Quella contro Il Chelsea di Mourinho è per Arsene Wenger la millesima partita sulla panchina dell’Arsenal (la numero 668 in Premier League), anche se nel calcio di oggi fa più impressione osservare che l’allenatore alsaziano guida i Gunners ormai da 17 anni e mezzo. Ancora più impressione dei 27 anni del britannico Ferguson con il Manchester United, comunque cementati da un maggior numero di trofei. Al di là delle vittorie, che nonostante i luoghi comuni non sono certo mancate (3 Premier League, 4 FA Cup, una sfilza di finali, su tutte quella della Champions 2006 contro il Barcellona, e di ottimi piazzamenti), con rose quasi sempre inferiori a quelle dei concorrenti di pari rango, il valore di un tecnico è dato soprattutto da quello che è riuscito a combinare in un dato contesto. Non solo Wenger non ha mai avuto a disposizione dream team, ma si è spesso trovato nella situazione di dover creare cassa per finanziare mercato e stadio. Una specie di super-Zeman o super-Guidolin, insomma, con una dimensione internazionale indiscutibile. Lui stesso si è di recente autocelebrato parlando non di gioco ma di cifre: “In questi due decenni noi dell’Arsenal ci siamo confrontati con avversari che ogni stagione potevano perdere 150 milioni di sterline senza problemi, mentre noi non solo dovevamo andare in pareggio ma eravamo obbligati a trovare 30 milioni l’anno per i pagamenti dello stadio”. Facile individuare in Chelsea e Manchester City gli avversari dalle spese no limits, per non dire che anche con azionisti di maggioranza meno portati alle follie Manchester United, Liverpool e lo stesso arci-rivale Tottenham hanno quasi sempre proposto un calciomercato più brillante di quello del club che nel 2006 ha demolito lo storico Highbury nel nome di un ‘nuovo calcio’ che si può disprezzare pur senza essere ultras. Sì, L’Emirates è bello, ma uno stadio così potrebbe essere indifferentemente a Rio de Janeiro, a Tokyo o a Johannesburg. Highbury era un’altra cosa (Parentesi: fino agli anni Ottanta, prima del rapporto Taylor, la sua capienza era esattamente uguale a quella attuale dell’Emirates). Noi lo diciamo, il quasi 65enne Wenger probabilmente non ha potuto farlo per aziendalismo. L’estate scorsa l’acquisto di Ozil dal Real Madrid per 42 milioni di sterline ha forse segnato un’inversione di tendenza, ma in nessun caso l’Arsenal si potrà mettere sul piano degli Abramovich e degli Al Mansour. Per questo Wenger è sempre stato un grande sostenitore del fair play finanziario UEFA, nella sostanza inapplicabile (vedere PSG e Real Madrid) ma importante almeno come principio. E quindi? Ad alto livello nessun allenatore è mai stato capace di dare tanto, in termini finanziari, al proprio club, come Wenger. Esistono anche statistiche molto precise in merito, insieme all’elenco di giovani presi per quasi niente e rivenduti a peso d’oro (Anelka, Fabregas, eccetera). La sua unicità storica è stata ed è questa, al di là degli schemi che spesso ha avuto la flessibilità per cambiare (4-4-2 ma soprattutto 4-5-1 negli anni d’oro di Henry, fino all’approdo senile al 4-3-3) e di un fair play più concreto di quello di molti colleghi di vertice. Di sicuro, visto che lo ha anche detto più volte, lui avrebbe preferito qualche campione e qualche debito in più. ma si vive nel presente. E nel presente il gioco del suo Arsenal è quasi sempre stato al top mondiale, a prescindere dagli interpreti.
da http://blog.guerinsportivo.it/