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martedì 14 febbraio 2023

HISTORY - L’Arsenal di Wenger era un covo di bevitori mostruosi: “Ordinammo 35 birre, 7 per ciascuno”.

Svelata la storia del ‘Tuesday Club’, le serate in cui i calciatori del grande Arsenal di Arsene Wenger bevevano come spugne. E tuttavia si scandalizzavano se vedevano un compagno fumare una sigaretta: “Come faremo a vincere?”.

L'Arsenal degli Invincibili di Arsene Wenger è la formazione passata alla storia nella stagione 2003/04 per aver vinto la Premier League senza perdere neanche una partita. Ma i Gunners allenati dal tecnico francese già avevano trionfato in campionato due volte negli anni precedenti e in entrambe le occasioni (1998 e 2002) in rosa c'era un connazionale di Wenger, il duttile difensore e centrocampista Gilles Grimandi. Non un titolarissimo, ma un elemento importante di quella squadra (165 presenze totali in cinque anni di militanza).

Arrivato dal Monaco campione di Francia nel 1997, l'allora 26enne vinse subito il double Premier-FA Cup, centrandolo anche quattro anni dopo. Quello era uno squadrone, con gente come Vieira, Bergkamp, Henry, ma lo zoccolo duro era composto da calciatori inglesi che avevano una caratteristica: erano tutti bevitori da competizione mondiale. Sono noti i problemi di alcolismo del capitano Tony Adams, raccontati poi da lui stresso, ma anche altri non scherzavano quando si trattava di mandare giù pinte su pinte.
Nei suoi primi anni all'Arsenal, Grimandi decise di far parte del cosiddetto ‘Tuesday Club', un'uscita serale organizzata il martedì dai giocatori. Il club in questione prevedeva sessioni di bevute pesanti con presenze abituali del calibro di Adams, Lee Dixon, Paul Merson e Ray Parlour, tra gli altri. Un giorno dunque anche il difensore francese volle unirsi alla festa, uscendo decisamente sconvolto da quell'esperienza.

"Stavo solo iniziando a parlare inglese, ma mi piace la buona compagnia, quindi volevo andare con loro – ha detto Grimandi, ricordando i bei tempi andati al Sun – Sono andato un giorno e ho incontrato molti grandi bevitori. Poco dopo ho detto a Ray: ‘Devo andare a casa o morirò!'. Lui si è messo a ridere. Ero molto sorpreso. Un altro giorno, un giocatore francese della squadra stava fumando ed i giocatori inglesi erano scioccati. Eppure il giorno prima erano completamente ubriachi e per loro non è stato scioccante! Avevamo approcci molto diversi al bere e al fumo…".

Lo stesso Parlour dal canto suo ha fatto un racconto simile, che spiega bene com'era la situazione ‘alcolica' di quell'Arsenal e come fosse ritenuta normale da tutti: "Posso raccontare una storia sul periodo in cui siamo andati in tour con Arsene Wenger nel 1997/98 – ha detto l'ex centrocampista inglese a talkSPORT – Era la sua prima vera stagione e alla fine abbiamo vinto il Double. Andiamo in tour precampionato e non abbiamo bevuto per 14 giorni. Immaginate i ragazzi britannici, eravamo imbavagliati. L'ultimo giorno abbiamo avuto un incontro e Wenger ha detto: ‘Siete stati eccezionali, potete fare quello che volete stasera'. Avevamo già visto il pub in cui saremmo andati".

