Un solo uomo al comando: primo in tutto, migliore di tutti. Ecco che cosa è stato, per i suoi club e per il calcio, il “controriformista” Chapman.Quinto dei sette figli del minatore John e della casalinga Emma, Herbert nasce il 19 gennaio 1878 nel sud dello Yorkshire (Inghilterra), al numero 17 di Kiveton Wales, frazione di Kiveton Park, piccolo centro minerario tra Sheffield e Worksop. Il padre, analfabeta, lavora nelle immaginabili condizioni figlie dell’epoca vittoriana. Come per il resto della comunità locale, il destino di Herbert sarebbe quello del genitore, e cioè a estrarre carbone, se non fosse che nel 1870 era stato promulgato l’Elementary Education Act, svolta storica per introdurre in Inghilterra e nel Galles l’istruzione elementare obbligatoria.Per abolire le lingue celtiche (gallese, irlandese e scozzese), lo Stato si assumeva per la prima volta la responsabilità nell’istruzione di tutti i bambini, così, compiuti i cinque anni, anche un figlio della “working class” come Herbert può andare a scuola. Un passaggio fondamentale che ne contiene un altro: là può praticare gli sport (è il caso di dirlo) più popolari: il calcio d’inverno e il cricket d’estate.L’attitudine al comando ne fa a undici anni il capitano e il segretario della squadretta di calcio, e insieme con i fratelli entra nella formazione juniores del paese. Ma al momento di guadagnarsi da vivere, scriverà giocando con le parole il suo più attento biografo, Stephen Studd, era il «coal (carbone) e non il goal» a dettar legge, altro che l’Education Act. Finita la scuola, comincia l’apprendistato in una “colliery” (miniera di carbon fossile), ma in seguito all’Education Act, in tutto il Paese si aprono corsi di formazione e Herbert segue quello di ingegneria mineraria allo Sheffield Technical College.Intanto porta avanti la sua passione per il pallone, amore condiviso con il più talentuoso fratello minore (di un anno) Harry, anche lui futuro professionista. Herb la consuma da modesta mezzala destra in club di Sheffield e dintorni, sempre a livello di non-league: Kiveton Park, Ashton North End, Stalybridge Rovers (nel Lancashire), Rochdale (dove debutta il 16 ottobre 1897, 1-1 a Horwich nel secondo turno di Coppa; due settimane dopo segna il suo primo gol con il club, contro l’Ashton North End), Grimsby Town (società in crisi nera dove apprende quanto sia deleterio far gestire la squadra ad un comitato anziché a un responsabile unico, che costerebbe almeno 150 sterline: troppe), Swindon Town, Sheppey United e Worksop Town. La svolta arriva con il passaggio al professionismo, al Northampton Town nel 1901. Da lì in poi, lasciato il lavoro di ingegnere minerario, cambia squadra ogni anno: Sheffield United (dopo averlo affrontato in FA Cup), Notts County (dal maggio 1903, per 300 sterline) e, dal marzo 1905, Tottenham Hotspur (dove è subito miglior marcatore degli Spurs: 11 reti nella Southern League 1905-1906 prima di regredire a riserva); ma soprattutto capisce cosa vuol fare “da grande”. Nel 1907 torna da giocatore-allenatore al Northampton Town, dove nel 1909 vince la Southern League. Ma come calciatore Herbert, a differenza di Harry (91 gol in 269 gare di campionato, 8 su 29 in FA Cup), non era granché, e di lui si ricordano più le scarpe giallognole che le prodezze in campo. Da manager, invece, carisma, sagacia tattica e fiuto nel riconoscere il talento ne faranno uno dei più grandi costruttori di squadre vincenti di sempre. Nel 1912 diventa il segretario al Leeds City (progenitore dell’attuale Leeds United, risorto sulle ceneri del fallito City nel 120, ndr). Le sue pressioni per far