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venerdì 30 settembre 2016

Arsenal, 20 anni di Wenger: 15 titoli e 18 volte consecutive in Champions

C’è un calcio inglese prima di Arsène Wenger e ce n’è uno dopo il suo arrivo: nei giorni in cui ricorrono i 20 anni esatti dallo sbarco all’Arsenal, è il giudizio storico più appropriato. Quando il tecnico francese fu ingaggiato dal club londinese il 22 settembre 1996, in Premier avevano lavorato come manager stranieri solo il ceco Venglos, nel 199091 all’Aston Villa, e per 2 mesi Ardiles al Tottenham nel 1994, mentre appena 2 mesi prima era stato promosso l’olandese Gullit nel doppio ruolo di giocatore/allenatore. L’Inghilterra, reduce da un decennio difficile, con le squadre bandite dall’Europa dal 1985 al 1990 dopo la tragedia dell’Heysel, era chiusa come una fortezza. In quell’estate 1996 era profonda la frustrazione per l’Europeo organizzato in casa e finito male, con la nazionale di Gascoigne superata in semifinale ai rigori dalla Germania. Serviva una scossa. Arrivò grazie a un uomo semisconosciuto, finito in Giappone, al Nagoya, dove forse avrebbe messo le tende se l’amico David Dein, conosciuto a Londra nel 1989, non gli avesse offerto la guida dell’Arsenal: "Mi stavo adattando allo stile di vita di un Paese fantastico come il Giappone, ma troppo lontano dalla mia famiglia e dalle mie radici. Quando Dein, all’epoca vicepresidente dell’Arsenal mi contattò, ero pronto a tornare in Europa", disse il francese.
RIVOLUZIONE — L’avvento di Wenger precede di pochi mesi il successo di Blair alle elezioni del maggio 1997, in cui il leader laburista ottiene una grande vittoria elettorale, riportando il partito laburista al governo del Regno Unito dopo 18 anni. Le parabole di Wenger e di Blair viaggiano per 10 anni parallele. Blair, che deve oggi farsi perdonare le bugie con le quali trascinò la Gran Bretagna nella guerra in Iraq, ha avuto l’indubbio merito di aprire la nazione al mondo, avviando Londra verso quella trasformazione che ha fatto diventare questa capitale la metropoli europea più internazionale. Wenger ha compiuto la stessa rivoluzione: con il calcio del suo Arsenal ha rotto 130 anni di chiusura totale, spalancando i portoni del football a tecnici di altri Paesi. Oggi in Premier i manager stranieri sono la netta maggioranza appena 4 gli inglesi, Alan Pardew, Sean Dyche, Eddie Howe e Mike Phelan e questo campionato è il più seguito del pianeta: innegabile la mano di Wenger in questa trasformazione.
I PRIMI 10 ANNI — Vent’anni dopo, si sprecano gli aggettivi per definire il francese. Romantico, rivoluzionario, visionario, testardo, reliquia. Forse il vecchio Arsène è tutto e il contrario di tutto. Accolto con un titolo emblematico, "Arsene who?", Wenger ribaltò l’Arsenal, trasformando un simbolo del football noioso nella squadra più spettacolare d’Europa. La guida spirituale in campo fu il connazionale Vieira e presto sarebbe arrivato un altro francese destinato ad entrare nella storia del club: Thierry Henry. Due talenti incompresi in Italia, il primo al Milan, il secondo alla Juve: peccati mortali commessi dal nostro calcio. L’Arsenal diventò una macchina di spettacolo e di successi: dal 1996 al 2006, 3 Premier (fu il primo tecnico non britannico a vincerla), 4 FA Cup, 4 Community Shield, l’imbattibilità in Premier nel 200304 e la finale di Champions persa in 10 nel 2006 gli allori di quel periodo. La rivoluzione wengeriana fu totale.
SECONDO TEMPO — Il secondo decennio è stato all’insegna del riflusso. Lo sbarco di miliardari russi, arabi, statunitensi e thailandesi ha ridimensionato i Gunners. Dal 2006 a oggi, 2 Fa Cup e 2 Community Shield. Un passo indietro a livello di trofei, ma il calcio di Wenger, immutabile, ha continuato a divertire, anche se oggi, di fronte alla concorrenza delle altre squadre, la maggioranza dei tifosi invoca il cambiamento. Le 18 qualificazioni di fila in Champions, dal 2000 a oggi (2° assoluto per presenze dietro a Ferguson), dimostrano che il club è riuscito a tenere alto il profilo internazionale e ancora oggi, grazie ai 60 mila posti dell’Emirates, l’Arsenal ha un enorme seguito di fan stranieri.
da http://www.gazzetta.it/

giovedì 22 settembre 2016

Inghilterra, vent'anni di Wenger all'Arsenal: tra successi e occasioni sprecate

Nella giostra delle panchine del football europeo, non molti possono vantare il suo traguardo. In Inghilterra, dopo il ritiro di Alex Ferguson dalla panchina del Manchester United, come lui non c'è nessuno. Stamane Arsene Wenger celebra un'importante pietra miliarie: vent'anni esatti alla guida dell'Arsenal. Arrivò nel settembre del 1996, relativamente sconosciuto: un tecnico francese di cui si parlava bene per i metodi rivoluzionari, che tuttavia aveva allenato fino a quel momento soltanto il Nancy e il Monaco (vincendo rispettivamente il 28% e il 48% delle partite), facendo meglio con il Nagoya (64%) ma in Giappone. Aveva già accumulato trofei, conquistando la Ligue 1e la Coppa di Francia con la squadra del principato monegasco, vincendo la Coppa dell'Imperatore nel paese del Sol Levante, ma nella Premier League come se la sarebbe cavata?
Nessuno si aspettava quello che sarebbe seguito: un ciclo lungo due decenni, lastricato di un'altissima percentuale di vittore (57%, per l'esattezza 645 successi, 263 pareggi e 219 sconfitte). E con tanti titoli: 3 Premier League, una delle quali, l'ultima, nel 2003-04, facendo guadagnare al suo Arsenal il soprannome di "Gli Invincibili"; 6 Coppe d'Inghilterra; 6 Community Shield (assegnata ogni anno in una partita fra la squadra che ha vinto il campionato e quella che ha vinto la Coppa d'Inghilterra nella stagione precedente). "Avrebbe potuto vincere di più", commenta il Guardian, "ma il calcio inglese deve essergli grato". Gli altri giornali concordano.
Sono vere, infatti, entrambe le affermazioni. Wenger ha fatto rimanere a lungo i suoi tifosi a bocca asciutta, anche in anni in cui poteva approfittare della debolezza delle avversarie tradizionali per rivincere il campionato: come nella scorsa stagione, in cui l'Arsenal ha guidato a tratti la classifica ma si è poi fatto sorpassare dalla sorpresa Leicester. Josè Mourinho non aveva tutti i torti a punzecchiarlo come uno "che non vince niente da troppo tempo" e con il quale, dunque, il portoghese non aspirava a fare cambio. L'altra sua colpa, ma forse più del club che sua, è stata di non avere quasi mai fatto spese pazze sul mercato - o perlomeno di avere speso meno delle rivali Chelsea, Manchester City, Manchester United. Il grande rammarico è non avere vinto la Champions.
In compenso, i meriti. Quandò arrivò ad Highbury, il mitico stadio ora trasferito un po' più in là nel quartiere londinese di Islington, la sua squadra era chiamata "Boring, boring Arsenal", noioso, noioso Arsenal. Wenger l'ha trasformata, creando uno stile di gioco veloce, offensivo, spettacolare - qualche volta anche troppo, perché magari veniva battuto da team che giocavano in difesa e contropiede. Ha allenato grandi campioni, come Henry, Van Persie, Fabregas, ma ne ha anche costruiti in casa. Ha imposto la sua filosofia in campo e fuori: sempre serio, mai inutilmente polemico (tranne che con l'odiato nemico Mou), mai in cerca di scuse. Forse dopo il traguardo dei vent'anni nello stesso club si avvicina anche per lui il momento di andarsene. Si vedrà dove, magari ad allenare una nazionale (inglese o francese?). Oppure, a 66 anni, potrebbe anche ritirarsi, scrivere le sue memorie e fare il commentatore tivù: certo ha guadagnato abbastanza. L'anno scorso ha divorziato dalla moglie, una ex-giocatrice di basket, qualche tempo fa i tabloid scrissero di una sua relazione con una cantante francese. Ma della sua vita privata si sa poco, anche lì lo stile Wenger ha imposto classe e decoro. Una cosa è certa: all'Arsenal lascerà un buon ricordo. E un altro capace di durare così a lungo su una panchina di grido, dopo di lui, non sarà facile incontrarlo.
di Enrico Franceschini, da http://www.repubblica.it/

