giovedì 22 settembre 2016

Inghilterra, vent'anni di Wenger all'Arsenal: tra successi e occasioni sprecate

Nella giostra delle panchine del football europeo, non molti possono vantare il suo traguardo. In Inghilterra, dopo il ritiro di Alex Ferguson dalla panchina del Manchester United, come lui non c'è nessuno. Stamane Arsene Wenger celebra un'importante pietra miliarie: vent'anni esatti alla guida dell'Arsenal. Arrivò nel settembre del 1996, relativamente sconosciuto: un tecnico francese di cui si parlava bene per i metodi rivoluzionari, che tuttavia aveva allenato fino a quel momento soltanto il Nancy e il Monaco (vincendo rispettivamente il 28% e il 48% delle partite), facendo meglio con il Nagoya (64%) ma in Giappone. Aveva già accumulato trofei, conquistando la Ligue 1e la Coppa di Francia con la squadra del principato monegasco, vincendo la Coppa dell'Imperatore nel paese del Sol Levante, ma nella Premier League come se la sarebbe cavata?
Nessuno si aspettava quello che sarebbe seguito: un ciclo lungo due decenni, lastricato di un'altissima percentuale di vittore (57%, per l'esattezza 645 successi, 263 pareggi e 219 sconfitte). E con tanti titoli: 3 Premier League, una delle quali, l'ultima, nel 2003-04, facendo guadagnare al suo Arsenal il soprannome di "Gli Invincibili"; 6 Coppe d'Inghilterra; 6 Community Shield (assegnata ogni anno in una partita fra la squadra che ha vinto il campionato e quella che ha vinto la Coppa d'Inghilterra nella stagione precedente). "Avrebbe potuto vincere di più", commenta il Guardian, "ma il calcio inglese deve essergli grato". Gli altri giornali concordano.
Sono vere, infatti, entrambe le affermazioni. Wenger ha fatto rimanere a lungo i suoi tifosi a bocca asciutta, anche in anni in cui poteva approfittare della debolezza delle avversarie tradizionali per rivincere il campionato: come nella scorsa stagione, in cui l'Arsenal ha guidato a tratti la classifica ma si è poi fatto sorpassare dalla sorpresa Leicester. Josè Mourinho non aveva tutti i torti a punzecchiarlo come uno "che non vince niente da troppo tempo" e con il quale, dunque, il portoghese non aspirava a fare cambio. L'altra sua colpa, ma forse più del club che sua, è stata di non avere quasi mai fatto spese pazze sul mercato - o perlomeno di avere speso meno delle rivali Chelsea, Manchester City, Manchester United. Il grande rammarico è non avere vinto la Champions.
In compenso, i meriti. Quandò arrivò ad Highbury, il mitico stadio ora trasferito un po' più in là nel quartiere londinese di Islington, la sua squadra era chiamata "Boring, boring Arsenal", noioso, noioso Arsenal. Wenger l'ha trasformata, creando uno stile di gioco veloce, offensivo, spettacolare - qualche volta anche troppo, perché magari veniva battuto da team che giocavano in difesa e contropiede. Ha allenato grandi campioni, come Henry, Van Persie, Fabregas, ma ne ha anche costruiti in casa. Ha imposto la sua filosofia in campo e fuori: sempre serio, mai inutilmente polemico (tranne che con l'odiato nemico Mou), mai in cerca di scuse. Forse dopo il traguardo dei vent'anni nello stesso club si avvicina anche per lui il momento di andarsene. Si vedrà dove, magari ad allenare una nazionale (inglese o francese?). Oppure, a 66 anni, potrebbe anche ritirarsi, scrivere le sue memorie e fare il commentatore tivù: certo ha guadagnato abbastanza. L'anno scorso ha divorziato dalla moglie, una ex-giocatrice di basket, qualche tempo fa i tabloid scrissero di una sua relazione con una cantante francese. Ma della sua vita privata si sa poco, anche lì lo stile Wenger ha imposto classe e decoro. Una cosa è certa: all'Arsenal lascerà un buon ricordo. E un altro capace di durare così a lungo su una panchina di grido, dopo di lui, non sarà facile incontrarlo.
di Enrico Franceschini, da http://www.repubblica.it/