"C'erano circa cinque di noi che avevano visto questo pub e non vedevano l'ora – ha continuato Parlour – Poco prima di lasciare l'hotel, Grimandi, uno dei francesi, ha detto: ‘Posso uscire con voi ragazzi?'. Gli ho detto: ‘Gilles, vieni con noi, ti divertirai molto di più'. So cosa avrebbero fatto quella sera i francesi, sarebbero andati al bar a parlare di calcio. Ho detto: ‘No, no, Gilles, andiamo al pub e ci divertiamo'. Quindi è venuto con noi. Steve Bould era il più grande bevitore di tutti.. era sempre in prima fila! Era al bar e ha detto: ‘Ciao Gilles, cosa vuoi bere?'. Ha detto: Posso avere un bicchierino di vino?'. Così Steve va dal barista e gli dice: ‘Posso avere 35 boccali di birra e un bicchierino di vino bianco?'. Ne avevamo sette per ciascuno. Gilles era tipo: ‘Come potete bere così tanto e correre in campo?'. Usciamo da questo bar dopo sette pinte veloci e andiamo in un altro bar. E tutti i ragazzi francesi erano al bar a fumare! Ho pensato: ‘Come faremo a vincere il campionato quest'anno quando siamo tutti ubriachi e loro fumano?'. E abbiamo finito per vincere il Double!". da https://www.fanpage.it

sabato 14 dicembre 2019

Arsenal, il ricordo di Lehmann: "Invincibili, ma litigavamo ogni giorno"

Jens Lehmann tra i pali, protetto da una linea difensiva formata da Lauren, Kolo Touré, Sol Campbell e Ashley Cole. Patrick Vieira e Gilberto Silva in mediana, all'ala Freddie Ljungberg a destra e Robert Pires a sinistra. In attacco Dennis Bergkamp e Thierry Henry, in panchina Arsene Wenger e talenti come Parlour, Edu, Wiltord e Reyes. Era questa la formazione dell'Arsenal degli "Invincibili", la squadra capace di scrivere la storia dominando l'edizione 2003/2004 della Premier League senza perdere una sola gara.

Un'impresa riuscita in precedenza soltanto al Preston North End, che però la realizzò nella prima edizione del campionato inglese datata 1888/1889, un torneo durato appena 4 mesi per un totale di 22 giornate. Con tutto il rispetto possibile, assolutamente un altro calcio rispetto a quello giocato nella patria del football all'inizio del XXI secolo. L'Arsenal degli Invincibili fu un piccolo grande capolavoro, una squadra sulla carta forte ma non imbattibile che riuscì a volare sulla concorrenza grazie al perfetto incastro dei numerosi componenti tecnici, atletici e umani presenti. Chi ha sempre pensato che uno dei segreti di quella squadra meravigliosa fosse uno spogliatoio unito, però, dovrà ricredersi dopo le confessioni di Jens Lehmann, portiere tedesco che proprio nell'estate precedente a quell'indimenticabile campionato arrivò dal Borussia Dortmund per sostituire l'iconico David Seaman. Punto fermo di quella squadra, l'estremo difensore - transitato in precedenza anche dal Milan - ha raccontato in un'intervista a The Athletic che in realtà l'aria che si respirava all'interno del gruppo fosse spesso incandescente. In una carriera durata più di vent'anni, Jens Lehmann ha collezionato oltre 800 presenze tra club e Nazionale. All'attivo anche due gol, realizzati ai tempi dello Schalke, uno su calcio di rigore e uno con un'incursione su corner ai danni del Borussia Dortmund, sua futura squadra. Per ben 10 stagioni pilastro dello Schalke 04, club in cui si è affermato e con cui ha vinto la Coppa UEFA 1996/1997 ai danni dell'Inter guidata da Roy Hodgson, Lehmann decide di mettersi alla prova oltre confine alla soglia dei trent'anni, nel 1998, anno in cui si trasferisce al Milan. Quella della Serie A è però un'esperienza disastrosa, che dura lo spazio di appena 6 mesi e di un pugno di partite, sufficienti però a sancire il suo ritorno in Germania al Borussia Dortmund. Frettolosamente bollato come "bidone", sarà capace di rifarsi prima al Borussia Dortmund e poi all'Arsenal, club con cui riesce finalmente a conquistare un posto da titolare fisso in Nazionale dopo essere vissuto a lungo all'ombra di Oliver Kahn. C'è lui tra i pali della Germania nei Mondiali casalinghi del 2006, c'è sempre lui a difendere la porta dell'Arsenal per 4 stagioni, prima di essere scavalcato dallo spagnolo Almunia. Chiude la carriera nello Stoccarda, anche se l'ultima gara la giocherà con l'Arsenal il 13 marzo 2011, a 42 anni, portiere d'emergenza per i Gunners che hanno perso per infortunio Fabianski e Szczesny nella vittoria per 3-1 sul campo del Blackpool. 200 presenze con il club londinese, Lehmann ha ricordi particolarmente piacevoli del suo periodo in Premier e non solo racconta di come nello spogliatoio non tutti andassero d'amore e d'accordo, ma lascia intendere che forse anche questo sia stato alla base del successo degli "Invincibili": da https://www.foxsports.it

