Domenica di derby, in Inghilterra. Quello del Lancashire tra Liverpool e Manchester United, spesso gara decisiva per le sorti del campionato inglese, e quello del Nord di Londra, tra due squadre che arrivano all'appuntamento dopo un'estate a dir poco turbolenta. L'Arsenal è reduce da una facile qualificazione in Champions League, ma anche da una campagna acquisti fallimentare – tutti gli obiettivi di mercato sono saltati uno dopo l'altro – e un esordio in Premier fatto di luci e ombre. Il Tottenham è ancora alle prese con il tormentone Bale, ma nel frattempo ha messo in piedi una campagna acquisti stellare. A White Hart Lane sono arrivati Paulinho, Eric Lamela, Vlad Chiriches, Roberto Soldado, Etienne Capoue, Nacer Chadli e non è da escludere che in extremis si materializzi anche il gioiellino dell'Ajax Christian Eriksen. È scontato che se incassi un centinaio di milioni di euro per un singolo giocatore – il succitato prodigio gallese – ti puoi permettere di spendere e spandere. Ma anche se ti qualifichi ogni anno per la massima competizione europea, come nel caso dei Gunners, in teoria potresti apportare innesti di rilievo alla tua rosa. E invece Arsene Wenger è riuscito a mettere sotto contratto solo il “figliol prodigo” Matthieu Flamini, facendosi sfuggire almeno una mezza dozzina di giocatori, soprattutto attaccanti (Gonzalo Higuain e Luis Suarez in primis). I tifosi hanno più volte incalzato l'alsaziano, chiedendogli di spendere i quattrini a disposizione, ma per il momento a fronte di una litania infinita di voci di mercato all'orizzonte non si scorgono affari concreti.
Per cancellare almeno momentaneamente l'amaro in bocca ai supporter biancorossi servirebbe eccome l'ennesima bella vittoria in un derby con il Tottenham all'Emirates. Le ultime due sfide in casa dell'Arsenal si sono concluse con un roboante 5-2. Ricordi che bruciano sulla pelle dei fan degli Spurs, il cui astio per i cugini ha radici lontane e che vanno oltre la semplice rivalità cittadina.
In realtà
il primo incontro tra le due squadre non fu esattamente un North-London derby, dal momento che l’Arsenal non aveva nessun legame con la parte settentrionale della metropoli inglese. Anzi, per dirla tutta, aveva la sua base operativa a sud del Tamigi, nei pressi dell’arsenale reale di Woolwich (tanto che tra il 1891 e il 1914 la denominazione ufficiale fu appunto Woolwich Arsenal). La sfida fu sospesa per scarsa visibilità con gli Spurs in vantaggio, ma visto il carattere amichevole dell’incontro e la fase embrionale che viveva il football – stiamo parlando di un episodio accaduto in piena età vittoriana, nel 1887 – le cronache dell’epoca non segnalano polemiche degne di nota, ma solo tanto fair play. I rapporti tra i due club, però, sarebbero cambiati radicalmente nell’arco di pochi decenni.
L’uomo della svolta rispondeva al nome di Henry Norris. Politico di rango, imprenditore immobiliare senza scrupoli e massone convinto, il nostro nel 1910 rilevò un club agonizzante, anche a causa dell’infelice posizionamento geografico – in quegli anni ci voleva tanto per raggiungere lo stadio dei Gunners. Dopo un tentativo, fallito, di fondere Arsenal e Fulham – team di Second Division sempre di proprietà di Norris – il presidentissimo pescò il jolly: un sito perfetto per la costruzione del nuovo stradio, in una zona popolosa e ben collegata da metropolitana e autobus. Il trasloco a Highbury, a due passi dalla fermata della Piccadilly Line di Gillespie Road – poi ribattezzata Arsenal per volere del grande allenatore Herbert Chapman – avvenne con la squadra male in arnese e precipitata con ignominia in Second Division. Il Tottenham si ritrovava un club professionistico a poche miglia dalla sua sede, e non a caso si oppose in tutti i modi al trasferimento.
Tra mille difficoltà dovute allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, la stagione 1914-15 si chiuse con dei pessimi risultati per entrambe le compagini del Nord di Londra: Spurs ultimi in First Division, Arsenal solo quinti in Second Division. Alla cessazione delle ostilità, però, arrivò la notizia dell’ampliamento della massima divisione da 20 a 22 squadre. Al White Hart Lane stapparono lo champagne, pensando così di rimanere nell’elite del calcio inglese, visto che per precedenti “allargamenti” si erano sempre abbonate le retrocessioni.
Non avevano fatto i conti con Norris. Quando, nel marzo 1919, si tenne la riunione per rimodellare la First Division, il presidente della Lega John McKenna perorò la causa dell’Arsenal, sottolineando come avesse una maggiore “anzianità di servizio” nel calcio professionistico rispetto al Tottenham. Peccato che, scorrendo la classifica della Second Division di quattro anni prima, sopra ai Gunners ci fosse il Wolverhampton, membro fondatore della Lega. Una scusa bella e buona, quella addotta da McKenna? Pare proprio di sì, anche perché ormai è risaputo della sua intima amicizia con Norris e della loro comune appartenenza alla principale loggia massonica britannica, mentre non si è mai fatta completamente chiarezza su un possibile caso di una partita addomesticata tra Manchester United e Liverpool sempre nella fatidica stagione 1914-15 e di come lo stesso Norris abbia approfittato dell’episodio per il suo tornaconto personale. Fatto sta che l’espediente funzionò e la maggioranza dei presidenti della First Division votò per l’Arsenal e contro il Tottenham. Gli Spurs ci misero poco a risollevarsi, ma quella mossa machiavellica del deus ex machina dei Gunners è ancora motivi di immenso rancore per i tifosi bianco blu, specialmente in un Paese dove la storia e la tradizione di un club calcistico sono questioni tenute nella massima considerazione.
di Luca Manes, http://ukfootballplease.blogspot.it