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domenica 23 aprile 2023

L’Arsenal ha buttato via la Premier League: dentro il crollo 'orizzontale' di Arteta.

Orizzontale, non verticale. Perché questo Arsenal non perde, ma neanche vince da tre settimane a questa parte. Va in vantaggio, gioca bene, ma poi si fa rimontare, oppure come stasera rimonta ma non fino in fondo, e perde punti che il Manchester City non rosicchia, ma divora voracemente. E ora siamo davanti a un virtuale e futuribile sorpasso in classifica. Il tecnico Arteta, padrone della Premier League fin dal matchday 1, sta tafazzianamente buttando via tutto.
 Sembrava proprio l’anno buono. L’Arsenal era lanciatissimo verso il ritorno in Paradiso, verso un titolo di campione d’Inghilterra che manca ormai da 19 anni: 50 punti alla fine del girone di andata, una proiezione mostruosa di 100 a fine campionato, Manchester City più o meno comodamente a -6. Il 3-2 al Manchester United a fine gennaio suonava come l’anticipazione della grande festa dalle parti dell’Emirates. Ma qualcosa si è rotto, il Manchester City non ha sbagliato una partita e adesso, dopo il terzo pareggio consecutivo, gli uomini di Guardiola hanno 5 punti e due partite in meno rispetto ai Gunners. Se le vincono entrambe, il sorpasso è servito. Ma potrebbe bastarne anche solo una, perché intanto la gara col Brighton è rinviata per la concomitanza della semifinale di FA Cup contro lo Sheffield United, e il 26 aprile è in programma lo scontro diretto. Se Arteta perde, si ritrova Guardiola a -2 ma a +4 in proiezione.
La prima partita di febbraio contro l’Everton doveva essere la prima di una comoda discesa verso il trionfo: i Toffees avevano appena esonerato Frank Lampard ed erano in crisi nera, ma Sean Dyche all’esordio ha sorpreso l’Arsenal con il gol vittoria di Tarkowski. Poco male, il City il giorno dopo ha perso contro il Tottenham, tuttavia nella giornata seguente è arrivato un pareggio contro il Brentford per 1-1 con contestuale vittoria di Haaland e compagni sull’Aston Villa. Tutto riparato una settimana dopo, con il Nottingham Forest che ha imposto l’1-1 ai Citizens, ma le certezze dell’Arsenal sono state infrante. Infatti le vittorie successive sono arrivate subendo molti gol, e alla metà di marzo Saliba, il leader della difesa, si è fermato per un problema alla schiena. Nel frattempo, ecco l’eliminazione agli ottavi di finale di Europa League per mano dello Sporting di Lisbona ai rigori, con un gol da centrocampo di Gonçalves all’Emirates. Tutto ciò mentre il City continuava a vincere e Haaland a segnare.
Dopo l’infortunio di Saliba, due vittorie per 4-1, contro il Crystal Palace di uno spento Vieira e contro il Leeds che poi è stato devastato 5-1 in casa dallo stesso Crystal Palace, rivitalizzato da Roy Hodgson; quindi le gare contro Liverpool e West Ham, entrambe pareggiate 2-2 subendo la rimonta dal doppio vantaggio. Arteta ha negato che i suoi giocatori stiano sentendo la pressione, ma il 3-3 in rimonta – stavolta da parte dei Gunners – all’ultimo in casa contro il fanalino di coda Southampton sembra suggerire l’esatto contrario. Il Manchester City adesso è lì, e ha tre occasioni (scontro diretto, West Ham il 3 maggio e Brighton a data da destinarsi) per cambiare la capolista della Premier League, che è la stessa dall’inizio del campionato, ad agosto. da https://www.calciomercato.com

martedì 7 settembre 2021

ARTICOLO. Arsenal in crisi da anni: ultimo in Premier League.