venerdì 14 settembre 2018

ARTICOLO. Gallas: "Senderos soffriva di attacchi di panico quando affrontava Drogba"

Didier Drogba è, senza dubbio, uno dei più forti centravanti dell'epoca moderna. In carriera ha realizzato oltre 300 gol, più della metà delle quali con la maglia del Chelsea. Ai tempi dei Blues una delle sue vittime preferite era l'Arsenal, la rivale cittadina, affondata sotto i colpi dell'ivoriano ben 13 volte in 15 confronti diretti. Normale, quindi, che ogni volta che il derby era in programma ci fosse un po' di timore da parte dei difensori dei Gunners. A subire particolarmente la forza dell'attaccante 40enne e la sua vena realizzativa era Philippe Senderos, svizzero ammirato anche in Italia tra le file del Milan, e attualmente protagonista in MLS con la Houston Dynamo. Pare infatti che il centrale elvetico soffrisse di attacchi di panico ogni volta che affrontava Drogba, come rivelato da William Gallas, ex difensore di entrambe le formazioni inglesi. "Conoscevo Philippe e prima di una partita aveva bisogno di parlare molto. Si vedeva che sudava freddo e non si sentiva bene - ha raccontato il francese ai microfoni di RMC -. Gli succedeva con alcuni giocatori e soprattutto contro Drogba. Era talmente impanicato che sembrava stesse già giocando il match prima ancora di scendere in campo. Sfortunatamente le sue paure si riflettevano poi durante la partita. Contro Didier perdeva tutte le sue abilità ma, stranamente, giocava molto meglio contro gli altri avversari".
Una delle partite in cui Senderos ebbe gli incubi, e a cui fa riferimento Galles, è la finale della Coppa di Lega del 2007 dove, al Milleniam Stadium, proprio una doppietta dell'attaccante ivoriano decise il 2-1 a favore del Chelsea, con l'ex difensore rossonero che fu incapace di contenere la sua furia agonistica. Per sua fortuna lo scontro in MLS non potrà esserci, visto che Drogba e i suoi Phoenix Rising fanno parte della serie inferiore, la USL. Ciò gli consentirà di dormire sonni tranquilli.
da https://sport.sky.it

mercoledì 29 marzo 2017

ARTICOLO. Igors Stepanovs: il giocatore acquistato dall’Arsenal per uno scherzo

Nel sommerso del mondo del pallone ci sono storie all’apparenza inspiegabili, delle quali molto probabilmente non verremo mai a conoscenza, salvo circostanze particolari.
Quanti di voi, per esempio, vedendo giocare per la propria squadra un calciatore sconosciuto, magari goffo e impacciato, si sono domandati come abbia fatto ad essere ingaggiato? Tanti, sicuramente.
Ecco per molti questo rimarrà un enigma irrisolto, non per tutti. Qualche volta si ha la fortuna che un calciatore, magari compagno di squadra di quella “meteora, una volta appesi gli scarpini al chiodo, decida di raccontare le circostanze che hanno portato all’ingaggio di quello che tutti, sotto sotto, sapevamo non fosse stato acquistato per meriti sportivi.
E’ questo il caso di Igors Stepanovs, giocatore lettone acquistato dall’Arsenal nel 2000 e rimasto sino al 2003, ricordato quasi unanimemente dagli addetti al lavori come il peggior acquisto dell’epoca Arsene Wenger, ancora in corso.
Ecco, ma come è arrivato Stepanovs, difensore centrale di 192 centimetri, a strappare un contratto quadriennale con i Gunners?