riammettere il club alla Football League hanno successo, ma durante la Prima Guerra Mondiale la società sarà coinvolta in «irregolarità finanziarie», relative ai pagamenti sottobanco effettuati ai giocatori “ospitati” nel periodo bellico, che portarono allo scioglimento della società nel 1919 e nella radiazione di alcuni dirigenti. Tra questi, Chapman, che in appello riesce ad evitare la squalifica vita, adducendo che all’epoca non aveva il controllo amministrativo diretto della società, lasciata per andare a dirigere una fabbrica di munizioni come coinvolgimento coatto nel conflitto. Sul piano tecnico, la sua gestione parla da sola: nonostante il sesto posto, l’affluenza media di Elland Road cresce dalle quasi 8000 unità del 1911-12 alle oltre 13,000 dell’anno seguente, il che consente al club di registrare un profitto di 400 sterline, una bella inversione di tendenza rispetto ai problemi finanziari della stagione precedente. «Chapman (...) ha fatto un gran lavoro per il club; si è guadagnato la fiducia di tutti», scrive ai tempi lo Yorkshire Post. L’anno in cui va più vicino alla promozione è il 1913-14 quando il City finisce quarto a sei punti dal Notts County, campione di seconda divisione, e a due dalla seconda, il Bradford Park Avenue; un piazzamento che, secondo il Yorkshire Post, «tenuto conto delle risorse del club, deve essere considerato soddisfacente, non solo perché la squadra non era mai arrivata così in alto ma anche perché incassi e affluenze hanno stracciato ogni record». Se ne va il 16 dicembre 1919 e diventa dirigente industriale in una ditta di Selby che lavora oli combustibili e carbone. Nel frattempo, continua la battaglia legale per i presunti abusi operati dalla Commissione della Football Association che, secondo Chapman, non aveva tenuto conto che lui non era in sede quando, si presumeva, quei pagamenti irregolari erano stati effettuati.Nel settembre 1920, scontata la squalifica, rientra nel calcio come segretario dell’Huddersfield Town, club del natio Yorkshire nel quale sarà manager a tempo pieno da marzo. Nei cinque anni successivi, il club di Leeds Road vivrà il suo periodo di maggior successo vincendo la FA Cup nel 1922 (1-0 al Preston North End in finale) e tre Football League (1924-26), l’ultima delle quali senza il grande capo. La prima, in particolare, merita di essere raccontata. All’ultima giornata il Cardiff è in testa con il minimo vantaggio sull’Huddersfield Town. I gallesi sono a un passo dallo storico trionfo e giocano a Birmingham, i Terriers in casa contro il Nottingham Forest. L’Huddersfield vince 3-0 mentre al St Andrew’s va in scena un finale-thrilling: il Cardiff conquista un rigore, ma nessuno se la sente di tirarlo; sul dischetto va allora Len Davies, che non ne ha mai battuto uno e che “ovviamente” sbaglia. I Blue Birds non sbloccano lo 0-0 e per la prima volta il campionato viene deciso dalla media di gol segnati, in quello che resterà il margine (0.024 gol/partita) più esiguo fra la prima e la seconda. Chapman, come i generali graditi a Napoleone, è anche fortunato.Quando, nel 1925, passa all’Arsenal, eredita una formazione di bassa o media classifica e a digiuno di vittorie. Con lui, diventerà il club più famoso d’Inghilterra.In giugno l’International Board modifica la regola del fuorigioco riducendo da tre a due il numero di giocatori fra l’attaccante e la linea di porta e il buon Herbert, che ha la testa dura ma anche furbizia da vendere, è lesto ad approfittarne. Già dal primo match l’interno Charlie Buchan, il giocatore più rappresentativo e suo primo acquisto (dal Sunderland), preme affinché il centromediano