Forse non c’era bisogno di puntualizzarlo, nel senso che si tratta di una non-notizia, di una cosa di cui tutti ci eravamo accorti da tempo, ma Arsène Wenger ha riconosciuto che rimanere all’Arsenal per molto tempo è stato un errore. Il manager francese ha parlato della sua lunga permanenza ai Gunners nel documentario Arsène Wenger: Invincible, e si è lasciato andare a una confessione piuttosto desolata sulla sua decisione di non provare nuove esperienze lontano da Londra: «In tante squadre mi hanno offerto la loro panchina: due volte il Real Madrid, la Juventus, il Paris Saint-Germain, persino il Manchester United. Ho rifiutato la proposta della Federazione francese e di quella inglese, sarei potuto diventare ct della Francia e dell’Inghilterra in diverse occasioni. Avrei dovuto accettare una di queste destinazioni, e invece sono rimasto sempre all’Arsenal. È stato un errore».
Secondo Wenger, «a quei tempi amavo troppo il luogo e il club in cui lavoravo, mi sono identificato completamente con l’Arsenal, con la società, con i tifosi. E questo ha finito per penalizzarmi». Quando parla di questo suo rimpianto, Wenger fa riferimento a un periodo preciso: quello che va dal 2006 fino al suo addio, consumatosi al termine della stagione 2017/18: «Da quando abbiamo ultimato la costruzione dell’Emirates», ha detto, «è iniziata la mia sofferenza. Abbiamo lasciato Highbury, uno stadio che era come la mia anima, e abbiamo dovuto ridimensionare i nostri obiettivi sportivi». Un altro momento importante si è verificato nel 2007: «Per la prima volta», ha raccontato Wenger, «ho avvertito delle frizioni all’interno del club, della dirigenza. Ero combattuto se andare via o meno, ma poi mi sono lasciato convincere a restare da David Dein, il vicepresidente. Avrei dovuto lasciare».
Wenger ha parlato anche del suo addio all’Arsenal: «Per me è stato come assistere alla fine della mia vita, a un vero e proprio funerale. Persino le enormi critiche che ho ricevuto negli ultimi anni si sono fermate, tutti erano gentili con me. Per me è stato importante, il calcio ha un significato enorme nella mia vita, quando allenavo ero una specie di eremita, vivevo in una bolla, c’erano solo la mia casa, il centro d’allenamento e lo stadio. Mi sento in colpa perché il calcio mi ha fatto diventare egoista, non mi ha fatto prendere cura delle persone intorno a me, della mia famiglia. Ho sacrificato i migliori anni della mia vita per l’Arsenal, ma alla fine sono stato ripagato dall’amore dei tifosi, da quanto ho contribuito per rendere il club ciò che è oggi. Non rinnego e non rinnegherò niente, sosterrò l’Arsenal per sempre». da https://www.rivistaundici.com
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