mercoledì 24 agosto 2016

Wenger, Spend Some F**king Money

Dopo il secondo posto della scorsa stagione, i tifosi dell’Arsenal si aspettavano senz’altro un mercato finalizzato a colmare le lacune della rosa, per sferrare l’attacco decisivo al titolo, che manca dal Nord di Londra dal 2004, la stagione degli Invincibili. Il manager dell’Arsenal, Arsene Wenger, è partito con il piede giusto in questa sessione di mercato, acquistando dal Borussia Mönchengladbach, il centrocampista Granit Xhaka, per una cifra vicina ai 40 milioni di euro. Acquisto praticamente chiuso, prima dell’inizio di Giugno, si auspicava che l’Arsenal si muovesse cosi, velocemente, per rinforzare anche altre zone del campo, come la difesa e l’attacco. Ma ad oggi, 24 Agosto, a sette giorni dalla chiusura del mercato, la rosa dell’Arsenal appare ancora incompleta, dopo Xhaka, sono arrivati all’Emirates, Rob Holding dal Bolton e Takuma Asano dal San Frecce Hiroshima, sicuramente non rinforzi di spessore.
Lo stesso Wenger ha più volte ribadito in conferenza, che l’Arsenal si muoverà per acquistare una punta ed un difensore centrale, ruoli in cui l’Arsenal ha la coperta corta al momento, fino a Dicembre/Gennaio (rientro diWelbeck dall’infortunio), i Gunners hanno solamente Olivier Giroud come punta , e le altre soluzioni in quel ruolo, come Sanchez o Walcott non si sono rivelate affidabili. Per quanto riguarda i difensori centrali, già dall’inizio del mercato si sperava che si intervenisse in quella zona per migliorare la qualità, ma dopo gli infortuni diMertesacker e Gabriel è diventata una vera e propria urgenza il rinforzo in difesa. Di nomi ne sono stati fatti tanti, da Vardy a Lacazette per l’attacco, da Mustafi ad Evans per la difesa, ma tra rifiuti dei calciatori e cifre troppo alte richieste dai club, Wenger non ha acquistato fino ad oggi, nessuno di questi. Intanto, la Premier League è cominciata da 2 settimane, e complici le assenze, i mancati acquisti ed una forma che stenta a decollare, i Gunners hanno raccolto un solo punto nelle prime due partite, contro Liverpool e Leicester, portandosi già dopo due giornate a -5 dalle squadre in testa al campionato. Wenger predica calma e chiede di aspettare la fine del mercato, ma non sono dello stesso parere i supporters dei Gunners, già dalla passata stagione il clima è teso, ai tifosi non è andata giù l’ennesima stagione fallimentare, impreziosita dal fatto che tutte le altre big per congiunzione astrale abbiano mollato la corsa al titolo, ma l’Arsenal non è riuscito nemmeno lo scorso anno ad assicurarsi il titolo, arrivando dietro al Leicester di Claudio Ranieri.
Quello che più fa arrabbiare i tifosi dell’Arsenal è che un club che fattura milioni e milioni di sterline, un club con il prezzo di tickets più alto di tutta la Premier, un club che paga il suo manager quasi 10 milioni di euro all’anno, un club abituato a vincere come l’Arsenal, ridotto cosi, a spendere solo per necessità, e per garantire solamente la qualificazione in Champions ed i conseguenti introiti. Su questo la colpa non va data solamente al Manager Alsaziano, ma anche al Board dell’Arsenal, i cui obiettivi, sono più orientati sul lato economico che sportivo. Wenger ha ammesso in conferenza, che questo potrebbe essere il suo ultimo anno sulla panchina dei Gunners, soprattutto se non dovessero arrivare trofei in questa stagione. Non ci resta che aspettare dunque, i prossimi sette giorni per il mercato, ed il prossimo Maggio, per la possibile chiusura di un’era in casa Arsenal. I prossimi sette giorni saranno decisivi anche in quel senso, non si può pensare di affrontare una lunga ed impegnativa stagione con la rosa incompleta, specialmente se punti a vincere, Arséne, Spend Some F**ing Money, Time is running out…
da http://magazinepragma.com/

venerdì 12 agosto 2016

La Premier League dell'Arsenal: Gunners, se ci siete battete un colpo

Il Manchester United della nuova era Mourinho ha appena annunciato il colpo più costoso della storia, quel Paul Pogba che si aggiunge a Mkhitaryan, Bailly ma soprattutto a Ibrahimovic. Al City, Pep Guardiola può cominciare la sua nuova epopea con una carovana di rinforzi: da Nolito e Sané a Gündogan, Gabriel Jesus, il talentino Zinchenko e Stones, difensore più pagato di sempre. Il Chelsea riparte dallo Special One italiano, Antonio Conte, e dai primi due acquisti Kanté e Batshuayi, mentre il Liverpool di Klopp ha speso quasi 70 milioni per Mané e Wijnaldum. Insomma, la caccia all'erede del Leicester - Foxes di Ranieri permettendo - è cominciata a suon di affari milionari e sbarco in Premier League di super manager mondiali. Ok, ma l'Arsenal in tutto questo? Benvenuti alla classica domanda da un milione di dollari. O di sterline, in questo caso.
Ecco, con un tale budget a disposizione forse i tifosi dei Gunners farebbero indigestione di nuovi campioni. Eppure, i circa 45 milioni di euro versati nelle casse del Borussia Mönchengladbach per Granit Xhaka sembravano rappresentare l'alba di un mercato estivo folgorante. Della serie: se vengono spesi tutti questi soldi per un centrocampista di assoluto livello, ma non propriamente un top player mondiale, chissà cos'altro bolle nella pentola della dirigenza e di Arsene Wenger. Quando il nazionale svizzero è diventato un giocatore dell'Arsenal, eravamo a fine maggio. Da quel momento, a London Colney (centro di allenamento del club) si sono visti solamente altri due volti nuovi: Rob Holding, difensore centrale classe '93 prelevato dal Bolton (retrocesso in League One) per 3 milioni, e l'attaccante del '94 Takuma Asano, pescato per 4 milioni dai giapponesi del Sanfrecce Hiroshima. Se Xhaka doveva essere l'alba, il mezzogiorno di fuoco del mercato dei Gunners non è ancora scoccato.
In arrivo per la modica cifra di 30 milioni c'è Shkodran Mustafi, centrale della Germania e del Valencia individuato come sostituto ideale del connazionale Mertesacker (out fino al 2017 dopo l'infortunio al ginocchio). A centrocampo rimane in piedi la pista Mahrez, ma senza affondo decisivo all'orizzonte, mentre la suggestione James Rodriguez appare complicatissima già sul nascere. Quello che però tutti a Islington si aspettano è il boom in attacco: bene Giroud, con i suoi 24 gol realizzati nella scorsa stagione, ma per ambire alla Premier League serve un salto di qualità. Higuain? La Juventus ha bruciato tutti. Allora Icardi? Sì, ma il Napoli è nettamente avanti e comunque l'Inter parte con tutte le intenzioni di non cedere il proprio capitano. Almeno Lacazette? Teoricamente, ma il Lione ha già rifiutato la prima offerta di 40 milioni. Puntare pesi massimi come Lewandowski o Griezmann, come caldeggiato dal Sun, rischia di non aiutare in chiave di colpi fattibili.
"Siamo disposti a spendere grosse cifre per giocatori che riteniamo adatti", ha sentenziato qualche settimana fa Wenger. Il problema è che i "giocatori ritenuti adatti" o sono incedibili o costano troppo oppure volano verso altri lidi. Insomma, la filosofia attuale dell'Arsenal sembra molto chiara: vorrei ma non compro. Ecco allora che lo scetticismo continua a regnare dilagante, tanto che il Telegraph si è "divertito" a immaginare la prossima stagione dei Gunners: mercato che si chiude in maniera deludente ma seguito da una partenza a razzo in campionato; poi i primi inciampi in autunno e una serie di infortuni in inverno, seguiti a ruota dall'eliminazione prematura in Champions League; rilancio tra aprile e maggio e piazzamento dignitoso in Premier, che lascia ben sperare per l'annata successiva. Come in una sorta di ciclo perpetuo che si ripete intatto instancabile, destinato ad allungare il digiuno di 12 anni dall'ultimo campionato vinto.

Nelle ultime cinque stagioni, i biancorossi del Nord di Londra hanno collezionato due terzi posti e due quarti posti, mentre la seconda piazza dello scorso anno è suonata più come un'occasione mancata (a gennaio l'Arsenal era avanti al Leicester) che come un traguardo onorevole. In quello che potrebbe essere l'ultimo capitolo dell'era Wenger (il contratto del manager francese scadrà a fine giugno), migliorare quel piazzamento appare però molto complicato.Le soluzioni di Wenger, tra punti fermi e giovani rampanti
La vittoria per 3-2 nell'ultima amichevole contro il Manchester City offre comunque diversi segnali incoraggianti al tecnico transalpino. Il quale, al contrario dei colleghi impegnati nel plasmare a propria immagine e somiglianza le proprie squadre, prosegue nel solco del tradizionale 4-2-3-1. Con l'innesto Xhaka in cabina di regia, Wenger studia quale partner affiancare allo svizzero. Dopo una stagione da cancellare (a causa del grave infortunio al perone), Jack Wilshere è pronto a tornare a recitare un ruolo da protagonista, ma dovrà vedersela con la concorrenza di Mohamed Elneny: l'egiziano, arrivato lo scorso gennaio dal Basilea, ci ha preso gusto a giocare da titolare. Occhio anche al rientro nei ranghi di Santi Cazorla: in fatto di esperienza, lo spagnolo non ha rivali.
In difesa - davanti al punto fermo Petr Cech - Laurent Koscielny potrebbe essere affiancato dall'obiettivo Mustafi o dai giovani rampanti Holding e Calum Chambers (il brasiliano Gabriel Paulista, infortunato alla caviglia, rimarrà fermo per circa due mesi). A destra Hector Bellerin viaggia verso la consacrazione definitiva, mentre la fascia sinistra rimane proprietà di Nacho Monreal. Sulla trequarti Theo Walcott proverà a rilanciarsi dopo una stagione che gli ha precluso la convocazione agli Europei, ma le quotazioni di Alex Oxlade-Chamberlain sono sempre più in ascesa. Per quest'ultimo può trovare spazio anche sull'out mancino, nel caso in cui Wenger preferisse Alexis Sanchez come falso nueve invece dell'ariete Giroud.

Inutile sottolineare come, indipendentemente da chi sarà il centravanti, i suggerimenti dovranno arrivare da due giocatori in particolare. Il primo è Mesut Özil, il più illuminante e discontinuo dei trequartisti. In Germania giurano sul suo desiderio di tornare al Real Madrid, anche in un ruolo da comprimario. Difficile però che Wenger rinunci a cuor leggero ai 20 assist sfornati dal tedesco la scorsa stagione. E poi c'è Aaron Ramsey.
Sempre più Ramsey

Centrocampista completo per antonomasia, il gallese è stato senza dubbio uno dei maggiori protagonisti di Euro 2016. Insieme a Gareth Bale, il funambolo classe 1990 ha guidato la matricola britannica fino al sorprendente traguardo delle semifinali: proprio la sua assenza, nel match contro il Portogallo, è stata un freno a mano tirato verso i sogni di gloria dei Dragoni. Nel torneo francese Ramsey ha collezionato qualcosa come 4 assist oltre alla rete contro la Russia: un rendimento quasi più appariscente della bizzarra chioma biondo platino sfoggiata per l'occasione. Da cinque anni è titolare inamovibile nello scacchiere di Wenger, anche per lui sarebbe arrivato il momento di capitalizzare a livello di trofei.
Chi invece sogna la prima, grande stagione da star è Alex Iwobi. L'ala sinistra nata nel 1996 è già riuscito a impressionare l'Emirates Stadium nel corso della scorsa stagione. Svezzato e cresciuto dall'Arsenal, ha scalato tutte le categorie giovanili del club fino ad arrivare al debutto in prima squadra il 27 ottobre 2015, nel match di Capital One Cup contro lo Sheffield Wednesday. Quattro giorni dopo ecco l'esordio in Premier League, bagnato stavolta dal successo in casa dello Swansea. Per la prima da titolare bisogna attendere lo scorso 19 marzo: contro l'Everton arriva anche la prima rete con la maglia dei Gunners, subito bissata dal gol della settimana successiva contro il Watford. Iwobi ha chiuso la stagione con 20 presenze totali, di cui due in Champions League.
Nelle amichevoli pre-campionato ha già realizzato due reti, tra cui ilmomentaneo 1-1 contro il City. Quest'anno insomma i vari Oxlade-Chamberlain e soprattutto Theo Walcott dovranno vedersi le spalle dalla freschezza e dalla grande duttilità tattica del giovane nigeriano. Una sorta di predestinato, dato che è il nipote di un certo Jay-Jay Okocha. E dello zio, Iwobi difende i colori della Nazionale delle Super Eagles, con cui ha debuttato lo scorso ottobre dopo aver giocato per le selezioni minori inglesi. Chissà che il neo ct dei Three Lions Sam Allardyce non si ritrovi a mangiarsi le mani per uno dei talenti più promettenti dell'inesauribile vivaio dell'Arsenal.
da http://www.foxsports.it/