Arsenal in crisi da anni. Oggi, i gunners, si ritrovano all’ultimo posto in Premier League. La squadra di Arteta nelle prime tre giornate ha riportato tre sconfitte con Brentford, Chelsea e Manchester City, ma soprattutto non è riuscita a rifilare una rete ai suoi avversari. Da tempo ormai l’Arsenal non rappresenta più l’élite del calcio inglese. Per i tifosi dei gunners, l’ultimo risultato di prestigio è stato il raggiungimento della finale di Europa League nella stagione 2018/19: competizione persa contro i rivali del Chelsea, allora allenati da Maurizio Sarri.
Sono troppi gli errori che la squadra del nord di Londra ha accumulato in questi ultimi anni. E, quest’anno, per la prima volta, dopo 27 anni, i gunners si ritrovano fuori dalle coppe europee. Era dalla stagione 1995/96 che l’Arsenal non partecipava a una competizione continentale. Allora, a seguito di un dodicesimo posto nella Premier League nella stagione 1994/95, i gunners non erano riusciti a qualificarsi per nessuna manifestazione internazionale. Ma, successivamente, l’Arsenal, riuscì sempre a trovare un posto in una rassegna continentale. Per otto anni, dalla stagione 1997/98 alla stagione 2004/05, gli uomini alla guida di Arsène Wenger si stagliarono nelle prime due posizioni della Premier League e, poi, per undici anni, non andarono mai oltre al quarto posto, riuscendo sempre a partecipare alla Champions League. Ora, invece, i tempi sono cambiati e i gunners, dopo l’ottavo posto della scorsa stagione, hanno subito l’onta di restare fuori dall’Europa.
I tifosi dei gunners incolpano la società
Per i fan dell’Arsenal la crisi dei gunners ha un cognome: la famiglia Kroenke. Dicono loro: “la colpa è dei Kroenke. Sia il padre Stan che il figlio Josh se ne fregano dell’Arsenal. Il Presidente, Stan Kroenke, è distante dalla società e il figlio Josh è un vero incompetente che fa solo investire male i soldi al padre!”. Questa stagione 2021/22, l’Arsenal ha spesso ben 166 milioni di euro per comprare giocatori che paiono di livello normale: Nuno Tavares (centrocampista centrale Benfica, 8 mln). Sambi Lokonga (centrale Anderlecht, 17,50 mln di euro). Ben White (centrale di difesa Brighton, 58,50 mln). Martin Odegaard (trequartista Real Madrid, 35 mln). Aaron Ramsdale (portiere Sheffield Utd, 28 mln). Takehiro Tomyasu (difensore Bologna, 18,50). A pensare che in passato l’Arsenal ha avuto fior di giocatori, questi nomi fanno rabbrividire i tifosi dei gunners. In rosa ci sono ancora i Pierre-Emerick Aubemeyang, gli Alexandre Lacazette, Granith Xhaka, ma siamo distanti anni luce dai tempi dei Tony Admas, Martin Keown, Dennis Bergkamp, Freddie Ljungberg, Marc Overmars, Robert Pires, Soul Campbell, David Seaman, Patrick Vieira, Thierry Henry…
La perdita di David Dein, primo allarme per il club del Nord di Londra
Da quando nel 2007, all’Arsenal, è andato via l’ex Vice Presidente David Dein, il club del nord di Londra ha perso la sua bussola. Arsène Wenger, dopo l’uscita di Dein, restò comunque per altre undici stagioni in carica ai gunners, ma il club del nord di Londra non riuscì più a ripercorrere quei fasti di fine, inizio millennio. Da allora più nessun titolo della Premier League, molte apparizioni in Champions, ma a parte la semifinale della stagione 2008/09, più nessun traguardo di rilievo. Era l’Arsenal dei Robin Van Persie, dei Cesc Fàbregas, dei Nasri, Adebayor e Rosický. In quella stagione 2008/09, l’Arsenal diede l’incarico di amministratore delegato ad Ivan Gazidis. L’attuale direttore generale del Milan restò in sella ai gunners fino alla stagione 2018, quando anche Arsène Wenger lasciò la panchina della squadra londinese. La proprietà dell’Arsenal è ben diversa da quella di altri club del calcio inglese, il club è di proprietà di una società madre: l’Arsenal Holdings plc. Storicamente, il club è stata di proprietà dei discendenti delle famiglie Bracewell-Smith e Hill-Wood. Dal 2008 l’Arsenal Holdings pls invece è diventata di proprietà dell’americano Stan Kroenke. da https://sport.periodicodaily.com

sabato 4 settembre 2021

ARTICOLO. Arsenal, storia di un’autodistruzione.

