martedì 25 novembre 2014

Crisi Arsenal, parla l'Azionista: “Arsene, impara dagli errori”

“Arséne Wenger deve iniziare a imparare dai propri errori se vuole che l’Arsenal torni agli alti livelli del calcio europeo.”
E’ questo il pensiero, evidentemente senza troppi giri di parole, di Alisher Usmanov, il secondo azionista dei Gunners. Il miliardario russo, proprietario del 30% del club londinese, è a dir poco frustrato da uno dei peggiori inizi in Premier League, con solo 4 vittorie in 12 partite e poco più della metà dei punti della capolista Chelsea.
Ecco le sue parole, riferite dalla stampa alla vigilia della partita di Champions League in casa contro il Borussia Dortmund: “L’Arsenal è un sogno, però a volte diventa un miraggio e altre volte ancora diventa un dolore. Il potenziale c’è tutto ma quello che manca è assolutamente è la valutazione critica degli errori commessi.” E ancora: “Non c’è crescita senza comprensione dei propri limiti e dei propri errori e noi sembriamo ripetere gli sempre gli stessi errori, anno dopo anno.”
L’Arsenal ha interrotto la scorsa stagione la lunga astinenza da titoli, portando a casa la FA Cup, ma l’ottimismo che tale sofferta conquista ha generato si è dissolto in fretta. Ottavi in classifica, già fuori dalla Coppa di Lega e con una qualificazione al turno successivo di Champions League ancora da assicurare. Sono questi i risultati, decisamente deludenti, con cui ancora una volta Wenger deve fare i conti e che lo riposizionano sulla “graticola”.
Un reparto difensivo traballante sembra essere il maggiore indiziato dei fallimenti registrati sin qui, ma Usmanov crede che tutti i reparti abbiano bisogno di rafforzarsi: “Dobbiamo rinforzarci in ogni parte del campo per poter competere con squadre come il City e il Chelsea in campionato e contro le grandi d’Europa come Real Madrid, Barcellona e PSG”.
Poi quella che a tutti gli effetti suona come una condanna definitiva nei confronti del manager francese: “Mi piace Arséne (Wenger – n.d.r.) e lo rispetto per i suoi principi. Però spesso i principi si trasformano in pericolosi restringimenti di vedute. E questo significa sempre perdere le opportunità che si presentano.”
da http://quellichelapremierleague.com/

lunedì 24 novembre 2014

Gascoigne: "Cure pagate dall'Arsenal"

E' come se il Milan si preoccupasse di Sandro Mazzola o l'Inter facesse lo stesso per Gianni Rivera. Vista la tradizionale rivalità tra i due club, è un paragone perfettamente calzante sulla vicenda di Paul Gascoigne. L'umanità nel suo caso sconfigge, annienta la rivalità calcistica, che diventa un fattore spoglio di significati, lontano e marginale. Le cure per salvare il popolare Gazza, sprofondato in un vortice di alcolismo e depressione, le paga l'Arsenal. Proprio quell'Arsenal che nel derby del nord est di Londra, il più acceso della capitale inglese, vedeva anni or sono in Gazza, simbolo del Tottenham, il nemico pubblico numero uno. E questo non solo per le indubbie qualità tecniche, ma anche per quelle istrioniche provocazioni di cui cui l'ex giocatore della Lazio era un maestro e gli avversari non hanno mai apprezzato. 
Gazza è un uomo solo, in difficoltà. Lo scorso mese è stato ricoverato d'urgenza in base del Mental Healt Act, la legge sulla salute mentale che permette alla polizia di fermare e portare in un posto "di pubblica sicurezza" le persone che presentano sintomi di disturbi psichici e possono rappresentare un pericolo per l'incolumità pubblica. Il fatto dell'Arsenal lo racconta lo stesso Gascoigne al "Sun". "Ho telefonato al fisioterapista dell'Arsenal, Gary Levin, e gli ho detto che non stavo benissimo. Mi ha detto di andare in ospedale perchè temeva fosse una polmonite. E Wenger ha acconsentito di pagare 28 mila sterline per le mie cure, e altre 22 mila le ha sborsate l'Arsenal per il mio problema all'anca". Un comportamento straordinario, che stride invece con quello del Tottenham, che la sua bandiera la ha ammainata, e senza ritorno: "Nel 2011, quando il Tottenham ha incontrato il Real Madrid in Champions, mi è stato detto che se volevo vedere la partita c'erano solo due biglietti a 60 sterline. L'ho dovuta guardare sotto il box della dirigenza, dove c'erano ex calciatori che avevano giocato 30 anni prima di me...". L'Arsenal invece tende la mano, ed è un episodio di speranza nel libro nerissimo del post carriera di Gascoigne, un best seller di sregolatezze che prendono regolamente il sopravvento, esempio del mito che non riesce a scendere dal piedistallo per comportarsi come il classico uomo qualunque. L'esistenza di Gazza è una montagna russa atipica, dove flebili risalite si alternano a picchiate spaventose verso l'abisso. Violenza, risse, arresti, un fisico irriconoscibile per un uomo di 47 anni. Sullo sfondo sempre una maledetta bottiglia, magari accantonata per sei mesi, per un anno, ma poi ritrovata come compagna quando i demoni della solitudine prendono il sopravvento. "Non c'è niente di sbagliato in me, almeno finchè non prendo in mano una lattina. L'unica persona che può salvarmi, sono io stesso". Ha proprio ragione Gazza, dipende da lui. L'Arsenal gli ha offerto una nuova chance. Non coglierla sarebbe un peccato imperdonabile. da http://www.repubblica.it/