sabato 27 febbraio 2016

L'Arsenal al capolinea

La doppietta dello straordinario Messi ha già chiuso il discorso-qualificazione. Con la sconfitta all’Emirates Stadium, finiscono i sogni di gloria europea dell’Arsenal di Wenger, ancora una volta estromesso dal top del calcio continentale. Intendiamoci, perdere contro questo Barcellona è tutt’altro che umiliante ed è, anzi, quasi inevitabile, ma le scarse soddisfazioni dei “Gunners” in Champions League sono un problema che si trascina ormai da troppo tempo. Lo stesso progetto-Wenger, partito ormai 20 anni fa, ha avuto proprio nelle ambizioni europee il suo perno fondamentale, al punto che anche il nuovo stadio è stato costruito pensando soprattutto alla ribalta europea. Eppure, ancora oggi l’Arsenal è l’unica delle squadre più ricche d’Europa a non avere mai vinto nemmeno una volta la coppa dalle grandi orecchie. Scopriamo i retroscena di questa strana vicenda, con questo brano tratto da “Il prezzo del successo”, capitolo 17 del libro “Cambiare il mondo con un pallone”, di Lorenzo Zacchetti

Nell’aprile del 2010, “Forbes” ha pubblicato l’annuale aggiornamento della sua celebre classifica dei club calcistici più ricchi del mondo. Al primo posto si è confermato ilManchester United, con un valore stimato in 1.835 milioni di dollari, seguito da Real Madrid (1.353), Arsenal (1.181), Barcellona (1.000) e Bayern Monaco (990). A ridosso della top five, si sono piazzate Liverpool (822) e Milan (800), ma entrambe hanno registrato una perdita del 19% rispetto al 2009.
Ha perso il 19% anche il Chelsea, classificatosi nono a quota 646 milioni, mentre gli unici club in controtendenza tra i primi dieci sono gli italiani: ovvero la Juventus (ottava a 656 milioni) e l’Inter (decima a 370), con aumenti rispettivamente pari al 9 e al 12%. Per quanto riguarda i bianconeri, il dato va letto in maniera incoraggiante perchè antecedente all’inaugurazione dello Juventus Stadium, il primo impianto di proprietà di una squadra della Serie A italiana. Tuttavia, l’elemento più sorprendente della classifica è il fatto che l’Arsenal, pur calando del 2% come il Manchester United e il Real Madrid, abbia saldamente mantenuto il terzo posto conquistato nel 2007. La sorpresa scaturisce da due fattori: il vertiginoso aumento del valore del club londinese a partire dal 1996, quando aveva un volume d’affari pari appena ad un decimo di quello attuale, ed il fatto che – nonostante ciò – lo stile gestionale sia improntato alla rigorosa austerità. In entrambi i casi, la spiegazione sta nella proprietà dello stadio e pertanto l’esperienza dei “Gunners” potrà fornire utilissimi elementi di giudizio sia alla Juventus che alle altre squadre italiane destinate ad intraprendere la stessa strada negli anni a venire. La sofferta decisione di abbandonare Highbury, autentico tempio del football britannico, è stata presa nel più ampio contesto del complicato processo di adattamento alle esigenze del calcio moderno guidato da Arsène Wenger, che oltre ad assumersi la responsabilità della guida tecnica ha fortemente influenzato tutte le scelte prese dalla società durante la sua gestione.
Dopo un timido corteggiamento da parte del Tottenham, che alla fine non si dimostrò troppo convinto delle sue qualità, Wenger venne assunto dall’Arsenal nell’estate del 1996 per rimpiazzare il deludente Bruce Rioch, rimasto in sella per una sola stagione. A sua volta, Rioch era stato chiamato al difficile compito di sostituire George Graham, travolto dallo scandalo scoppiato in seguito alla scoperta delle tangenti che aveva incassato dal procuratore Rune Hauge, in cambio dell’acquisto di giocatori non certo fenomenali quali John Jansen e Pal Lydersen. Di fronte alle loro interlocutorie prestazioni, alcuni giocatori dell’Arsenal affermarono di aver nutrito dei dubbi sulla buona fede di Graham, ma lo fecero solamente dopo il licenziamento del tecnico, al quale va comunque riconosciuto il merito di aver vinto due campionati, due Coppe di Lega, una Coppa delle Coppe, una F.A. Cup ed una Charity Shield.
Il primo titolo nazionale della sua gestione, quello vinto nella stagione 1988/89, rappresenta uno dei momenti più emozionanti nell’epopea dei “Gunners” ed è stato fonte di ispirazione per “Febbre a 90°” (Guanda, 1992), il famoso libro di Nick Hornby dal quale è stato tratto il film, altrettanto di successo, con Colin Firth nei panni del protagonista (…).
Nel 1995, travolto dallo scandalo delle mazzette e dalla conseguente squalifica infertagli dalla Football Association, il tecnico fu costretto a lasciare il posto a Rioch, il quale non riuscì ad andare oltre il quinto posto in campionato che permise all’Arsenal di qualificarsi per la Coppa Uefa. Non c’è dubbio sul fatto che il suo maggior contributo alle fortune del club fu l’acquisto di Dennis Bergkamp: dopo la deludente esperienza nell’Inter e dopo essere stato strappato al Tottenham (la squadra per la quale tifava da bambino), l’olandese avrebbe trascorso undici anni da sogno con i “Gunners”, affermandosi come uno dei più grandi calciatori nella storia del club. A godere dei suoi servigi, però, non sarebbe stato Rioch ma il suo successore Arsène Wenger, giunto a Londra nel settembre del 1996 dopo aver assolto i propri obblighi contrattuali con i Nagoya Grampus Eight, formazione con la quale aveva lavorato per un anno nel campionato giapponese. Primo tecnico non britannico nella lunga storia dell’Arsenal, Wenger planò in Inghilterra da illustre sconosciuto e fu accolto con uno scetticismo perfettamente rappresentato dal titolo pubblicato dall’“Evening Standard” per riferire del suo ingaggio: “Arsène chi?”. Più il francese si dimostrava sicuro di se’ e delle sue teorie sulla gestione dei calciatori (come ad esempio i rigidi limiti imposti al regime alimentare e il divieto di vedere film pornodurante i ritiri prepartita), più l’ambiente circostante si dimostrava ostile nei suoi confronti.
“Wenger non è altro che un novellino” – affermò con scarso fair-play Alex Ferguson – “e certe teorie dovrebbe risparmiarsele per il campionato giapponese”. Invece, per l’Arsenal era davvero giunto il momento di “andare avanti”, ovvero “Move on up”, come recita il titolo del brano di Curtis Mayfield che è stato spesso suonato al termine delle partite vinte per accompagnare l’esultanza dei tifosi. Ereditando una difesa composta da arcigni veterani che iniziavano a scricchiolare sul piano della tenuta fisica (Adams, Bould, Winterburn, Keown e Dixon), Wenger intuì che il sistema migliore per sfruttarne le caratteristiche era disporli in una linea di quattro elementi, mentre in precedenza l’Arsenal aveva sovente impiegato la difesa a tre. L’Arsenal venne quindi ridisegnato con un 4-4-2 chiaramente ispirato al Milan di Sacchi e, guardando ancora più indietro, all’Olanda del calcio totale.
Perno del centrocampo era Patrick Vieira, il primo acquisto dell’era-Wenger: il manager lo ingaggiò poco dopo la sua nomina da parte dell’Arsenal quando il mediano aveva solo vent’anni e, in seguito al fallimento della sua unica stagione con la maglia del Milan, venne pagato appena 3,5 milioni di sterline, una cifra decisamente irrisoria per quello che sarebbe diventato il capitano e il leader della squadra. L’estate seguente, il tecnico di Strasburgo rinforzò ulteriormente la squadra con gli innesti di Emmanuel Petit, Marc Overmars e Nicolas Anelka, quest’ultimo acquistato alla tenera età di diciassette anni, versando soltanto 500.000 sterline nelle casse del Paris Saint Germain. La scelta si rivelò particolarmente lungimirante due anni dopo, quando Anelka venne ceduto al Real Madrid per 22,3 milioni di sterline, con un’impressionante plusvalenza di 21,8 milioni!
Sul piano meramente sportivo, i tre acquisti dell’estate 1997 si rivelarono altrettanto azzeccati, visto che Wenger, nel suo secondo anno ad Highbury, realizzò il secondo “Double” nella storia del club con la conquista del campionato e della Coppa d’Inghilterra. La storica impresa permise all’Arsenal di tornare a disputare la massima competizione europea per club, che nel frattempo si era trasformata da Coppa dei Campioni in Champions League.
In seguito alla radicale riforma del 1992, il torneo era diventato una vera e propriafabbrica di soldi, in grado di decretare la fortuna di chi si fosse dimostrato in grado di arrivare fino in fondo – accumulando premi aggiuntivi – e la sventura di qualunque grande club che non fosse riuscito ad esservi ammesso. Il massiccio afflusso di denaro proveniva in massima parte dalle televisioni che si erano aggiudicate i diritti di trasmissione delle partite, aumentate nel numero grazie all’apposita revisione del format.
Le nuove caratteristiche della competizione comportavano però anche ulteriori oneri a carico delle squadre partecipanti, chiamate a compiacere gli sponsor mettendo a loro disposizione numerosi biglietti-omaggio, zone riservate all’hospitality ed ampi spazi ai bordi del campo per il posizionamento dei cartelloni pubblicitari. Costruito nel lontano 1913, Highbury presentava delle oggettive criticità, anche per l’esiguo numero di parcheggi circostanti lo stadio. Soprattutto in considerazione della sua limitata capienza, che secondo le norme Uefa non avrebbe superato le 35.000 unità, l’Arsenal prese la clamorosa decisione di disputare le partite casalinghe di Champions League nel vecchio Wembley, dove si sarebbero potuti accogliere senza difficoltà oltre il doppio degli spettatori. Il mastodontico impianto londinese non portò buona sorte ai ragazzi di Wenger, eliminati al primo turno dopo aver perso in casa contro il modesto Lens. La stessa espressione “in casa” sembrava poco indicata per lo stadio con le torri gemelle, decisamente più freddo di Highbury e soprattutto collocato in una zona troppo distante dalla sede naturale del club: nel vasto territorio di Londra, con tutte le squadre e gli stadi che ci sono, la cosa ha un certo peso. L’avventura europea non finì meglio nella stagione successiva, quando la corsa dell’Arsenal terminò nuovamente alla prima curva. I “Gunners” arrivarono soltanto terzi nel girone che promosse Barcellona e Fiorentina, ma la partita casalinga contro l’AIK Solna, fanalino di coda, convinse la società che i tempi erano maturi per intraprendere la svolta: i 74.000 spettatori accorsi a Wembley per la sfida con i modesti svedesi erano molti di più di quanti sarebbero mai potuti entrare ad Highbury, anche nel remoto caso che lo storico impianto fosse stato radicalmente ristrutturato.
David Dein, ai tempi potentissimo vicepresidente dell’Arsenal, attribuì la massiccia affluenza alla decisione di mettere in vendita ben 20.000 biglietti a sole dieci sterline ciascuno, politica ovviamente impraticabile ad Highbury. Per realizzare incassi anche lontanamente comparabili, la società avrebbe dovuto praticare prezzi di ingresso degni di una gioielleria, ma in questo modo avrebbe inevitabilmente scontentato una larga fetta dei propri tifosi. Costruire un impianto di dimensioni superiori divenne quindi un’impellente urgenza per un club intenzionato a competere con il Manchester United, sostenuto dai 60.000 dell’Old Trafford, ed il Chelsea, nel cui impianto di Stamford Bridge trovano confortevole accoglienza 42.500 tifosi. A fronte delle cocenti delusioni sul piano dei risultati, l’Arsenal trovò quindi particolarmente produttivo l’esperimento di Wembley, sia per i notevoli incassi ottenuti nell’immediato, sia per l’implicita conferma delle proprie mire espansionistiche. La dicotomia tra il bilancio sportivo e quello economico rappresenta, più in generale, un paradosso che il club deve necessariamente sciogliere, prima di definire i propri obiettivi per il futuro.
Solo un gruppo dirigenziale strenuamente convinto delle proprie scelte avrebbe potuto impegnarsi in un progetto delicato quale la demolizione del mitico Highbury, allo scopo di riconvertirne l’area in un complesso residenziale gestito dallo stesso club attraverso una società controllata. Le evidenti ripercussioni di tale scelta abbracciano non soltanto le sorti finanziarie dei londinesi, ma anche (e soprattutto) l’identità del club, privato del suo storico punto di riferimento. Dopo una stagione disputata con una maglia celebrativa di color granata per evocare la divisa del 1913/14, il primo anno ad Highbury, il 7 maggio del 2006 l’Arsenal ha abbandonato l’impianto soprannominato “la casa del calcio” e si è trasferita nel suo nuovo home-ground.
Il successivo 22 luglio, in occasione dell’amichevole organizzata contro l’Ajax per salutare il ritiro di Dennis Bergkamp, è stato inaugurato l’Emirates Stadium, edificato nella zona di Ashburton Grove. Pur trovandosi a poca distanza dal vecchio Highbury, l’imponente catino capace di contenere oltre 60.300 spettatori, tutti seduti come da normativa in vigore, sembra davvero appartenere ad un’altra dimensione (…) da http://eurocalcio24.com/

