Tony Adams
Il calcio, e lo sport in generale, non è fatto solo di gesti atletici, giocate strabilianti, reti, tabellini e statistiche, il calcio è fatto anche di grandi gesti; e sono i grandi gesti che rimangono nell’immaginario collettivo. Tony Adams nasce il 10 ottobre 1966 nei sobborghi di una swingin London ancora ebbra della vittoria dei “Tre leoni” nel mondiale giocato pochi mesi prima. Nel destino del ragazzo ci sarà una sola squadra, l’Arsenal, di cui lui sarà il capitano coraggioso, l’assoluta bandiera ed il traghettatore del “Boring Arsenal” di Taylor che con il suo contributo si trasformerà nell’Arsenal champagne di Wenger. Tuttavia l’immagine che ho impressa a fuoco nella mente non riguarda il Tony Adams gooner, non riguarda un suo successo, non riguarda neanche la sua proverbiale grinta, riguarda bensì un suo magnifico gesto. Inghilterra, estate 1996: al grido di “Football is coming home” nel paese della sterlina si giocano i Campionati Europei di calcio. La nazionale inglese è circondata da un fondato ottimismo che fa pensare a tutti che i “bianchi” possano finalmente mettere le mani sul trofeo continentale. La squadra è ricca di fuoriclasse e di giocatori allo zenith della loro carriera; come non essere ottimisti quando nel team hai gente come Seaman, Gascoigne, Platt, Pearce, Adams, Sheringam, e Shearer (the one and the only). La campagna europea degli inglesi parte in sordina con un pareggio di 1-1 con la Turchia, gol di Shearer (ma che lo dico a fare). Seguirà una vittoria sulla fiera Scozia 2-0 (Shearer e Gascoigne) ed infine un netto successo sull’Olanda per 4-1 (Shearer 2, Sheringam 2). L’Inghilterra vince e convince e termina al primo posto del suo girone. La stampa inglese euforica si esalta come raramente capita e probabilmente mette un pò di pressione alla squadra, comunque il successo sembra scritto nel destino quando nei quarti una Inghilterra in tono minore supera ai rigori la Spagna. Tra gli inglesi e la finale ora ci sono solo i tedeschi, sempre i soliti tedeschi, che non producono calcio spettacolo, ma alla fine sono sempre lì, ad un passo dal paradiso.Ricordo un memorabile titolo di un giornale (credo il Sun) che in previsione della sfida con la Germania, riesumava lo spirito combattivo della seconda guerra mondiale e sbatteva in prima pagina Gascoigne e Pearce con l’elmetto titolando “Let’s blitz the fritz”.Arriva il fatidico giorno, 26 giugno 1996; nella semifinale l’Inghilterra parte a spron battuto, 3 minuti e Shearer (come sempre) porta i suoi in vantaggio; al quarto d’ora però il vecchio Kuntz pareggia i conti, 1-1 e palla al centro. Per tutta la gara, supplementari inclusi, è l’Inghilterra che gioca il calcio migliore e Gazza in spaccata manca il golden gol per un centimetro; si va ai rigori, come sei anni prima quando a Torino, nella semifinale mondiale, Pearce scagliò il pallone a Superga. Shearer, Platt, Pearce (che memore dell’errore fatto ad Italia90 calciò un pallone che pesava un quintale), Gascoigne e Sheringam segnano per l’Inghilterra, replicano però con fredda precisione per al Germania Hassler, Strunz, Reuter, Ziege e Kuntz! Si va ad oltranza.Wembley trattiene il fiato; sulla palla per gli inglesi si porta Gareth Southgate, centrale del Villa con ottime referenze; tira, ma Kopke para! Gelo nello stadio. Per i tedeschi va al tiro Moller, rete! Wembley ammutolisce, i tedeschi urlano e cantano la loro gioia e Southgate sprofonda in un pianto dirotto inginocchiandosi a terra.Cosa può fare in quei momenti un “capitano nell’anima”? Pur con il morale a pezzi Tony Adams rimette in piedi Southgate, se lo carica sulle spalle e lo porta a raccogliere l’applauso del pubblico inglese, sofferente ma fiero come non mai. Adams nella sua biografia racconterà che in quel momento era un uomo distrutto; annegherà poi da solo la sconfitta nella birra, ma nonostante tutto trovò il modo di confortare il compagno tramortito dal peso di aver fallito un appuntamento con la storia. Grandissimo Tony, capitano senza fascia al braccio (all’epoca la vestiva con orgoglio Shearer), simbolo del calcio inglese che ancora una volta era arrivato vicino alla vittoria e se l’era vista sfuggire.Tony, gigante comprensivo e sensibile, guarda negli occhi tutto lo stadio, è pronto per nuove sfide, sa di essersi battuto al meglio e con lui i suoi compagni, compreso Southgate che gli piange sulle spalle.