Ci vogliono anni per arrivare al trionfo e ce ne vogliono di più per finire in disgrazia. Guardando l’Arsenal perdere 0-5 contro il Manchester City, viene da pensare ai diversi significati della parola catastrofe: ce n’è uno per definire i terremoti e gli uragani, gli tsunami e le eruzioni vulcaniche, le rovine improvvise e imprevedibili che ci faranno sentire sempre ospiti su questo pianeta; ce n’è un altro che viene invece dalla Poetica aristotelica e che indica la parte di tragedia «dove si risolve, sboccando al tragico compimento, la situazione che forma argomento di ogni singolo dramma». L’Arsenal è una catastrofe, in un senso e pure nell’altro.

Quando Mikel Arteta è stato scelto come nuovo head coach dei Gunners, nessuno avrebbe potuto immaginare che avrebbe trasformato la squadra nella cosa fredda e banale che è adesso. «Fanno sempre questa cosa che noi abbiamo cominciato a chiamare “la ciambella”, questa staffa di cavallo di nulla infinito… non fanno altro che passaggi su passaggi finché il tempo stesso smette di esistere», questa la descrizione che JJ Bull di Tifo e The Athletic ha fatto dell’Arsenal di Arteta in un video intitolato Che cos’ha che non va l’Arsenal? Ma come spesso – sempre – succede nel calcio, in campo si vedono soltanto i sintomi di una malattia che prospera altrove. I tifosi dell’Arsenal la loro spiegazione già ce l’hanno: la colpa è dei Kroenke, del padre Stan e del figlio Josh, il primo presidente distante e disinteressato, il secondo non-executive director messo nel consiglio di amministrazione della società con il mandato di proteggere gli interessi del padre. Interessi del padre che non sono quelli dell’Arsenal, ovviamente: la holding Kroenke Sports & Entertainment ha nel nome le sue priorità. La decisione di unirsi alla Super Lega, presa da Kroenke senior e junior ad aprile, non ha fatto che aggiungere gradi di separazione tra Arsenal e Gooners (il nomignolo con cui si chiamano i tifosi biancorossi) e confermare il disprezzo che i tifosi di mezza Inghilterra provano per le proprietà americane. La Dichiarazione d’Indipendenza, alla fine, è ieri.

L’Arsenal è la squadra europea che ha speso di più nella sessione di calciomercato appena conclusa: 166 milioni di euro per sei acquisti. I Kroenke saranno disinteressati ma non sono spilorci, almeno questo gli va riconosciuto. Nuno Tavares, Sambi Lokonga, Ben White, Martin Odegaard, Aaron Ramsdale e Takehiro Tomiyasu. Fa impressione leggere questi numeri e questi nomi e pensare ai tempi in cui i due consoli che si dividevano il governo della Repubblica dei Gunners bisticciavano sull’ingaggio di Sol Campbell: Arsène Wenger pensava che 140mila sterline alla settimana per il difensore più forte d’Inghilterra, nonché capitano dei nemici del Tottenham, fossero davvero troppi; David Dein, ex-vice presidente dell’Arsenal e uomo fortissimo del calcio inglese tutto, Campbell lo prese. E pure Petit, nonostante Wenger temporeggiasse, come suo solito, anche sull’ingaggio del biondo centrocampista suo connazionale. E pezzo dopo pezzo, nonostante l’ossessione per l’allocazione efficiente delle risorse di quell’economista mancato (per scelta, Wenger la laurea in economia ce l’aveva) che si era scelto come allenatore, costruì l’Arsenal più vincente della storia. Era anche il più adorato. E il più ricordato. La loro, quella di Dein e Wenger, era la stessa opinione divisa in due parti uguali: un’armonia che all’Arsenal non si sente più.

Da quando David Dein ha lasciato l’Arsenal nel 2007, alla fine di una riunione del consiglio di amministrazione della società che meriterebbe un romanzo a parte, i Gunners sono stati inghiottiti dal buco nero che quell’anno, anno dopo anno, si è allargato a partire da dove prima stava il cuore. Prima Dean, poi Wenger e nel mezzo tutti quelli che avevano lavorato con loro per trent’anni: quando il chief executive Ivan Gazidis disse grazie e arrivederci a Steve Rowley, capo degli osservatori scelto da Wenger nel 1996, fu chiaro che dell’Arsenal che era stato fino a quel momento non sarebbe rimasto nulla. «Un re è un re. E ai re cosa si fa? Si decapitano», come dice il professor Barbero. La storia dell’Arsenal si è fermata a quella decapitazione. Alla fine della stagione 2017/2018 Gazidis riuscì a spazzar via un Ancien Régime di cui ormai rimaneva soltanto Wenger, le cui ossessioni e nevrosi avevano ormai preso il sopravvento da un pezzo: senza Dean l’allocazione efficiente delle risorse era diventato il punto, e ormai non riusciva più a stemperare l’amaro nella bocca dei tifosi vantando la migliore Academy d’Inghilterra (“embè?” era la risposta più educata che riceveva quando si azzardava a ricordare questo primato).