giovedì 17 settembre 2015

La passione per l'Arsenal e Wenger, il mantra di Jeremy Corbyn

"In Arsène we trust", "Di Arsène ci fidiamo". E' lo striscione che alcuni tifosi dell'Arsenal esibiscono ormai da alcuni anni per testimoniare la loro fedeltà al manager - il francese Arsène Wenger - di una delle più gloriose squadre di calcio inglesi. Ma è anche uno dei mantra di Jeremy Corbyn. Sì, perchè il nuovo leader del Partito laburista britannico è uno sfegatato tifoso dei Gunners, dei quali va orgoglioso tanto quanto le sue idee di sinistra. Anzi, il parlamentare della circoscrizione di Islington - il quartiere del Nord di Londra dove gioca e con cui si identifica l'Arsenal - ha addirittura chiesto pubblicamente che la sua squadra del cuore sia riconosciuta come la migliore al mondo.
Commentatori e media britannici non hanno mancato di mettere in risalto le similitudini tra Wenger, dal settembre 1996 al timone dei Gunners, e Corbyn. Uomini dai fieri principi, cattivi incassatori (bad losers, per usare l'espressione inglese), sono entrambi diventati un'istituzione nel Nord di Londra con il trascorrere degli anni. Come parlamentare del Labour, Corbyn ha ottenuto un plebiscito a Islington; Wenger, da parte sua, ha uno dei "lavori" più sicuri nel mondo del calcio, visto che siede sulla panchina dell'Arsenal da diciannove anni e negli ultimi undici - come non manca di sottolineare il suo detrattore José Mourinho, manager portoghese del Chelsea - ha vinto la miseria di due Coppe d'Inghilterra.
Entrambi sono seguiti con passione da schiere di appassionati che li reputano dei 'Messia' nei rispettivi settori, ma anche insultati da tanti denigratori che li considerano 'dinosauri anacronistici' non in grado di restare al passo con i tempi dell'era moderna. Tutti e due, ovviamente, condividono un amore profondo per i colori dell'Arsenal.
Accalorato tifoso dei biancorossi, il leader del Labour non ha mai esitato, inoltre, a rendere pubbliche sui social network le sue opinioni sul club. Anche da neofita dei social media, Corbyn non nascondeva di essere impaziente che arrivasse sabato per vedere dal vivo la sua squadra giocare. A volte le prestazioni dei Gunners lo lasciavano perplesso, altre lo esaltavano: i normali alti e bassi di una formazione che negli ultimi periodi ha faticato ad affermarsi, sia in patria sia nelle coppe europee.
Uomo del popolo, Corbyn ha sempre saputo le priorità della sua circoscrizione. Su Twitter, il 14 aprile 2010, scriveva: "A night off the canvassing for Arsenal v Spurs, let's face it, door knocking during local football derby will only lose votes!" (Una notte senza porta a porta per Arsenal-Tottenham, ammettiamolo: fare propaganda durante il derby farà soltanto perdere voti!). Purtroppo per lui e i tifosi dei Gunners, la squadra di Wenger perse 2-1 quel derby del Nord di Londra, sconfitta che di fatto affossò le speranze di vincere la Premier League.
A testimonianza della sua ammirazione per Wenger, Corbyn si rifiutò di criticare il manager alsaziano anche quando l'Arsenal fu travolto 8-2 dal Manchester United quattro anni fa. Sempre su Twitter, dopo quel disastroso ko, scrisse: "We praised Wenger when we won. Support him as we rebuild. In Arsene(al) we trust" (Abbiamo elogiato Wenger quando ha vinto. Sosteniamolo mentre stiamo ricostruendo. Di Arsène ci fidiamo). Pazienza ricompensata nel maggio 2014, quando la squadra è tornata vincere la FA Cup bissando quel successo anche un anno dopo.
Corbyn, però, non ha sposato la causa dell'Arsenal solo su Twitter. Nel 2004, quando i Gunners vinsero la Premier League senza perdere neanche una partita (la squadra ribattezzata degli 'Invincibili'), non esitò infatti a firmare una petizione che chiedeva di riconoscere l'Arsenal come la squadra più forte del mondo. Altri tempi...ma non ditelo al leader del Labour! da http://www.askanews.it/

domenica 23 novembre 2014

Arsenal dilemma: dopo Wenger, Henry o Klopp?

Potrebbe prospettarsi davvero un bel dilemma per i tifosi dell’Arsenal: meglio l’amatissimo (ma inesperto) Thierry Henry o il più collaudato Jurgen Klopp sulla futura panchina Gunners? Ovviamente parliamo per ipotesi, soprattutto per quanto riguarda l’attaccante francese, che prima di prendere i galloni di allenatore deve ancora decidere se (ed eventualmente quando) appendere gli scarpini, visto che il contratto con i New York Red Bulls scadrà sì il prossimo mese ma lui non ha ancora fatto parola su quello che farà dal primo gennaio in poi. Ad aprirgli la porta dell’Emirates è però Arsene Wenger in persona, di certo più felice di accogliere il leggendario Titì nel suo staff piuttosto che farsi da parte per lasciare spazio al tedesco del Borussia Dortmund. "Non è affatto impossibile che Henry torni con noi – ammette l’attuale tecnico dell’Arsenal – e poi io sono sempre favorevole agli ex di ritorno, ma a patto che non sia solo per un impiego onorario ma per un lavoro vero, che consenta loro di alzarsi la mattina per fare davvero qualcosa". Insomma, niente ruolo di rappresentanza. Che fra l’altro lo stesso Henry manco vorrebbe di suo, visto che già in passato non aveva fatto mistero di gradire un eventuale ritorno come tecnico nel club in cui aveva giocato 8 anni, vincendo due campionati e realizzando il record di 228 reti. "Henry ha tutte le qualità per fare l’allenatore, ma deve essere pronto a sacrificare la sua vita per questo lavoro. Quando si è giocatori, si è convinti che sia semplice diventare allenatori – spiega Wenger - ma quando poi lo si diventa, si scopre che in realtà è tutto molto più complicato e se non si è preparati a quello a cui si va incontro, non si sopravvive". E la qualità che serve più di tutte per resistere su una panchina, alla stregua di quanto sta facendo lui, in carica su quella londinese dal 1996 e fresco di rinnovo per altri tre anni, "è la capacità di resistere alle critiche quando senti che non sono giustificate – continua l’alsaziano - ma non so se lui sarà capace di farlo, perché prima deve imparare il lavoro. Ne ho visti troppi in passato che, pur avendo le qualità per allenare, hanno fallito perché non erano pronti".
E per essere pronti, bisogna buttarsi subito nella mischia, come ha fatto Zinedine Zidane, a cui hanno affidato la responsabilità della squadra B del Real Madrid,"perché in questo modo impari a gestire lo spogliatoio e le persone che hai attorno". Una lezione che il suo rivale – per ora solo di Champions League, martedì sera all’Emirates - Klopp ha imparato bene al punto da diventare uno dei migliori tecnici della nuova generazione europea, sebbene quest’anno il suo Borussia in campionato stia facendo maluccio (è al 15° posto in Bundesliga con appena 10 punti, uno in più del fanalino di coda Stoccarda e ben 17 in meno della capolista Bayern Monaco). Sarà forse per questo che il barbuto Jurgen sta pensando ad un trasferimento all’estero e, nel caso specifico, proprio in Premier League, ovvero "l’unico campionato in cui potrei allenare oltre alla Germania, perché conosco già un pochino d’inglese e la lingua è fondamentale per il mio lavoro", come spiega lui stesso in un'intervista a BT Sport . E pensare che quando arrivò a Dortmund pensava di rimanerci "giusto due o tre anni, perché per me non è importante stare tanto tempo nello stesso posto". E invece ne sono passati più di sei ed è ancora lì. "Non so quando me ne andrò, per ora non ci penso e mi concentro sulla strada che abbiamo seguito finora: fintanto che avrà successo, non dovremmo cambiarla. Ma se qualcuno mi chiamerà, se ne potrà parlare". Frase che ha già messo in allerta mezza Premier League che conta, comprese le due squadre di Manchester e il Liverpool, mentre i tifosi dell’Arsenal sognano (per ora) l’impossibile: ovvero, Klopp in panchina e l’adorato Titì nello staff tecnico.
da http://www.gazzetta.it/

