Arrivato nel 2013 dal Real, è ai margini della rosa di Arteta, con uno stipendio da quasi 20 milioni l'anno e ancora un anno da separato in casa.
Quando nel gennaio 2018 Mesut Özil ha prolungato il proprio contratto con l’ Arsenal di altri tre anni, i tifosi dei Gunners erano divisi tra chi tirava un sospiro di sollievo per aver rinnovato una delle due star della squadra - Alexis Sánchez, invece, aveva scelto il Manchester United - e tra chi invece non era particolarmente entusiasta di vedere il tedesco al centro del progetto. D’altro canto, il classe 1988 è sempre stato un personaggio divisivo: amare o odiare. Un po’ come era il suo rapporto con José Mourinho, il suo mentore. Anche più di Wenger. Quel rinnovo sembrava essere l’ultimo capolavoro della propria gestione di 22 anni che ha cambiato per sempre la storia del club. I detrattori, in quel caso, avevano avuto ragione. Perché oggi Mesut Özil è finito ai margini della rosa dell’Arsenal. Uno scenario paradossale fino a pochi anni fa.
Nella gestione Arsène Wenger , Özil è sempre stato protagonista. Cinque anni giocando al livello più alto, diventando anche il più veloce giocatore della Premier League a raggiungere i 50 assist. Battendo, tra gli altri, Cantona, Bergkamp, Fabregas e David Silva. Record poi battuto da De Bruyne. In mezzo, anche un Mondiale vinto, colpi di genio, tre volte la FA Cup. Era diventato il giocatore insostituibile, il miglior creatore di gioco. Almeno fino a quando Wenger ha lasciato la panchina dei Gunners. Finendo per essere una seconda scelta con Unai Emery. Un lento declino, che oggi lo ha portato ai margini dell’Arsenal di Mikel Arteta. Fuori da un progetto che aspira a diventare vincente, con uno stipendio da quasi 20 milioni di euro l’anno.
E pensare che dallo scorso novembre fino a marzo Özil è stato un titolare dell’Arsenal, per 17 volte. Prima sotto la gestione Ljungberg, anche se i rapporti tra i due non sono mai decollati: lo dimostra l'episodio di dicembre, guanti calciati dopo essere stato sostituito al 59' da Smith-Rowe nella sfida contro il City. Poi con Arteta, che si era posto l’obiettivo di ridargli centralità. Almeno fino al post-lockdown, quando il numero 10 (ereditato da Wilshere nel 2018) si è visto per alcune partite in panchina, prima di uscire stabilmente dalla rotazioni. Messo fuori da un suo ex compagno, lo stesso che, appena arrivato, lo aveva rimesso al centro del progetto. Con risultati, per la verità, alterni.
Nei mesi di pausa, comunque, i rapporti tra il giocatore e il club erano diventati sempre più tesi. Aveva fatto scalpore il rifiuto iniziale del classe 1988 di non accettare il taglio degli stipendi proposto dalla società. Il suo procuratore aveva motivato la scelta: secondo Özil e il suo entourage, l’Arsenal poteva ottenere gli stessi profitti della stagione precedente e la decurtazione dei salari sarebbe stata evitabile. Il licenziamento di 55 dipendenti annunciato a inizio agosto ha dimostrato che, probabilmente, la tesi non era quella corretta.
In ogni caso, quella prima decisione destò ulteriori critiche. Özil poi decise di tornare sui propri passi, chiedendo però chiarezza su come sarebbero stati utilizzati quei soldi. Qualcuno lo ha accusato di essere un egoista, qualcun altro si è invece ricordato che il turco-tedesco è tra i più attivi quando si parla di beneficienza.
“Come giocatori, volevamo contribuire. Ma volevamo chiarezza, non c’erano risposte a molte domande. Avevo il diritto di sapere. Non ero l’unico a rifiutare, ma è emerso solo il mio nome. Per due anni le persone hanno provato a distruggermi. Chi mi conosce, conosce anche la mia generosità”.
Nonostante tutto, Özil si sente ancora un Gunner . Tanto da aver riconquistato anche l’affetto dei tifosi con due piccoli gesti, due tweet che hanno fatto impazzire - in senso buono, stavolta - la fanbase dell’Arsenal. Il primo, in un Q&A con i fans: un tifoso gli ha chiesto se preferirebbe andare al Tottenham o ritirarsi, lui ha risposto che andrebbe al Tottenham “se non volesse più vincere trofei”. Più recentemente, invece, si è offerto di pagare lo stipendio della mascotte Gunnersaurus, ‘licenziata’ dal club nell’ambito di un forte taglio al personale che ha portato diverse polemiche.
Piccoli gesti che mostrano come, in fondo, il campione del mondo tedesco si senta ancora pienamente al centro del progetto Arsenal. Anche con un contratto faraonico per stare in tribuna, fuori dalle liste. Con un futuro già scritto lontano da Londra. Nei mesi finali di una storia durata otto anni e vissuta tra amore e odio.
“Deciderò io quando andarmene, non gli altri. Ho firmato per quattro anni, voglio che la gente lo rispetti. Sono mentalmente forte e non mi rassegnerò. So cosa posso dare in campo. Londra è casa mia. Amo l’Arsenal”.
da https://www.goal.com/
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