Ce lo racconta nella sua autobiografia Ray Parlour, leggendario centrocampista inglese che ha militato nell’Arsenal per ben 15 stagioni, da quando ha iniziato nelle giovanili nel 1989 fino al 2004.

Per comprendere questa storia è doveroso fare però una premessa: all’epoca uno dei due difensori centrali, insieme a Tony Adams, era Martin Keown, centrale fantastico ma con un carattere molto particolare. Martin, a detta di Parlour, non accettava il fatto di essere messo in discussione, soffriva particolarmente la concorrenza di altri giocatori nel suo ruolo.
Ecco che l’arrivo in prova di Igors Stepanovs non era stato visto certamente di buon occhio da Keown, al quale Ray e altri suoi compagni, tra cui Dennis Bergkamp, decidono di fare uno scherzo.
Se fosse venuto qualsiasi giocatore nel suo ruolo Martin avrebbe detto che sarebbe stato inutile, e così è stato anche con Igors, che per la verità era veramente molto sotto i nostri standard dell’epoca
Inizia la partitella di allenamento e ad ogni intervento di Stepanovs si alzano grida di approvazione: “gran colpo di testa”, urla Dennis Bergkamp, seduto di fianco ad Arsene Wenger, a cui fa eco “tackle incredibile”, da parte di Ray Parlour.
In realtà il provino non procede affatto bene, tra chiusure sbagliate ed interventi maldestri, che però vengono accuratamente passati sotto silenzio dall’allegra combriccola e fatti notare dal solo Keown.
La sera stessa del provino tutti i giocatori escono a cena, tranne ovviamente Stepanovs che non fa ancora parte formalmente della squadra. Tra le risate generali Bergkamp e Parlour spiegano dello scherzo, troppo invitante una preda come Keown che abbocca all’amo così facilmente.
Dopo qualche pinta tornano tutti a casa per presentarsi in condizioni decenti il giorno successivo all’allenamento. Arrivati al campo ecco la sorpresa: Igors è là, seduto e beato, già pronto per iniziare la seduta.

“Cosa diavolo ci fa qui”? domanda un sorpreso Parlour, a cui il lettone risponde “Mi hanno acquistato, 4 anni di contratto“.