domenica 28 settembre 2014

ARSENAL-TOTTENHAM, il giorno dopo


Non era la partita del secolo, dell’anno e nemmeno del giorno, ma Arsenal-Tottenham, 24 ore dopo, merita un piccolo approfondimento per un motivo specifico: perché noi di Fox Sports eravamo presenti, e un piccolo reportage attraverso la visione personale di un evento merita sempre di essere fatto, magari per brevi punti riassuntivi.
ATMOSFERA - Modesta prima della partita, nelle immediate vicinanze dell’Emirates Stadium. Nel senso di scalinate di salita dalle vie circostanti, di ampio marciapiede che gira attorno allo stadio. È una conseguenza inevitabile della struttura stessa dell’impianto, che è leggermente separato dal mondo che gli sta attorno: nel tratto in cui si lasciano le strade di accesso, non vi sono, fino ai tornelli, chioschi se non quelli di vendita dei programmi della partita, per cui non si crea la possibilità di raduno progressivo di persone, se non di chi ha fissato lì un punto di ritrovo per poi però entrare immediatamente. Più animato il resto del quartiere, proprio in pub e locali appena fuori dall’ombra dello stadio, e animati pure i mezzi di trasporto, con cori spontanei, isolati, a volte di poche persone, chiaramente però elettrizzate dal pensiero dell’imminente partita. È del resto in quegli ambienti, ovvero i pub, che va cercata al giorno d’oggi una passione vocale che in altri tempi - e con altri pericoli, però - poteva allargare il suo suono a tutto il quartiere, senza una regola. All’interno dello stadio un tifo non di alto livello, se non come conseguenza di momenti importanti della partita: notevole l’immediata reazione dei tifosi Arsenal al gol del Tottenham, così come sempre affascinante “Oh When the Spurs go marching in” degli ospiti (e a questo proposito presto ci saranno novità nella programmazione di Fox Sports). Abbiamo seguito la partita dal Directors’ Box, ovvero la tribuna vip (Boris Becker, Franco Baldini, il presidente degli Spurs Daniel Levy, l’amministratore delegato dell’Arsenal Ivan Gazidis erano nelle medesime poltrone, per dire), e ci ha sorpreso il fatto che anche lì, dopo un abbondante pasto pre-partita (al quale ha presenziato, solo per salutare i presenti, anche Arséne Wenger, a meno di un’ora dal calcio d’inizio), ci fossero comunque emozioni palesi anche se non sbracate, un’atmosfera certamente pacata e rispettosa dell’ambiente (poltrone in pelle, camerieri e tutto il resto) ma non soporifera e distratta come si può pensare. Un po’ di emozione anche nel vedere Alan Sunderland, centravanti dell’Arsenal tra il 1977 e 1984: non ha sorpreso vederlo firmare maglie di cotone gialle con colletto blu, perché quella era la maglia dei Gunners il 12 maggio del 1979, in una delle finali di FA Cup più belle della storia. L’Arsenal vinceva 2-0 all’86°, ma nel giro di due minuti il Manchester United accorciò con Gordon McQueen e pareggiò con Sammy McIlroy tra scene di delirio (nelle curve i posti erano solo in piedi, e la massa umana impressionante). Si torna a centrocampo per il calcio d’inizio, Liam Brady (presente anche lui nella tribuna vip) prende palla, dribbla due uomini in velocità, di esterno sinistro appoggia sulla fascia a Graham Rix, che crossa: il portiere Gary Bailey manca l’uscita e Sunderland, in scivolata, anticipa il difensore Arthur Albiston appoggiando il 3-2 finale. Roba indimenticabile, credeteci. Nel dopopartita, poi, più delusi i tifosi Arsenal, più sollevati quelli Spurs, ma lo si poteva solo indovinare, sbirciando i comportamenti comunque vivaci nei locali della zona di Islington, una delle più movimentate di Londra, con un traffico che la sera tardi non è molto diverso da quello delle ore di punta.
PARTITA - L’avete vista in tanti, cerchiamo però di darne una lettura vista dal vivo, dunque con la possibilità di seguire con lo sguardo tutto il campo, Arsenal che ha iniziato con quello che pareva un 4-3-3 più che un 4-2-3-1, data la posizione di Jack Wilshere non solo nel ripiegamento difensivo, largo a sinistra, anche se pronto a infilarsi in mezzo con possesso di palla. Con Mesut Ozil dal medesimo lato, e Alex Oxlade-Chamberlain a destra, ai lati cioé di Danny Welbeck, molto incisivo nel primo tempo, meno nel secondo. Gli Spurs avevano un 4-2-3-1 con Etienne Capoue e Ryan Mason davanti alla difesa, Christian Eriksen a sinistra, Erik Lamela a destra e Nacer Chadli così a ridotto di Emmanuel Adebayor da far sembrare la formazione un 4-4-2, come era palesemente in fase difensiva, dato che tra i due davanti e gli otto dietro restava spesso molto - troppo - spazio. I cambi a cui è stato costretto l’Arsenal già nel primo tempo hanno modificato qualcosa, di fatto, solo nella seconda occasione, con Santi Cazorla al posto di Aaron Ramsey e un netto ritorno al 4-2-3-1: Welbeck punta centrale, Cazorla a sinistra, Ozil in mezzo, Oxlade-Chamberlain a destra. Poco è cambiato dopo il gol di Chadli, nato da una palla mal gestita da Flamini, rubata da Eriksen e rifinita da Lamela, ma al 64°, con l’ingresso di Alexis Sanchez al posto di Jack Wilshere, Cazorla si è affiancato a Flamini con il cileno sulla sinistra, a sostituirlo. Formazione rischiosa perché molto sbilanciata, con gli Spurs che avrebbero potuto pressare e ripartire, se per paradosso Chadli non si fosse trovato spesso troppo avanzato. 
Preso il gol, il Tottenham si è chiuso: dentro Nabil Bentaleb al posto di Chadli e con Capoue solo davanti alla difesa è diventato un 4-1-4-1, con da sinistra Lennon, Bentaleb, Mason e Lamela. Meno allungo, più compattezza, quelle di una squadra teoricamente inferiore, che a quel punto si accontenta del pareggio, pur nella consapevolezza (speriamo) che nel calcio chiudersi non è poi così utile, dato che bastano un errore o un rimpallo per cambiare tutto. Pensate solo al gol di Oxlade-Chamberlain: la palla gli è arrivata solo perché Welbeck l’ha mancata del tutto, un metro prima di lui.
di Redazione FOXSports, http://www.foxsports.it/

domenica 21 settembre 2014

E' un Arsenal-e di milioni

L’Arsenal chiude i conti del 2014 (al 31 maggio) con un utile ante imposte di 5,9 milioni di euro (4,7 milioni di sterline), in calo rispetto ai 8,5 milioni (6,7 milioni di sterline) del precedente esercizio. Grazie a un credito d’imposta di 3,3 milioni il profitto post pagamento delle tasse è stato di 9,2 milioni di euro (+7,3 milioni di euro nel 2013). Peraltro da aprile 2015 le aliquote dell’imposta sulle società in Gran Bretagna scenderà al 20%. Nell’anno della vittoria in Fa Cup, dunque, il fatturato del club è salito da 355 a 383,5 milioni di euro (301,9 milioni di sterline). L’incremento è dovuto soprattutto all’aumento dei diritti tv della Premier League (+40%) e delle sponsorizzazioni, in attesa che il prossimo bilancio riporti gli effetti benefici del nuovo accordo record con Puma. “Il club è in ottima forma e fuori dal campo”, ha detto l’amministratore delegato Ivan Gazidis. Sui conti del club ha pesato la campagna acquisti che ha visto l’arrivo a Londra di top player come Ozil, preso dal Real Madrid per la cirfra record di 53,3 milioni di euro, e dal conseguente aumento degli ingaggi, saliti da 196 a 211 milioni di euro e assorbono il 55% delle entrate (nel 2013 erano al 63%). AL costo della rosa si aggiungono 51 milioni di euro di ammortamenti per il costo dei cartellini.  Il fatturato operativo del settore calcio è stato pari a 379,5 milioni di euro, mentre lo sviluppo delle proprietà immobiliari legato alla vendita di immobili nella zona del vecchio Highbury vale solo 4 milioni di euro (nel 2013 quest’attività ha portato ricavi per 47,6 milioni di euro grazie anche alla cessione dell’area di Queensland Road). Dal botteghino dell’Emirates stadium e dal matchday sono arrivati introiti per 127 milioni di euro (118 nel 2013), dai diritti tv 153 milioni di euro (109 nel 2013), dall’area commerciale 75 milioni di euro e altri 23 dal settore retail e licensing in linea con il 2013, per un totale dal comparto di 98 milioni di euro. 
Arsenal.com intanto continua ad attirare tifosi di tutto il mondo attraverso i canali media digitali e sociali. www.Arsenal.com resta il primo portale per tutte le notizie Arsenal, ci sono 28 milioni di fan su Facebook, più di 4 milioni su Twitter e il canale YouTube lanciato di recente ha già 135.000 iscritti. Inoltre, l’Arsenal continua a sviluppare l’uso di Instagram, Suono Nube, Flickr e la presenza sui social media in Cina.  Il club della famiglia Usa Kroenke ha rinnovato la collaborazione con MP Silva che continuerà a distribuire “The Arsenal Media Channel” e a fare da consulente strategico del club. Nella stagione 2013/14, MP Silva ha realizato una distribuzione record del prodotto in 130 territori in cinque continenti, coprendo una portata potenziale pubblico di 392 milioni di famiglie in Europa, Asia-Pacifico, MENA, America Latina e Nord America. da http://www.itasportpress.it/