Il calcio, e lo sport in generale, non è fatto solo di gesti atletici, giocate strabilianti, reti, tabellini e statistiche, il calcio è fatto anche di grandi gesti; e sono i grandi gesti che rimangono nell’immaginario collettivo. Tony Adams nasce il 10 ottobre 1966 nei sobborghi di una swingin London ancora ebbra della vittoria dei “Tre leoni” nel mondiale giocato pochi mesi prima. Nel destino del ragazzo ci sarà una sola squadra, l’Arsenal, di cui lui sarà il capitano coraggioso, l’assoluta bandiera ed il traghettatore del “Boring Arsenal” di Taylor che con il suo contributo si trasformerà nell’Arsenal champagne di Wenger. Tuttavia l’immagine che ho impressa a fuoco nella mente non riguarda il Tony Adams gooner, non riguarda un suo successo, non riguarda neanche la sua proverbiale grinta, riguarda bensì un suo magnifico gesto. Inghilterra, estate 1996: al grido di “Football is coming home” nel paese della sterlina si giocano i Campionati Europei di calcio. La nazionale inglese è circondata da un fondato ottimismo che fa pensare a tutti che i “bianchi” possano finalmente mettere le mani sul trofeo continentale. La squadra è ricca di fuoriclasse e di giocatori allo zenith della loro carriera; come non essere ottimisti quando nel team hai gente come Seaman, Gascoigne, Platt, Pearce, Adams, Sheringam, e Shearer (the one and the only). La campagna europea degli inglesi parte in sordina con un pareggio di 1-1 con la Turchia, gol di Shearer (ma che lo dico a fare). Seguirà una vittoria sulla fiera Scozia 2-0 (Shearer e Gascoigne) ed infine un netto successo sull’Olanda per 4-1 (Shearer 2, Sheringam 2). L’Inghilterra vince e convince e termina al primo posto del suo girone. La stampa inglese euforica si esalta come raramente capita e probabilmente mette un pò di pressione alla squadra, comunque il successo sembra scritto nel destino quando nei quarti una Inghilterra in tono minore supera ai rigori la Spagna. Tra gli inglesi e la finale ora ci sono solo i tedeschi, sempre i soliti tedeschi, che non producono calcio spettacolo, ma alla fine sono sempre lì, ad un passo dal paradiso.Ricordo un memorabile titolo di un giornale (credo il Sun) che in previsione della sfida con la Germania, riesumava lo spirito combattivo della seconda guerra mondiale e sbatteva in prima pagina Gascoigne e Pearce con l’elmetto titolando “Let’s blitz the fritz”.Arriva il fatidico giorno, 26 giugno 1996; nella semifinale l’Inghilterra parte a spron battuto, 3 minuti e Shearer (come sempre) porta i suoi in vantaggio; al quarto d’ora però il vecchio Kuntz pareggia i conti, 1-1 e palla al centro. Per tutta la gara, supplementari inclusi, è l’Inghilterra che gioca il calcio migliore e Gazza in spaccata manca il golden gol per un centimetro; si va ai rigori, come sei anni prima quando a Torino, nella semifinale mondiale, Pearce scagliò il pallone a Superga. Shearer, Platt, Pearce (che memore dell’errore fatto ad Italia90 calciò un pallone che pesava un quintale), Gascoigne e Sheringam segnano per l’Inghilterra, replicano però con fredda precisione per al Germania Hassler, Strunz, Reuter, Ziege e Kuntz! Si va ad oltranza.Wembley trattiene il fiato; sulla palla per gli inglesi si porta Gareth Southgate, centrale del Villa con ottime referenze; tira, ma Kopke para! Gelo nello stadio. Per i tedeschi va al tiro Moller, rete! Wembley ammutolisce, i tedeschi urlano e cantano la loro gioia e Southgate sprofonda in un pianto dirotto inginocchiandosi a terra.Cosa può fare in quei momenti un “capitano nell’anima”? Pur con il morale a pezzi Tony Adams rimette in piedi Southgate, se lo carica sulle spalle e lo porta a raccogliere l’applauso del pubblico inglese, sofferente ma fiero come non mai. Adams nella sua biografia racconterà che in quel momento era un uomo distrutto; annegherà poi da solo la sconfitta nella birra, ma nonostante tutto trovò il modo di confortare il compagno tramortito dal peso di aver fallito un appuntamento con la storia. Grandissimo Tony, capitano senza fascia al braccio (all’epoca la vestiva con orgoglio Shearer), simbolo del calcio inglese che ancora una volta era arrivato vicino alla vittoria e se l’era vista sfuggire.Tony, gigante comprensivo e sensibile, guarda negli occhi tutto lo stadio, è pronto per nuove sfide, sa di essersi battuto al meglio e con lui i suoi compagni, compreso Southgate che gli piange sulle spalle.
di Charlie Del Buono, da https://ukfootballplease2002.blogspot.com - dicembre 2006
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