Incredibile. Arsene non si era accorto che volevamo solo prendere in giro Martin. Ha sentito solamente i nostri elogi verso Igors, inoltre se Dennis diceva qualcosa riguardo ad un giocatore Arsene lo avrebbe tenuto in grandissima considerazione, e così lo ha firmato. Pensava che a quella cifra, 1 miliardo circa, sarebbe stato un affare.
In realtà, senza mancare di rispetto a nessuno delle serie inferiori, Igors era ad un livello molto basso. Era come se avessi portato mio fratello all’allenamento.
In realtà la carriera di Stepanovs con la maglia dei Gunners comincia sotto i migliori auspici, con un gol in Coppa di Lega, che sfortunatamente per lui rimarrà anche l’unico in 17 presenze totali in tre anni. Il problema è che sta per arrivare anche uno dei momenti più bui della carriera del difensore: Febbraio 2001 l’Arsenal deve andare ad Old Trafford a sfidare lo United in una partita che, se persa, vorrebbe dire addio definitivo ai sogni di gloria.
La difesa è ridotta ai minimi termini: indisponibili entrambi i difensori centrali titolari tocca ad Igors Stepanovs completare una difesa da brividi, in senso negativo, formata da Luzhny, Grimandi e Ashley Cole.
All’intervallo il risultato è impietoso: 5-1 per i Red Devils con Dwight Yorke che fa letteralmente a pezzi la retroguardia dei Gunners.
L’Old Trafford ha un tunnel molto lungo, che ho percorso di fianco a York per rientrare negli spogliatoi. Ad un certo punto vedo che si volta e mi dice “Ma dove lo avete raccattato quel difensore”? , al che gli rispondo “Senti, è una lunga storia”.
Siamo entrati nello spogliatoio e Wenger stava dando di matto, un ruolo che non gli si addice era la prima volta che lo vedevo in quelle condizioni. Mi scappava disperatamente da ridere tanto era inusuale la situazione. Ho visto con la coda dell’occhio Pat Rice che mi guardava con un’espressione che sembrava dire: “Non ridere. Fai qualsiasi cosa ma non ridere” La partita terminerà con il risultato di 6-1, un’umiliazione per la quale Igors verrà considerato, probabilmente a ragione, uno dei maggiori responsabili fino a non vedere quasi mai più il campo.
Una storia talmente surreale da sembrare inventata, nonostante venga confermata anche nella biografia di Dennis Bergkamp, che ci ricorda che anche nel calcio dei professionisti possono succedere cose impensabili, la cui spiegazione, se non raccontata dai diretti interessati, sarebbe perfino difficile da immaginare.
Se amiamo il calcio, oltre che per le giocate e le emozioni che regala, è anche per storie come questa. da http://www.delinquentidelpallone.it

mercoledì 1 giugno 2011

Tony, capitano nell'anima

Tony Adams

Il calcio, e lo sport in generale, non è fatto solo di gesti atletici, giocate strabilianti, reti, tabellini e statistiche, il calcio è fatto anche di grandi gesti; e sono i grandi gesti che rimangono nell’immaginario collettivo. Tony Adams nasce il 10 ottobre 1966 nei sobborghi di una swingin London ancora ebbra della vittoria dei “Tre leoni” nel mondiale giocato pochi mesi prima. Nel destino del ragazzo ci sarà una sola squadra, l’Arsenal, di cui lui sarà il capitano coraggioso, l’assoluta bandiera ed il traghettatore del “Boring Arsenal” di Taylor che con il suo contributo si trasformerà nell’Arsenal champagne di Wenger. Tuttavia l’immagine che ho impressa a fuoco nella mente non riguarda il Tony Adams gooner, non riguarda un suo successo, non riguarda neanche la sua proverbiale grinta, riguarda bensì un suo magnifico gesto. Inghilterra, estate 1996: al grido di “Football is coming home” nel paese della sterlina si giocano i Campionati Europei di calcio. La nazionale inglese è circondata da un fondato ottimismo che fa pensare a tutti che i “bianchi” possano finalmente mettere le mani sul trofeo continentale. La squadra è ricca di fuoriclasse e di giocatori allo zenith della loro carriera; come non essere ottimisti quando nel team hai gente come Seaman, Gascoigne, Platt, Pearce, Adams, Sheringam, e Shearer (the one and the only). La campagna europea degli inglesi parte in sordina con un pareggio di 1-1 con la Turchia, gol di Shearer (ma che lo dico a fare). Seguirà una vittoria sulla fiera Scozia 2-0 (Shearer e Gascoigne) ed infine un netto successo sull’Olanda per 4-1 (Shearer 2, Sheringam 2). L’Inghilterra vince e convince e termina al primo posto del suo girone. La stampa inglese euforica si esalta come raramente capita e probabilmente mette un pò di pressione alla squadra, comunque il successo sembra scritto nel destino quando nei quarti una Inghilterra in tono minore supera ai rigori la Spagna. Tra gli inglesi e la finale ora ci sono solo i tedeschi, sempre i soliti tedeschi, che non producono calcio spettacolo, ma alla fine sono sempre lì, ad un passo dal paradiso.Ricordo un memorabile titolo di un giornale (credo il Sun) che in previsione della sfida con la Germania, riesumava lo spirito combattivo della seconda guerra mondiale e sbatteva in prima pagina Gascoigne e Pearce con l’elmetto titolando “Let’s blitz the fritz”.Arriva il fatidico giorno, 26 giugno 1996; nella semifinale l’Inghilterra parte a spron battuto, 3 minuti e Shearer (come sempre) porta i suoi in vantaggio; al quarto d’ora però il vecchio Kuntz pareggia i conti, 1-1 e palla al centro. Per tutta la gara, supplementari inclusi, è l’Inghilterra che gioca il calcio migliore e Gazza in spaccata manca il golden gol per un centimetro; si va ai rigori, come sei anni prima quando a Torino, nella semifinale mondiale, Pearce scagliò il pallone a Superga. Shearer, Platt, Pearce (che memore dell’errore fatto ad Italia90 calciò un pallone che pesava un quintale), Gascoigne e Sheringam segnano per l’Inghilterra, replicano però con fredda precisione per al Germania Hassler, Strunz, Reuter, Ziege e Kuntz! Si va ad oltranza.Wembley trattiene il fiato; sulla palla per gli inglesi si porta Gareth Southgate, centrale del Villa con ottime referenze; tira, ma Kopke para! Gelo nello stadio. Per i tedeschi va al tiro Moller, rete! Wembley ammutolisce, i tedeschi urlano e cantano la loro gioia e Southgate sprofonda in un pianto dirotto inginocchiandosi a terra.Cosa può fare in quei momenti un “capitano nell’anima”? Pur con il morale a pezzi Tony Adams rimette in piedi Southgate, se lo carica sulle spalle e lo porta a raccogliere l’applauso del pubblico inglese, sofferente ma fiero come non mai. Adams nella sua biografia racconterà che in quel momento era un uomo distrutto; annegherà poi da solo la sconfitta nella birra, ma nonostante tutto trovò il modo di confortare il compagno tramortito dal peso di aver fallito un appuntamento con la storia. Grandissimo Tony, capitano senza fascia al braccio (all’epoca la vestiva con orgoglio Shearer), simbolo del calcio inglese che ancora una volta era arrivato vicino alla vittoria e se l’era vista sfuggire.Tony, gigante comprensivo e sensibile, guarda negli occhi tutto lo stadio, è pronto per nuove sfide, sa di essersi battuto al meglio e con lui i suoi compagni, compreso Southgate che gli piange sulle spalle.
di Charlie Del Buono, da https://ukfootballplease2002.blogspot.com - dicembre 2006