mercoledì 21 maggio 2014

Arsenal: l’analisi tecnica del Bilancio 2012/13

La società “Arsenal Holdings plc” ha chiuso il bilancio consolidato al 31 maggio 2013 con un fatturato di £ 280,4 milioni (€  327,3 milioni ad un cambio 1 € = 0,8565 £) e un utile netto di £ 5,8 milioni (€  6,8 milioni). Mentre il fatturato segna un incremento di £ 37,4 milioni (+15,37%), grazie al settore immobiliare, l’utile netto segna un decremento di £ 23,8 milioni. Il settore sportivo ha contribuito con un fatturato di £ 242,8 milioni (€ 283,5 milioni) ed un risultato prima delle imposte positivo per £ 1,6 milioni. Gli Amministratori, dopo aver creato una base finanziaria solida, hanno posto come obiettivo fondamentale la crescita dei ricavi commerciali, per rendere il club sempre più competitivo.
L’Arsenal fa parte di un gruppo con a capo la società Arsenal Holdings Plc, con sede nel Regno Unito. Arsenal Holdings Plc è, a sua volta, controllata dalla società KSE UK Inc., che ne possiede il 66,8%. Tale società, risulta registrata negli USA, precisamente nello Stato del Delaware, e fa capo a Enos Stanley "Stan" Kroenke, che pertanto è il controllore in ultima istanza del Gruppo.
Al momento l’Arsenal non ha alcun problema a confrontarsi con il criterio del “Breakeven Result” del Fair Play Finanziario e con le sue soglie di tolleranza. Il risultato prima delle imposte del Gruppo al 31 maggio 2013  è positivo per £ 6,6 milioni (€ 7,8 milioni), quello al 31 maggio 2012 era anch’esso positivo per £ 36,6 milioni.
Se considerassimo solo il settore calcio l’aggregato del risultato prima delle imposte degli ulimi due esercizi è positivo per £ 35,7 milioni pari a € 41,7 milioni.
L’utile netto del 2012/13, risulta pari a £ 5,8 milioni (£ 29,6 milioni nel 2011/13) ed è ormai l’undicesimo risultato positivo consecutivo, per trovare un bilancio in perdita bisogna risalire all’ormai lontano 2001/02.
Molti sono i dati del bilancio consolidato da giudicare positivamente in ottica Fair Play Finanziario. Tuttavia, da contraltare a questi ottimi risultati economici e finanziari, alcuni tifosi mettono in evidenza che l’Arsenal non vince un trofeo importante, ormai da molti anni.
Gli Amministratori del club hanno messo in rilievo che questi anni sono serviti a creare una base finanziaria solida, che risulterà molto utile nel futuro. Per conseguire un business sostenibile è molto importante la crescita dei ricavi commerciali, che rappresenta un obiettivo fondamentale del club sia nel breve che nel medio termine. Secondo gli Amministratori, la concorrenza è diventata molto agguerrita, sia da parte dei club della Premier League, che da parte degli altri club europei. Nonostante l’introduzione del Fair Play Finanziario, i prezzi dei migliori calciatori è in continua crescita (si pensi a Bale) e di conseguenza anche i salari. Pertanto, con la solida base finanziaria creata in questi anni, il club potrà essere competitivo. L’acquisto di Mesut Özil dal Real Madrid, durante l’ultima campagna trasferimenti, sembra confermare tale ragionamento. da http://tifosobilanciato.it/

martedì 25 marzo 2014

Un uomo distrutto: Wenger e diciassette schiaffoni

Sei dal Chelsea, cinque dal Liverpool, sei dal City. E una distanza non esagerata dalla vetta, se non in termini di idee e modi di fare calcio. La millesima panchina di Arsene Wenger doveva essere una festa. Anzi, la festa, con la possibilità di avvicinare ulteriormente il Chelsea - e virtualmente superarlo - in una classifica che poteva anche sorridere ai Gunners. La vittoria con il Tottenham, con il fantastico tiro di Rosicky, sembrava avere ridato serenità e speranza a un ambiente scosso dall'ennesima eliminazione in Champions League agli ottavi, contro un Bayern che sembrava anche gestibile. Ecco, la differenza è tutta qui. Con i bavaresi, pur avendo perso nel doppio confronto, c'è stato un barlume di gioco, un'idea di come contrastare una squadra più forte. Insomma, la diga ha retto, e pure bene, soprattutto pensando all'1-1 dell'Allianz Arena e a quei 40 minuti - fino alla discussa espulsione di Szczesny - all'Emirates, dove il Bayern era sembrato tutt'altro che irresistibile, seppur immensamente qualitativo.
Così capita che Wenger, dopo i sei gol subiti dal Chelsea del nemico giurato José Mourinho, decida di cancellare la conferenza stampa prepartita con lo Swansea, in un recupero che potrebbe portarlo a meno quattro dalla vetta, un'altra volta, per provare ancora ad agganciare la squadra di Mourinho. La cosa incredibile è però notare come ogni volta che i Gunners scendono in campo lontano dall'Emirates fanno figure barbine, almeno contro le avversarie dirette. I cinque contro il Liverpool erano stati influenzati dal 4-0 dopo 20 minuti che ha fatto tirare il freno ai Reds. Ma pure i sei gol subiti con il Manchester City - risultato finale 6-3 - erano stati più di un campanello d'allarme. In totale diciassette schiaffoni che dovrebbero far pensare. Perché questa squadra forse deve smettere di acquistare centrocampisti offensivi di ogni risma, inserendo un grande portiere e qualche difensore di livello assoluto. E non in prospettiva: FA Cup a parte il rischio è quello di essere ancora a "zeru tituli" pure quest'anno. da http://m.tuttomercatoweb.com/

mercoledì 5 marzo 2014

Arsenal, sarà “la solita vecchia storia”?

A volte il senso delle stagioni si può intuire dai piccoli dettagli: un gol fortunoso, un episodio arbitrale a favore, una parata decisiva al momento giusto. Questo, ovviamente, quando Eupalladecide di dare la propria benedizione. Quando il dio del calcio sceglie infatti altra sorte, la stagione rischia di assomigliare parecchio al momento dell’Arsenal.
Liverpool, Manchester United, Liverpool (FA Cup), Bayern Monaco – Sunderland e Stoke – e poi di nuovo Everton (FA Cup), Bayern Monaco, Tottenahm, Chelsea e Manchester City.
Più che un calendario normale, quello dei Gunners, dallo scorso sabato 8 febbraio a fino a fine marzo, sembra uno di quei tour di lusso in Asia che in Premier si è soliti fare in piena estate per ingrassare le casse. Eppure, per Arsene Wenger, di sole, ritiri e fan impazziti nemmeno l’ombra: siamo a Londra, è ancora inverno, e le prossime saranno praticamente tutte partite da dentro-fuori.
Che il calendario dell’Arsenal fosso insidioso i più fini analisti lo sottolinearono già in agosto, prevedendo per i Gunners un marzo folle in caso di sesto turno di FA Cup e contemporaneo passaggio agli ottavi di Champions League; ma l’inizio stagione dell’Arsenal – o meglio, una buona prima parte – aveva fatto riflettere anche i più scettici su come in fondo una squadra così avrebbe potuto affrontare senza paura il maxi-ostacolo calendario.
Avrebbe, appunto. Sì perché tra Eupalla e demeriti propri l’Arsenal sta dando gravi segnali di cedimento proprio nel momento più delicato; e Wenger al tempo stesso rischia di dar involontariamente credito ancora una volta alle parole di José Mourinho. La maxi scoppola ricevuta a inizio del ciclo terribile partito ad Anfield (5-1) non è stata di per sé un segnale molto incoraggiante, così come le occasioni sprecate contro il Bayern Monaco prima di crollare sotto i colpi di una squadra più cinica e forte. E poi gli infortuni. Il gioiello Aaron Ramsey – vero trascinatore per 2 mesi e mezzo - rotto da un pezzo, il crack di Walcott, il calo fisico di Jack Wilshere ma soprattutto il passaggio a vuoto di Mesut Ozil hanno portato ai Gunners un’involuzione evidente. La squadra che per la prima volta sembrava essere finalmente matura e in grado di gestire anche le difficoltà di sta sciogliendo come neve al sole, e le indicazioni di una reazione dal punto di vista psicologico sonopari a zero.
Il miglior indicatore da questo punto di vista è arrivato nella sfida di Stoke-on-Trent contro i Potters. L’imperativo nell’Arsenal era prima del weekend scorso uno solo: 6 punti nelle “sfide cuscinetto” contro Sunderland e Stoke in attesa di giocarsi tutto nel marzo folle. Ma la sconfitta con lo Stoke – e la peggior prestazione dell’Arsenal in questa stagione – rischia seriamente di portare i Gunners alle due sfide decisive contro City e Chelsea con una situazione già compromessa. Anche perché prima del bivio ci sono da affrontare le trasferte di Monaco di Baviera e White Hart Lane contro gli arci-rivali del Tottenham. Insomma, una situazione che non promette nulla di buono per l’Arsenal e che al tempo stesso non può nemmeno sorridere più di tanto per Ramsey. Il ritorno del gallese – 13 gol fino al Boxing Day, giorno del crac contro il West Ham – sarebbe dovuto arrivare proprio in questi giorni ma la ricaduta di fine gennaio priverà i Gunners del loro gioiellino presumibilmente fine alla sfida contro ilManchester City del 29 marzo. Lì, il ciclo terribile, sarà praticamente volto al termine e probabilmente saremo già a conoscenza dei fatti: Ozil avrà ritrovato se stesso?; Giroud avrà risolto risolto i suoi scandali?; Wilshere avrà preso per mano la squadra?; Wenger sarà riuscito a dare quella scossa psicologica che fin non si è praticamente mai vista (match con il Liverpool in FA Cup escluso)? Insieme alle risposte a queste domande arriverà dunque anche la replica a quella più comune in casa Gunners dall’ormai lontano 2005: ovvero se per l’Arsenal, alla fine, sarà la solita same old story.
da http://it.eurosport.yahoo.com/

venerdì 22 novembre 2013

I tifosi dell'Arsenal vogliono una standing area all' Emirates Stadium

Il collettivo The Black Scarf Movement, un gruppo di tifosi dell'Arsenal F.C., ha condotto un interessante sondaggio sull' atmosfera dell' Emirates Stadium, i costi elevati degli abbonamenti e biglietti, e sull'opinione dei tifosi sull' eventuale introduzione di una standing area nel proprio stadio.

Il sondaggio, attivo per due settimane, dal 31 ottobre al 14 Novembre 2013, ha coinvolto 17.377 supportersdel club londinese a dimostrazione di quanto gli argomenti affrontati nella ricerca stiano a cuore ai supporters dei Gunners, e quanto siano fondate le impressioni, visti i risultati, non solo all' Arsenal ma in generale complessivamente nel calcio inglese, sul calo dello storico e tradizionale calore degli stadi del Regno Unito.

Le preoccupazioni sul calo dell'entusiasmo dei tifosi all' Emirates Stadium sono confermate dai risultati che evidenziano che solo il 5,9% dei partecipanti ritiene che l' atmosfera nel corso matchdays sia buona e più della metà, il 52,6% invece che sia scarsa.