domenica 23 novembre 2014

Arsenal dilemma: dopo Wenger, Henry o Klopp?

Potrebbe prospettarsi davvero un bel dilemma per i tifosi dell’Arsenal: meglio l’amatissimo (ma inesperto) Thierry Henry o il più collaudato Jurgen Klopp sulla futura panchina Gunners? Ovviamente parliamo per ipotesi, soprattutto per quanto riguarda l’attaccante francese, che prima di prendere i galloni di allenatore deve ancora decidere se (ed eventualmente quando) appendere gli scarpini, visto che il contratto con i New York Red Bulls scadrà sì il prossimo mese ma lui non ha ancora fatto parola su quello che farà dal primo gennaio in poi. Ad aprirgli la porta dell’Emirates è però Arsene Wenger in persona, di certo più felice di accogliere il leggendario Titì nel suo staff piuttosto che farsi da parte per lasciare spazio al tedesco del Borussia Dortmund. "Non è affatto impossibile che Henry torni con noi – ammette l’attuale tecnico dell’Arsenal – e poi io sono sempre favorevole agli ex di ritorno, ma a patto che non sia solo per un impiego onorario ma per un lavoro vero, che consenta loro di alzarsi la mattina per fare davvero qualcosa". Insomma, niente ruolo di rappresentanza. Che fra l’altro lo stesso Henry manco vorrebbe di suo, visto che già in passato non aveva fatto mistero di gradire un eventuale ritorno come tecnico nel club in cui aveva giocato 8 anni, vincendo due campionati e realizzando il record di 228 reti. "Henry ha tutte le qualità per fare l’allenatore, ma deve essere pronto a sacrificare la sua vita per questo lavoro. Quando si è giocatori, si è convinti che sia semplice diventare allenatori – spiega Wenger - ma quando poi lo si diventa, si scopre che in realtà è tutto molto più complicato e se non si è preparati a quello a cui si va incontro, non si sopravvive". E la qualità che serve più di tutte per resistere su una panchina, alla stregua di quanto sta facendo lui, in carica su quella londinese dal 1996 e fresco di rinnovo per altri tre anni, "è la capacità di resistere alle critiche quando senti che non sono giustificate – continua l’alsaziano - ma non so se lui sarà capace di farlo, perché prima deve imparare il lavoro. Ne ho visti troppi in passato che, pur avendo le qualità per allenare, hanno fallito perché non erano pronti".
E per essere pronti, bisogna buttarsi subito nella mischia, come ha fatto Zinedine Zidane, a cui hanno affidato la responsabilità della squadra B del Real Madrid,"perché in questo modo impari a gestire lo spogliatoio e le persone che hai attorno". Una lezione che il suo rivale – per ora solo di Champions League, martedì sera all’Emirates - Klopp ha imparato bene al punto da diventare uno dei migliori tecnici della nuova generazione europea, sebbene quest’anno il suo Borussia in campionato stia facendo maluccio (è al 15° posto in Bundesliga con appena 10 punti, uno in più del fanalino di coda Stoccarda e ben 17 in meno della capolista Bayern Monaco). Sarà forse per questo che il barbuto Jurgen sta pensando ad un trasferimento all’estero e, nel caso specifico, proprio in Premier League, ovvero "l’unico campionato in cui potrei allenare oltre alla Germania, perché conosco già un pochino d’inglese e la lingua è fondamentale per il mio lavoro", come spiega lui stesso in un'intervista a BT Sport . E pensare che quando arrivò a Dortmund pensava di rimanerci "giusto due o tre anni, perché per me non è importante stare tanto tempo nello stesso posto". E invece ne sono passati più di sei ed è ancora lì. "Non so quando me ne andrò, per ora non ci penso e mi concentro sulla strada che abbiamo seguito finora: fintanto che avrà successo, non dovremmo cambiarla. Ma se qualcuno mi chiamerà, se ne potrà parlare". Frase che ha già messo in allerta mezza Premier League che conta, comprese le due squadre di Manchester e il Liverpool, mentre i tifosi dell’Arsenal sognano (per ora) l’impossibile: ovvero, Klopp in panchina e l’adorato Titì nello staff tecnico.
da http://www.gazzetta.it/