martedì 25 agosto 2009

BOOK. "Lontano da Highbury" di Luca Frazzi (Libri dello Sport)

Editore: Libri di Sport
Prezzo: € 10,4
Pagg. : 128
Diario italiano dell’indimenticabile stagione dell’Arsenal 2001-2002 Oggi tifare Arsenal va di moda, più difficile farlo anni fa, quando i Gunners avevano fama di squadra noiosa (il famoso «Boring, Boring Arsenal») e pragmatica fino all’eccesso (ad Highbury si favoleggia ancora della «mitica» linea difensiva Winterburn-Adams-Keown-Dixon»). Ma chi si aspetta il «Febbre a 90’» italiano ha sbagliato indirizzo: Hornby non abita qui. Dalla prima amichevole estiva col Boreham Wood alla finale di FA Cup al Millennium Stadium e il gol di Wyltord (Quel gol di Wyltord), a casa di Ferguson e di Keane, dieci mesi di passione nel diario di un “gooner” confinato a Fidenza, 1.100 chilometri e qualche ora di volo da Islington, Londra nord. Gioie (tante) e dolori (un po’ meno) a costellare un anno vissuto poco pericolosamente. Nervi a parte. (Christian Giordano, "Guerin Sportivo")

mercoledì 8 luglio 2009

BOOK. "Fuori gioco, La mia vita con l'alcol" di Tony Adams (Baldini & Castoldi), 2001

Autore: Tony Adams con Ian Ridley
Casa editrice: Baldini & Castoldi
Anno di pubblicazione: 2001