What is your view on the general matchday atmosphere at Emirates Stadium, in terms of volume
and support for the team?

Good 5.9%
Average 41.5%
Poor 52.6%

I costi continuano a rappresentare un problema con il club tra i più cari della Premier League(qui dettagli)

I circa 17.000 supporters partecipanti hanno poi avuto modo di esprimersi sulla standing area, argomento sempre più al centro del dibattito dei supporters inglesi, colpiti dai risultati e dall'atmosfera degli stadi tedeschi dove le aree riservate ai posti in piedi sono ancora una realtà, e compattamente, con il 91,5%, si sono detti favorevoli.

Lo stesso allenatore dei Gunners Arsene Wenger alla domanda sulla standing area all'Emirates si è detto favorevole, 

Yes [I would be in favour], 100 per cent”.

Having seen the success of safe standing in other countries, for example Germany, clubs in the
UK are now starting to consider the introduction of this at their grounds.

Aston Villa and Celtic are just two of a growing number of clubs in the UK now looking at trialling
safe standing, with a view to introducing it full time. Other Premier League clubs such as Cardiff
City, Crystal PalaceHull City, Sunderland and Swansea City have all said they would be happy to
introduce safe standing if the demand was there from their supporters. Indeed, Arsene Wenger
gave his backing to the idea, stating “Yes [I would be in favour], 100 per cent”.

Would you like Arsenal push forward on such an initiative, starting with a trial of safe standing at
Emirates Stadium?

Yes 91.5%
No 8.5%

Si aggiungono anche i tifosi dell'Arsenal alla lunga lista dei sostenitori della reintroduzione delle standing areas negli stadi inglesi, ad avere già espresso la propria posizione favorevole in via ufficiale ci sono le società Cardiff City, Crystal Palace, Hull City, Sunderland e lo Swansea City, a Manchester il Manchester United Supporters Trust(MUST) si è addirittura proposto di finanziare un progetto di standing area all' Old Traffordper poi ottenere una quota del club(qui dettagli), sponda City invece è recente un' indiscrezione di un incontro tra il politico locale John Leech e la proprietà araba per valutarne la realizzazione nello stadio Etihad.

La campagna ''Safe Standing'', che ha analizzato molto da vicino i vantaggi degli spalti in piedi degli stadi tedeschi(qui dettagli), coordinata dalla Football Supporters' Federation(dettagli qui), network di tifosi che coordina oltre 200.000  tra supporters e associazioni del Regno Unito in attività collettive volte a migliorare il calcio inglese, continua a riscuotere grande successo...


lunedì 7 ottobre 2013

ARSENAL, fatturato record con Emirates e con i concerti dei Coldplay

L’Arsenal annuncia l’ennesimo bilancio positivo. Nella stagione appena conclusa (i risultati contabili fanno riferimento, per l’esattezza, all’annualità chiusa al 31 maggio 2013) si sono registrati profitti, prima delle tasse, per 7,9 milioni di euro (in calo rispetto ai 43 milioni di utili del bilancio 2012). Con un utile dopo le imposte di 6,8 milioni di euro contro i 35 milioni dell’anno precedente). Il fatturato e lo sviluppo commerciale. I minori profitti, a fronte di un aumento del fatturato da 278 a 287 milioni di euro (da 235 a 242 milioni di sterline), dipendono soprattutto dalla diminuzione delle plusvalenze derivanti dal calciomercato (55,5 milioni di euro contro i 77,4 della stagione precedente). L’Amministratore delegato, Ivan Gazdis, ha aggiunto a ciò, che in futuro il forte incremento dei ricavi derivanti dai diritti radiotelevisivi (dal quale si attende una crescita vicina al 50%) e alla nuova sponsorizzazione con la compagnia aerea Emirates (circa 180 milioni di euro fino al 2019) si ritiene fiducioso che l'Arsenal potrà continuare a mantenersi competitivo rispetto alle principali squadre della Premier League ed europee. Commentando i risultati per l'anno il Presidente del club, Sir Chips Keswick, ha aggiunto che “siamo di fronte ad un panorama sempre più competitivo in Premier League e Europa. Nonostante le iniziative del fair play finanziario i prezzi di trasferimento e i salari dei giocatori continuano a muoversi sempre più in alto. E’ quindi positivo che la forte piattaforma finanziaria che abbiamo creato in questi anni ci permette di continuare a essere competitivi ai massimi livelli. Dobbiamo continuare a crescere soprattutto sul piano commerciale”. Inizio moduloI recenti tour in Asia hanno attratto, per esempio, nuovi partner regionali come la società di telefonia mobile indonesiana Telkomsel e la società di betting Bodog. Sono stati anche firmati accordi con la Imperial Bank in Kenya e Uganda e la Sterling Bank in Nigeria e altre intesa con aziende indiane. Nel prossimo anno finanziario si punterà ancora ad accrescere questi partenariati regionali.Ricavi e costi. I profitti operativi (al netto di ammortamenti e palyer trading) dell’attività sportiva sono scesi da 38 a 29,7 milioni di euro. I ricavi dalle vendite immobiliari sono salite fra il 2012 e il 2013 da 9 a 44 milioni di euro, anche grazie alla vendita delle strutture commerciali di Queensland Road. Il Gruppo Arsenal non ha debiti a breve termine e continua ad avere una piattaforma finanziaria solida da riserve di cassa, di 140 milioni di euro.Per quanto riguarda i ricavi dal botteghino, con 26 gare casalinghe (tra cui 19 Barclays Premier League e 4 Champions) a una media di biglietti venduti per partita di 59.928, e 5 concerti per Coldplay (3) e Muse ( 2), hanno raggiunto quota  109,7 milioni di euro (92,8 milioni di sterline) . I ricavi relativi al broadcasting sono leggermente aumentati, nel 2013, a 101,6 milioni di euro (nel 2012 erano pari a 100 milioni). I ricavi commerciali del Gruppo Arsenal sono aumentati di circa il 19 % a 74 milioni di euro. Il driver principale di questa crescita è stato il contratto di partnership estesa con Emirates, che è entrato in vigore per la seconda metà dell'anno. Sul fronte dei costi i salari sono cresciuti del 7,7%, passando dai 170 milioni di euro del 2012 a 182,6 milioni. Gli ingaggi rappresentato il 63,6 % dei ricavi di calcio (nel 2012 il rapporto era al 60,9 %) . Anche se questo rapporto è aumentato negli ultimi anni, la spesa salariale è in linea con i parametri del fair play finanziario. Gli altri costi operativi ammontano a 73 milioni di euro.(marcobellinazzo.blog.ilsole24ore.com)

lunedì 9 settembre 2013

Gunners da titolo?

“In Arsene we trust” è la scritta che campeggia sugli spalti dell’Emirates da qualche anno a questa parte. È la frase che i tifosi dell’Arsenal ripetono ogni giorno più del Pater nosterquasi per autoconvincersi: questo è lo strano legame che lega il tecnico alsaziano alla sua tifoseria, in alcuni momenti amato come Ferguson all’Old Trafford, in altri odiato come Benitez a Stamford Bridge.
Fatto sta che è da ormai 19 anni che il francese siede su quella panchina, quasi un ventennio di successi, certo, ma è impossibile dimenticarsi che è da otto anni che l’Arsenal non vince un trofeo: tanto, troppo tempo. Eppure Arsene continua nella sua politica: «Noi creiamo talenti, non li compriamo per fior di milioni, è questo il bello del calcio». Ai tifosi però non importa molto di essere “il bello del calcio” se poi subiscono umiliazioni eclatanti come l’8-2 all’Old Trafford, il 3-0 interno nel derby contro il Chelsea di Ancelotti e il 4-0 a San Siro contro il Milan: va bene la politica dei giovani, va bene la politica del Fair Play Finanziario, va bene qualificarsi ogni anno in Champions League ma in molti all’Emirates sembrano essersi scocciati.
Questa sessione estiva di calciomercato è passata nel solito modo (se non addirittura peggio) fino quasi al “dong” finale: unici colpi il giovane Yaya Sanogo e il ritorno di Mathieu Flamini (tra l’altro entrambi a parametro zero), con la particolarità però di non aver ceduto nessuna bandiera (forse perché effettivamente a parte Wilshere di veri e propri uomini simbolo alla Fabregas e alla Van Persie in quel della parte biancorossa del nord di Londra non ce ne sono più).
All’ultimo giorno di mercato però il manager alsaziano decide di rompere gli indugi e di ingaggiare il portiere italiano ex Fiorentina e Palermo (tra le altre) Emiliano Viviano, “un secondo portiere decente, finalmente” avranno pensato i supporter deiGunners, che ancora la notte sognano le papere di Almunia sudando freddo, ma non certamente abbastanza per competere per la Premier. Perché se è vero che l’Arsenal ha letteralmente schiantato il Fenerbahçe nei preliminari di Champions (un complessivo 5-0) e ha battuto per 1-0 giocando nettamente meglio il Tottenham nel North London derby (rete del solito Giroud), non bisogna dimenticare che la prima versione stagionale del team di Wenger ha perso per 1-3 in casa contro un Aston Villa che l’anno scorso sarebbe dovuto retrocedere.
Nel pomeriggio di lunedì, però, inizia a rimbalzare sui vari tabloid britannici la notizia di un Mesut Özilintento a sostenere le visite mediche per l’Arsenal a Monaco di Baviera: la stampa insiste, i tifosi sono quasi increduli, l’Arsenal, il tirchio Arsenal, la squadra che “non spreca soldi per giocatori affermati” sembra abbia superato niente di meno che il Psg in un’asta milionaria per il talento tedesco. A poche ore dalla chiusura del mercato arriva l’ufficialità:“Mesut Özil is a new Arsenal’s player” e non finisce qui. Arsene ha sborsato ai Galacticos ben 47 milioni di sterline. In poche parole: il secondo acquisto più costoso della storia del calcio inglese, dopo il trasferimento di Fernando Torres dal Liverpool al Chelsea.
L’eccitazione e lo stupore ora la fanno da padrone nella parte biancorossa del ord di Londra dove i tifosi sono finalmente fiduciosi in una grande stagione. Certo la rosa dell’Arsenal non si è completata con questo colpo: rimangono i problemi legati all’ingaggio di un terzino sinistro e di un centrale di difesa di livello, oltre a un bomber di razza (Giroud è in grandissima forma ma con un Suarez i Cannonieridiventerebbero letali). Ora però anche i tifosi che più hanno contestato dirigenza e manager sono stanchi di criticare, ora vogliono solo sognare, sognare in grande, in fondo oggi festeggiano il centenario dell’insediamento nel loro storico “nido” nel nord di Londra ma, soprattutto, loro in Arsene ci hanno sempre creduto.
di Mattia Bonasia, da http://www.echeion.it

