui padre e figlio si allontanano da Highbury subito dopo la fine di un match? Laggiù sul fondo potrete scorgere la grande insegna UNDERGROUND, e la stazione di riferimento, “Arsenal”. Da folle amante di quella pellicola, non ho potuto che ripercorrere in un paio di occasioni quel tragitto che dallo stadio alla metropolitana, e non potevo esimermi dal pensare che l’undici di Wenger è l’unica squadra di Londra ad avere intitolata una fermata della “Tube”. E il merito di chi fu? Di Chapman naturalmente, che oltre a fare grande l’Arsenal sul campo, decise che il vecchio nome “Gillespie Road” non era più cosa, e che tutti, soprattutto gli avversari, dovevano capire chiaramente che da quelle parti si entrava in territorio Gunners.
Impose una ferrea disciplina alla squadra ma non lesinava di parlare individualmente con i propri calciatori per ottenere una maggior chiarezza generale. Era manager e psicologo, di una squadra che aveva preso povera di successi (l’Arsenal, fondato nel 1886 non aveva ancora vinto nessun campionato quando Chapman ne diventò allenatore) e che in pochi anni condusse alla vetta del calcio inglese. Le referenze di Chapman d’altronde parlavano da sole: dopo aver portato il Leeds al miglior risultato della sua storia sino a quel momento, il quarto posto in seconda divisione, riuscì a dare all’Huddersfield due titoli e una FA Cup. Chapman apparse subito agli occhi del calcio inglese come un innovatore, un visionario, un allenatore tutto d’un pezzo che sapeva il fatto suo e aveva sconvolto gli equilibri del football d’oltremanica con le sue spiccate doti manageriali.
L’Arsenal non se lo fa scappare e lo ingaggia con la promessa reciproca di far diventare una formazione sinora povera di successi in una grande compagine temuta e rispettata. Ma in cosa consisteva il Sistema? Quando nel 1925 fu variata la regola del fuorigioco, che portò da tre a due i giocatori che l’attaccante avversario doveva trovarsi davanti al momento del passaggio del compagno per essere giudicato in posizione regolare, si avvertì il bisogno di infoltire la difesa. Così, nacque la figura dello stopper: il centromediano veniva arretrato sulla linea difensiva con compiti di marcatura, e i terzini andavano a premere sulle ali avversarie. Chapman sdoganò una sorta di 3-2-2-3, e se facciamo il giochino di disporre i puntini su un foglio e poi unirli come si usa nei giochi enigmistici, otterremmo un WM. Era un modulo e una tattica di gioco che privilegiava i duelli individuali per cui era indispensabile avere giocatori di qualità in squadra. Adottato dal Grande Torino in Italia, fece le fortune dei granata prima che il destino e Superga si mettessero di traverso.
Herbert Chapman fu uno degli allenatori più pagati dell’epoca, ben 2.000 sterline l’anno, briciole in confronto agli stipendi di oggi, ma un bel gruzzolo allora. David Jack, Alex James, Cliff Bastin, quest’ultimo solo sedicenne, sono soltanto alcuni dei nomi di quei pezzi da novanta che andarono a rimpolpare la rosa dell’Arsenal e la resero finalmente una formazione competitiva. Tuttavia, anche i migliori risultati vanno ottenuti con grande pazienza, pertanto solo nella stagione 1929-30, mentre in Italia inizia il primo campionato a girone unico come lo conosciamo oggi, i Gunners centrano il primo titolo: la FA Cup sollevata il 26 aprile del ’30 proprio contro l’ex formazione condotta da Chapman, l’Huddersfield, battuto a Wembley dai gol di James e Lambert. É solo l’inizio di una pioggia di trofei che si abbatterà sul Nord di Londra: nel 1931 arriva il primo titolo inglese, vinto staccando Aston Villa e Sheffield Wednesday, nella stagione in cui il Manchester United retrocede in seconda divisione. Sì, avete capito bene…
Curiosamente, quando l’Arsenal e Chapman fanno il bis nel 1933, il secondo e il terzo posto spetta ancora alle medesime avversarie, i Villans e ancora il Wednesday. La Coppa dei Campioni era ancora lontana a venire, e salgono i rimpianti se pensiamo a quegli anni immediatamente precedenti alla Seconda Guerra Mondiale, quando sarebbe stato davvero fantastico ammirare una partita europea tra quell’Arsenal e la Juventus dei cinque scudetti consecutivi, o se ad Highbury fosse calato l’Athletic Bilbao, vincitore anch’esso in quegli anni dei suoi primi due titoli. La felice parabola del manager dello Yorkshire, finisce nel peggior modo possibile: un malanno trascurato si tramuta in una polmonite che non gli lascia scampo quando è ancora alla guida dell’Arsenal, all’inizio del 1934. Aveva soltanto 55 anni. Forse il destino calcistico di Herbert era già scritto in famiglia: era figlio di un minatore, che lavorava duro, così come lui fece con i suoi giocatori. E soprattutto, aveva molti fratelli. Quanti erano in tutto i figli di padre John? Undici. Se passate da Highbury o scegliete di perdervi nel tour guidato dell’Emirates Stadium (dove troverete la sua statua all’esterno e un busto del suo volto all’interno), il nuovo impianto dei Gunners dal 2006, guardatevi intorno: tutto ciò che vedrete vi parlerà di Herbert Chapman che trovò il Sistema di far diventare grande un piccolo club.
di Stefano Ravaglia, da lasettimanasportiva.com