Jack Butler operi soltanto da difensore. Il tecnico nicchia, ma dopo la memorabile batosta (7-0) del 3 ottobre al St James’s Park contro il Newcastle United, si convince, anche perché Buchan minaccia di tornarsene al Sunderland. Nasce così il celeberrimo Chapman’s System, il modulo tattico che soppianterà l’ormai superato Metodo (WW) e si diffonderà come Sistema (o WM, dalla disposizione in campo: un 3-2-2-4 con i due mediani e le due mezzeali schierati a quadrilatero). L’idea di Buchan è semplice: spostare il centromediano (Butler e, subito dopo, l’ex mezzala Andy Neil) dalla posizione di movimento a centrocampo a quella fissa di “stopper” (da qui il nome al ruolo di marcatore della prima punta), e retrocedere un attaccante, per non perdere la superiorità numerica a centrocampo. Ne consegue che, a far scattare la cosiddetta “trappola del fuorigioco” non sono più i due terzini, ma il difensore centrale, che è il più arretrato, mentre i laterali si “allargano” verso l’esterno per prendere in consegna le ali.Dopo l’illusorio 4-0 del 5 ottobre ad Upton Park con il West Ham United (doppietta di Buchan), i risultati sono altalenanti. Chapman però non molla. Alla sua rivoluzionaria controriforma tattica aggiunge la firma di alcune delle maggiori stelle del calcio britannico, tra cui Cliff Bastin, David Jack (arrivato per 10.890 sterline in sostituzione di Buchan, ritiratosi, e primo a sfondare il muro delle cinque cifre), lo scozzese Alex James (9000) e il prossimo capitano, il terzino Eddie Hapgood; gente che assieme alle ali Joe Hulme e Cliff “Boy” Bastin, al nuovo stopper Herbie Roberts, agli altri terzini Tom Parker e George Male e al portiere Frank Moss farà dei biancorossi (indovinello facile facile: di chi è la trovata della manica bianca su maglia rossa?) una corazzata dalla formidabile prima linea (Hulme, Jack, Lambert, James e Bastin) che vincerà una FA Cup (nel 1930, 2-0 proprio all’Huddersfield Town; successo sfiorato nel ’32, quando a vincere per 2-1 sarà il Newcastle United) e quattro campionati; il primo nel 1931 (i londinesi sono la prima squadra del sud dell’Inghilterra a laurearsi campione) e gli altri consecutivi (1933-35) ma ancora una volta con Chapman a perdersi la tripletta. Il 3 gennaio 1934, si prende una polmonite nella ventosa Guildford, dove si è recato, nonostante il forte raffreddore e il divieto del medico, per seguire una partita della terza squadra. «Sarà una settimana che non vedo i ragazzi…» aveva detto, tre giorni dopo morirà. Il suo successore, il corpulento George Allison, ex inviato al seguito della squadra entrato poi nello staff tecnico, proseguirà nel solco tracciato dal maestro (la cui somiglianza indurrà numerosi errori nelle didascalie di svariate pubblicazioni, ndr) e metterà in bacheca, oltre ai titoli del ’34 e ’35, la FA Cup del ’36. In quella del ’27, invece, la sorte aveva riscosso da Chapman il credito elargitogli all’Huddersfield nel vittorioso campionato del ’24: a un quarto d’ora dal termine della finale con il Cardiff City, un rasoterra senza troppe pretese scagliato da Hugh Ferguson passò sotto il portiere dell’Arsenal, il gallese Daniel Lewis, ed entrò in porta. In pieno delirio da sconfitta, Chapman attribuirà la colpa della papera al... maglione nuovo di Lewis. Da allora, nella gestione Chapman, mai il portiere dei Gunners (a proposito: il copyright è suo) scenderà in campo senza prima aver fatto lavare, per infeltrirla, la nuova divisa da gioco.Una “innovazione” da niente, rispetto a quelle introdotte o solo sperimentate da Chapman, in campo e fuori: il tempo effettivo, i giudici sulla linea porta, i