Uno sportivo con un terribile segreto: Tony Adams, vincitore di scudetti e coppe, giocatore coraggioso e professionista esemplare, è stato per più di dieci anni un alcolista. Non un buon bevitore, ma un uomo afflitto da una pericolosa dipendenza. Anzi, da due, forti e diverse. La prima, la sua passione assoluta per il gioco del calcio, lo ha portato a vincere sui campi più famosi del mondo e a diventare una figura pubblica di successo. La seconda, l'alcolismo, lo ha lentamente minato, allontanato dagli affetti e portato vicino al baratro. Questa bellissima autobiografia racconta di un uomo nudo di fronte alla verità, capace di raccontarsi senza pudori, estremo e dignitoso al tempo stesso. Un uomo che ha toccato il fondo (carcere compreso) ed è stato capace di chiedere aiuto e ricominciare da capo. Una lunga confessione con cui Adams ha guadagnato il rispetto di moltissimi lettori, anche di quelli che con il calcio hanno poca confidenza.

domenica 28 giugno 2009

BOOK. "Le reti di Wembley" di Roberto Gotta (Libri di Sport), 2003

Viaggio nostalgico nella Londra del calcio.
Una passeggiata per gli stadi di Londra, alla ricerca di aneddoti, ricordi, piccole storie, sensazioni, il tutto in rigorosa disordine, come se si fosse a tavola con amici appassionati di calcio inglese e sorgessero in continuazione curiosità e domande senza regola e senza criterio. Da Wembley e le sue reti accoglienti ad Underhill, dalle maglie del West Ham al Subbuteo, da Willie Young ad un passata che nel ricordo viene visto sempre migliore e più romantico di quanta non fosse, ma che ha il merita di essere, perlomeno, lontano dall'apparente caos e dalla mercitìcaziane di oggi. Un capitolo per ogni squadra ed ogni stadio di Londra, tra quelli della Premiership e della Football League, nomi dimenticati e prospettive inedite.

Prezzo € 13,00
Dati 2003, 138 p., brossura
Curatore Giordano C.
Editore Libri di Sport (collana Storie di sport)

Riproponiamo la recensione dell'oramai datato libro di Roberto Gotta sulle squadre di Londra, un vero e proprio must per tutti gli appassionati di calcio inglese.. guai a non averlo.