In quel momento, per un momento, l’Arsenal sembrava destinato a diventare il club più avveniristico d’Inghilterra e quindi d’Europa: Sven Mislintat, il genio della statistica che aveva rivoluzionato le campagne acquisti del Borussia Dortmund, fu chiamato da Gazidis a sostituire Rowley nella posizione di head of recruitment; Darren Burgess, high performance manager, fu messo a capo dei preparatori atletici; Raul Sanllehi fu scelto come uomo-mercato, certi che tutti i numeri che valesse la pena chiamare fossero scritti a mano nella sua leggendaria agendina nera; Vinai Venkatesham si sarebbe occupato di tutto quello che non era calcio ma serviva a finanziare tutto quello che era calcio; del campo di sarebbe preoccupato uno degli allenatori rampanti dell’epoca, Unai Emery del Siviglia e dell’Europa League. E l’Emirates, con quel prato verde e liscio come il panno di un tavolo da biliardo, sarebbe stato il teatro di questo potente spettacolo diretto da Ivan Gazidis, il nuovo David Dean arrivato a Londra per portare il calcio nuovo, il mondo nuovo: come all’epoca gli piaceva definirlo, «l’approccio continentale». Chi un poco conosce l’Inghilterra, sa che continentale, da quelle parti, non è una parola leggera.Mikel Arteta è arrivato all’Arsenal nel dicembre 2019; da allora, ha guidato i Gunners per 90 partite totali, accumulando 46 vittorie, 18 pareggi e 26 sconfitte.

L’Arsenal che adesso è ultimo in Premier League, che ha perso le prime tre partite della stagione, che ne ha presi cinque dal Manchester City, è quello che resta di una rivoluzione che si è fermata al rotolio delle teste sulla strada. Il primo dicembre del 2018 Gazidis diventa il chief executive del Milan: non spiegherà mai le ragioni della scelta di lasciare l’Arsenal, forse perché non aveva motivo di spiegare la natura della sua professione. Gazidis è un manager, mette a posto aziende scassate: sistemata una, passa all’altra. Probabilmente era convinto di lasciare a Londra un monumento a se stesso: fermo, solido, stabile. Ma, partito lui, il potente spettacolo che doveva essere finisce ancor prima di cominciare: Mislintat lascia circa un anno dopo per tornare in Germania, allo Stoccarda; Emery viene esonerato il 29 novembre del 2019, dopo una sconfitta (proprio) in Europa League, 1-2 contro l’Eintracht Fraconforte; Sanllehi ad agosto del 2020 se ne va a Barcellona. I quattro uomini ai quali era stata affidata la costruzione dell’Arsenal nuovo, spariti due anni dopo aver sparso il sale su una gestione durata trent’anni. Tutte le responsabilità che Gazidis aveva così minuziosamente suddiviso secondo i dettami dell’adorato approccio continentale sono così trasferite a Edu, ex-centrocampista dell’Arsenal e ora technical director forte solo di un’esperienza come direttore sportivo del Corinthians; e a Mikel Arteta, assistant coach che ora che è head coach sta scoprendo quanta differenza possa fare una parola soltanto (qual è la differenza tra un tattico brillante e un bravo allenatore? Arteta). Di nuovo, l’Arsenal sta in due uomini. Ma David Dean non c’è, Arséne Wenger nemmeno.
Più che sul campo, l’Arsenal di questo momento sta in un movimento di calciomercato. Una cessione, per l’esattezza, avvenuta in quest’ultima sessione: quella di Willian al Corinthians. Un anno fa, il centrocampista brasiliano era arrivato all’Arsenal per dimostrare un punto: non più solo giovani promettenti, adesso anche campioni affermati, giocatori esperti, calciatori pronti. Un anno dopo, Willian rinuncia ad altri due anni di un ricchissimo contratto pur di andarsene dalla parte biancorossa del Nord di Londra. Commentando il ritorno a casa del suo ex-compagno di squadra al Chelsea, Didier Drogba ha scritto su Twitter: «Grazie, agente Willian. La tua missione è terminata. Come quella di David Luiz e quella di Petr Cech». di https://www.rivistaundici.com

venerdì 3 settembre 2021

Arsenal, Edu difende il lavoro di Arteta: "Capisco la pressione ma c'è bisogno di tempo".