ritiri, le riunioni tattiche (compresi i discorsi pre-gara), le tournée in aereo, i palloni bianchi, le maglie numerate, i terreni sintetici, l’orologio dei 45’, i riflettori. Questi ultimi li vide andando a trovare un vecchio amico in Austria, dove assistette a una partita in notturna su un campo illuminato dai fari di 40 auto. «Ti rendi conto che se fossero piazzati su aste alte 40 piedi potremmo giocare come se fossimo in pieno giorno?». Non ci volle molto perché la stampa venisse convocata a un allenamento che l’Arsenal sostenne di sera, dopo che il padre-padrone del club aveva fatto disporre una decina di furgoncini con i fari accesi. In un’altra occasione, aveva fatto installare un orologio gigante che scandiva i 45 minuti così che i giocatori sapessero sempre quanto mancava alla fine. Ma la Football Association non gradì e l’orologio tornò a segnare le ore. Sempre in quel periodo nasceva l’abitudine tutta britannica di adornare con mazzi di fiori nei colori della squadra ospite il salotto di ricevimento dei dirigenti avversari, e pazienza se, dove non arrivava la natura, si provvedeva con petali dipinti. Sarà per quello che, dal 1936, all’ingresso della East Stand Marble Hall, dove campeggia il busto che lo ritrae, commissionato da 12 suoi amici a Jacob Epstein, sembra accennare un bonario sorriso. Anche nell’epoca del calcio finto, Chapman sarebbe stato primo in tutto, il migliore di tutti.
La Controriforma del WM
Nel 1925 l’International Board modificò la regola del fuorigioco e di fatto sancì la fine del Metodo (detto anche “Modulo a W” o WW), adottato in Italia attorno agli Anni 30. Quello schieramento prevedeva i terzini liberi da compiti di marcatura, i mediani a guardia delle ali e il centromediano nel duplice ruolo di costruttore e interdittore. Le mezzeali elaborano la manovra a centrocampo, le due ali e il centravanti sono punte pure. Era un gioco congeniale alla scuola italiana, più portata alla tecnica che alla corsa, e il Ct azzurro Vittorio Pozzo, con piccoli correttivi (il centromediano arretrato e rapidi contropiede), ne fece un “mezzo Sistema” che bissò nel 1938 il titolo mondiale del ’34. In quel periodo, Chapman introdusse in difesa l’uso della diagonale, per non restare mai con solo un difensore, che, una volta saltato, avrebbe lasciato campo libero agli avanti avversari. Fu, probabilmente, la prima rivoluzione calcistica e come conseguenze ebbe: l’allargamento della difesa verso l’esterno, i terzini (e non i mediani) in marcatura sulle ali e il centromediano stabilmente sul centravanti. Nel WM, mediani e mezzeali formano un quadrilatero a centrocampo (celeberrimo quello del Grande Torino: Grezar e Castigliano vertici bassi, Loik e V. Mazzola in appoggio alle punte), creando il gioco e liberando il centromediano da compiti di regia. Il modulo richiede una condizione atletica notevole e non a caso, in Europa, dopo gli inglesi, fu adottato dai tedeschi e dal “Wunderteam”, la meravigliosa nazionale austriaca assemblata da Hugo Meisl. Uno dei migliori Arsenal “sistemisti” si ammirò ad Highbury il 24 dicembre 1932, quando batté per 9-2 lo Sheffield United. Davanti al portiere Moss, tre difensori in linea, Male, Roberts e Hapgood, a centrocampo Hill e John alle spalle di Jack e di James, e le punte Hulme, Lambert e Bastin, secondo un didascalico 3-2-2-3. All’ultimo momento, Lambert sostituì il titolare Coleman al centro dell’attacco e realizzò cinque dei nove gol. Come per ogni modulo, erano i singoli a fare il Sistema.
di Christian Giordano, da http://footballpoetssociety.blogspot.com/
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