LE RETI DI WEMBLEY di Roberto GottaQuando all’inizio di Agosto mio fratello Filippo, conoscendo la mia “passionaccia” per l’editoria calcistica, mi ha fatto avere una copia fresca di stampa di ‘le reti di Wembley’, ho avuto un attimo d’incertezza. Il fatto è che sono un fondamentalista in materia ed ho sempre pensato che un buon libro sul calcio d’oltremanica lo debba scrivere un suddito di sua maestà la Regina così come sul calcio di casa nostra lo debba scrivere un paisà! Però, che diamine, la passione vera e la competenza straordinaria sul calcio inglese di Roberto Gotta mi erano note da tempo: basta leggere i suoi articoli su Calcio Gold o quelle chicche che ha regalato a tutti noi di ‘football please’ nei numeri precedenti. Mi sono così immerso nella lettura ed il feeling è stato immediato. Roberto ha iniziato ad emozionarsi per il Football (la maiuscola non è casuale!!) più o meno nello stesso periodo e nella stessa maniera in cui è successo a me: la caccia spasmodica ad ogni più piccolo frammento che riconducesse a quel calcio (dalla goduria nello sfogliare una copia di ‘Match’ o ‘Shoot’ ai tre minuti di cronaca sulla televisione svizzera-italiana, dalle pagine sul calcio internazionale del Guerin al mitico BBC world service..) è la stessa che ho provato io, solo che io non sarei stato così bravo nel metterla nero su bianco. Il viaggio attraverso ‘le reti di Wembley’ si apre spiegando proprio le ragioni del perché questo libro, del perché questo titolo. Successivamente, nei vari capitoli vengono passate in rassegna tutti i club professionistici della capitale e il mondo che li circonda visti con gli occhi di Roberto. Si parte dal Leyton Orient per arrivare al Watford...(i puntini, come nel testo originale, indicano che c’è dell’altro..): per ciascuno di essi, l’autore riesce a mixare in maniera tremendamente efficace quelle che sono state, e sono tuttora, le sue sensazioni nel vivere quei luoghi magici a cenni storici e di costume.
La descrizione dell’ambiente che circonda (o in molti casi, purtroppo, circondava) i vari stadi, dalle strade ai pub, dalla gente al senso di appartenenza che la gente ha per il proprio club, è fatta talmente bene che sembra di viverla in prima persona anche a chi ha solo sognato di poterci essere. Si capisce ben presto che l’intento principale di Roberto non sia stato solo quello di scrivere, o meglio riscrivere, ‘Football in London’ del più volte citato David Prole, ma un vero e proprio atto d’amore verso questa immensa metropoli e tutte le mille sfaccettature che la legano al Football. Un amore che, come ammette lo stesso autore, rimane malgrado gli stadi che vengono abbattuti, le domestic cups sponsorizzate e con i calci di rigore, la televisione che stravolge i calendari, i magnati russi e chi più ne ha più ne metta. Per concludere 140 pagine da leggere, gustare, lasciandosi trasportare nelle magiche atmosfere così minuziosamente descritte. Edito da ‘Libri di Sport’, con prefazione di Massimo Marianella, può essere facilmente acquistato consultando il sito Libri di Sport.
di Riccardo Rossi, da UKFP n° 4 - settembre 2004

mercoledì 26 marzo 2008

2009/10

Manager. Arsene Wenger

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Premier League: 3° place
FA Cup: 4th round
League Cup: 5th round
Champions League: Quarted final

martedì 25 marzo 2008

2008/09

Manager. Arsene Wenger

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Premier League: 4° place
FA Cup: Semifinal vs Chelsea
League Cup: 5th round
Champions League: Semifinal vs Manchester United

lunedì 24 marzo 2008

2007/08

Manager. Arsene Wenger

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Premier League: 3° place
FA Cup: 5th round
League Cup: Semifinal vs Tottenham Hotspur
Champions League: Quarted final

domenica 23 marzo 2008

2006/07

Manager. Arsene Wenger

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Premier League: 4° place
FA Cup: 5th round
League Cup: Final vs Chelsea
Champions League: round of 16

sabato 22 marzo 2008

2005/06

Manager. Arsene Wenger

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Premier League: 3° place
FA Cup: 4th round
League Cup: Semifinal vs Wigan Athletic
Community Shield: Final vs Chelsea
Champions League: Final vs Barcelona

venerdì 21 marzo 2008

2004/05

Manager. Arsene Wenger

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Premier League: 2* place
FA Cup: Winners vs Manchester United
League Cup: 5th round
Community Shield: Winners vs Manchester United
Champions League: Round of 16

giovedì 20 marzo 2008

2003/04

Manager. Arsene Wenger

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Premier League: Champions!
FA Cup: Semifinal vs Manchester United
League Cup: Semifinal vs Middlesbrough
Community Shield: Final vs Manchester United
Champions League: Quarted final

mercoledì 19 marzo 2008

2002/03

Manager. Arsene Wenger

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Premier League: 2° place
FA Cup: Winners vs Southampton
League Cup: 3th round
Community Shield: Winners vs Liverpool
Champions League: Second group phase

martedì 18 marzo 2008

2001/02

Manager. Arsene Wenger

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Premier League: Champions!
FA Cup: Winners vs Chelsea
League Cup: 5th round
Champions League: Second group phase

lunedì 17 marzo 2008

2000/01

Manager. Arsene Wenger

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Premier League: 2° place
FA Cup: Final vs Liverpool
League Cup: 3th round
Champions League: Quarted final