Il direttore sportivo dell'Arsenal Edu, intervistato da Sky Sports UK, ha difeso l'operato di Arteta malgrado la brutta partenza in campionato: "Rispetto tutta la pressione. Sono arrivato dal Corinthians e poi dalla nazionale brasiliana dove c'è una pressione incredibile, proprio come qui. Capisco i tifosi. Capisco il motivo e lo accetto, ma avremo bisogno di un po' di tempo per fare ciò che abbiamo intenzione di fare. Conosco questo tipo di lavoro, quando si parla di acquisti, e aver bisogno di pazienza fa molto male ai tifosi dell'Arsenal, ma è la realtà. Ecco perché quando ti dico che dobbiamo creare una buona base e per creare una buona base hai bisogno di tempo". da https://www.tuttomercatoweb.com

venerdì 7 maggio 2021

Arsenal, addio Europa League e (probabilmente) dalle coppe il prossimo anno. Arteta: "Siamo distrutti"

Mikel Arteta, tecnico dell'Arsenal, commenta amaro l'eliminazione dei Gunners dall'Europa League: "Siamo davvero distrutti. C'era grande entusiasmo e grande voglia di andare in finale. Sapevamo quanto fosse importante per club e tifosi. E anche per noi, essere in finale e avere la possibilità di vincere un trofeo, per poi andare in Champions l'anno prossimo. È un brutto colpo".
Fuori dall'Europa per la prima volta in 25 anni, classifica peggiorata rispetto allo scorso anno e nessun trofeo
"Ovviamente adesso ci si concentrerà su tutto questo. Lo capisco. Lascio a voi le conclusioni".
Panchina a rischio?
"Credo che il lavoro di tutti quanti sia sempre sotto esame".

venerdì 25 dicembre 2020

C’era una volta l’Arsenal: se perde con il Chelsea è in zona retrocessione. La panchina traballa..

L’Arsenal domani deve battere il Chelsea per allontanarsi dai bassi fondi della classifica. I Gunners infatti sono 15esimi a +4 dal Fulham terzultimo in classifica. Per l’Arsenal sarà un derby di Londra con tanta paura di retrocedere. Per il momento bocciato il progetto tecnico partito un anno fa con l’arrivo in panchina di Mikel Arteta, che ha iniziato bene con due coppe nazionali (FA Cup e Community Shield) e sembrava bene avviato sulla strada della ricostruzione dopo gli ultimi deludenti anni della gestione Wenger e l’esperienza successiva in chiaroscuro di Unai Emery. Cos’è l’Arsenal adesso? Dov’è il suo battito di un tempo? La squadra delusione che viene accusata di essere troppo straniera.
Invece in questo autunno l’Arsenal non si è fatto mancare nulla: sconfitte a ripetizione, problemi tecnici e societari stanno portando alla deriva un club che quanto a fatturato avrebbe tutto per puntare a traguardi più prestigiosi di una permanenza in Premier nemmeno più scontata. Pare che il tycoon americano Stan Kroenke, che ha nel proprio portafoglio tra l’altro anche i Denver Nuggets di basket, i Colorado Rapids di Mls e i Los Angeles Rams di football americano – abbia un certo disinteresse per i risultati sul campo del club di Londra. Ai margini del progetto tecnico c’è anche Ozil che è il più pagato della rosa (18 milioni di euro all’anno) ma non viene convocato da mesi. Da Londra se dovesse andare male il derby con il Chelsea si parla di un avvicendamento immediato con gli italiani Sarri e Allegri, allertati. Liberarsi di Arteta può offrire una breve defibrillazione alla squadra. Ma quegli ululati di orrore per i risultati dei Gunners forse verrebbero poi rivolti meglio verso un punto più in alto della catena: il magnate Kroenke. da https://www.itasportpress.it