domenica 1 settembre 2013

North London derby

Domenica di derby, in Inghilterra. Quello del Lancashire tra Liverpool e Manchester United, spesso gara decisiva per le sorti del campionato inglese, e quello del Nord di Londra, tra due squadre che arrivano all'appuntamento dopo un'estate a dir poco turbolenta. L'Arsenal è reduce da una facile qualificazione in Champions League, ma anche da una campagna acquisti fallimentare – tutti gli obiettivi di mercato sono saltati uno dopo l'altro – e un esordio in Premier fatto di luci e ombre. Il Tottenham è ancora alle prese con il tormentone Bale, ma nel frattempo ha messo in piedi una campagna acquisti stellare. A White Hart Lane sono arrivati Paulinho, Eric Lamela, Vlad Chiriches, Roberto Soldado, Etienne Capoue, Nacer Chadli e non è da escludere che in extremis si materializzi anche il gioiellino dell'Ajax Christian Eriksen. È scontato che se incassi un centinaio di milioni di euro per un singolo giocatore – il succitato prodigio gallese – ti puoi permettere di spendere e spandere. Ma anche se ti qualifichi ogni anno per la massima competizione europea, come nel caso dei Gunners, in teoria potresti apportare innesti di rilievo alla tua rosa. E invece Arsene Wenger è riuscito a mettere sotto contratto solo il “figliol prodigo” Matthieu Flamini, facendosi sfuggire almeno una mezza dozzina di giocatori, soprattutto attaccanti (Gonzalo Higuain e Luis Suarez in primis). I tifosi hanno più volte incalzato l'alsaziano, chiedendogli di spendere i quattrini a disposizione, ma per il momento a fronte di una litania infinita di voci di mercato all'orizzonte non si scorgono affari concreti.
Per cancellare almeno momentaneamente l'amaro in bocca ai supporter biancorossi servirebbe eccome l'ennesima bella vittoria in un derby con il Tottenham all'Emirates. Le ultime due sfide in casa dell'Arsenal si sono concluse con un roboante 5-2. Ricordi che bruciano sulla pelle dei fan degli Spurs, il cui astio per i cugini ha radici lontane e che vanno oltre la semplice rivalità cittadina.
In realtà 

il primo incontro tra le due squadre non fu esattamente un North-London derby, dal momento che l’Arsenal non aveva nessun legame con la parte settentrionale della metropoli inglese. Anzi, per dirla tutta, aveva la sua base operativa a sud del Tamigi, nei pressi dell’arsenale reale di Woolwich (tanto che tra il 1891 e il 1914 la denominazione ufficiale fu appunto Woolwich Arsenal). La sfida fu sospesa per scarsa visibilità con gli Spurs in vantaggio, ma visto il carattere amichevole dell’incontro e la fase embrionale che viveva il football – stiamo parlando di un episodio accaduto in piena età vittoriana, nel 1887 – le cronache dell’epoca non segnalano polemiche degne di nota, ma solo tanto fair play. I rapporti tra i due club, però, sarebbero cambiati radicalmente nell’arco di pochi decenni.

L’uomo della svolta rispondeva al nome di Henry Norris. Politico di rango, imprenditore immobiliare senza scrupoli e massone convinto, il nostro nel 1910 rilevò un club agonizzante, anche a causa dell’infelice posizionamento geografico – in quegli anni ci voleva tanto per raggiungere lo stadio dei Gunners. Dopo un tentativo, fallito, di fondere Arsenal e Fulham – team di Second Division sempre di proprietà di Norris – il presidentissimo pescò il jolly: un sito perfetto per la costruzione del nuovo stradio, in una zona popolosa e ben collegata da metropolitana e autobus. Il trasloco a Highbury, a due passi dalla fermata della Piccadilly Line di Gillespie Road – poi ribattezzata Arsenal per volere del grande allenatore Herbert Chapman – avvenne con la squadra male in arnese e precipitata con ignominia in Second Division. Il Tottenham si ritrovava un club professionistico a poche miglia dalla sua sede, e non a caso si oppose in tutti i modi al trasferimento. 
Tra mille difficoltà dovute allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, la stagione 1914-15 si chiuse con dei pessimi risultati per entrambe le compagini del Nord di Londra: Spurs ultimi in First Division, Arsenal solo quinti in Second Division. Alla cessazione delle ostilità, però, arrivò la notizia dell’ampliamento della massima divisione da 20 a 22 squadre. Al White Hart Lane stapparono lo champagne, pensando così di rimanere nell’elite del calcio inglese, visto che per precedenti “allargamenti” si erano sempre abbonate le retrocessioni.
Non avevano fatto i conti con Norris. Quando, nel marzo 1919, si tenne la riunione per rimodellare la First Division, il presidente della Lega John McKenna perorò la causa dell’Arsenal, sottolineando come avesse una maggiore “anzianità di servizio” nel calcio professionistico rispetto al Tottenham. Peccato che, scorrendo la classifica della Second Division di quattro anni prima, sopra ai Gunners ci fosse il Wolverhampton, membro fondatore della Lega. Una scusa bella e buona, quella addotta da McKenna? Pare proprio di sì, anche perché ormai è risaputo della sua intima amicizia con Norris e della loro comune appartenenza alla principale loggia massonica britannica, mentre non si è mai fatta completamente chiarezza su un possibile caso di una partita addomesticata tra Manchester United e Liverpool sempre nella fatidica stagione 1914-15 e di come lo stesso Norris abbia approfittato dell’episodio per il suo tornaconto personale. Fatto sta che l’espediente funzionò e la maggioranza dei presidenti della First Division votò per l’Arsenal e contro il Tottenham. Gli Spurs ci misero poco a risollevarsi, ma quella mossa machiavellica del deus ex machina dei Gunners è ancora motivi di immenso rancore per i tifosi bianco blu, specialmente in un Paese dove la storia e la tradizione di un club calcistico sono questioni tenute nella massima considerazione.

venerdì 16 agosto 2013

PREMIER LEAGUE 2013-14 PREVIEW: ARSENAL

Stagione nuova, domanda vecchia: “Riuscirà l’Arsenal a mettere in bacheca un nuovo pezzo d’argenteria?” Le premesse non sembrano essere le migliori, con un mercato praticamente fin qui senza colpi, e Arsène Wenger è già sotto pressione prima ancora di iniziare.
L’estate
Nonostante le dichiarazioni ‘bellicose’ di inizio estate, con acquisti stellari e somme astronomiche a disposizione per la campagna acquisti, all’Emirates fino ad ora non si è visto nessuno.  L’Arsenal si è trovato invischiato nella saga di Luis Suarez, obiettivo dichiarato dei Gunners, ma l’eventuale partenza de ‘El Pistolero’ da Liverpool è un rebus ancora tutto da decifrare.  Il rischio è di trovarsi, come per Gonzalo Higuain, con un pugno di mosche in mano.
Gli Obiettivi
Wenger e i suoi tenteranno l’assalto al titolo, ma un obiettivo più realistico e soprattutto più alla portata dei Gunners è piazzarsi nelle prime 4.  Le altre contendenti si sono rafforzate eccome, mentre l’Arsenal è ancora al palo.  Le statistiche sono però dalla parte del tecnico francese.  Nonostante la ‘carestia’ di titoli, tra infortuni, crisi, partenze eccellenti (RVP) e altri problemi alla fine i Gunners riescono comunque a salvare la stagione, proprio come è accaduto lo scorso anno con la conquista del 4° posto, utile per la Champions League.
Guai in vista
Se non arriva qualcuno, un nome importante e in fretta, Wenger e la dirigenza dovranno vedersela con una tifoseria spazientita se non addirittura sul piede di guerra.
Il nome su cui contare
Jack Wilshere, nonostante i vari infortuni è lui l’uomo chiave dei Gunners.
Il giovane da tenere d’occhio
Serge Gnabry, 18 anni, centrocampista tedesco con padre Ivoriano è tenuto in grande considerazione da Wenger tanto che lo scorso anno, durante le difficili trattative per il rinnovo del contratto a Theo Walcott, era stato individuato come un suo possibile sostituto. Nonostante la giovane età ha già giocato sia in Premier League che in Champions League.
La dichiarazione
“Abbiamo finito in crescendo la scorsa stagione e vogliamo trasferire quell’abbrivio in questo inizio di campionato.  Se ci riusciamo allora avremo la possibilità di puntare in alto, molto in alto” – Arséne Wenger
Il ‘Top Tweeter’
Lukas Podolski (@Podolski10) – fanatico degli autoscatti con il suo smartphone che poi condivide con i suoi followers.
Gli arrivi
Yaya Sanogo (Auxerre, parametro zero)
Le partenze
Andrey Arshavin (svincolato), Denilson (Sao Paulo, parametro zero) and Sebastien Squillaci (svincolato), Martin Angha (Nuremberg, n.d.), Craig Eastmond (Colchester, parametro zero), Conor Henderson (svincolato), Jernade Meade (Swansea, parametro zero), Sanchez Watt (Colchester, parametro zero), Johan Djourou (Hamburg, prestito), Vito Mannone (Sunderland € 2,4 mln), Andre Santos (Flamengo, parametro zero), Francis Coquelin (Freiburg, prestito), Joel Campbell (Olympiacos, prestito), Chuks Aneke (Crewe, prestito), Marouane Chamakh (Crystal Palace, parametro zero), Ignasi Miquel (Leicester, prestito), Gervinho (Roma, € 9,4 mln).
La nuova maglia
E’ l’ultima stagione con la Nike, dopo 20 anni.  Per la maglia da trasferta lo sponsor tecnico americano si è ispirato al periodo d’oro del club, quello degli ‘invincibili’ del 2003-04, mentre la prima maglia è la stessa della scorsa stagione.  L’anno prossimo sarà Puma il nuovo sponsor con un contratto stellare da 35 milioni di euro a stagione.
Le statistiche dalla scorsa stagione
  • L’Arsenal ha vinto le ultime 5 partite esterne in campionato, la miglior prestazione dal 2004.
  • Lukas Podolski è stato sostituito 23 volte durante la PL 2012-13.  Solo Steed Malbranque è stato sostituito più di lui in un unico campionato (stagione 2009-10, 26 sostituzioni).
  • 4 giocatori hanno segnato più di 10 reti: Walcott, Cazorla, Giroud e Podolski.  Con tale risultato il Gunners sono la quarta squadra nella storia della PL ad aver avuto 4 giocatori in ‘doppia cifra’ in una stagione.
  • Theo Walcott ha segnato 2 delle 5 reti realizzate nel primo minuto di un’incontro durante la stagione.
  • All’Emirates Stadium sono stati segnati 70 gol (somma tra fatti e subiti), più di qualsiasi altro stadio della PL.
  • La media di possesso palla è stata del 58%, in assoluto la migliore del campionato alla pari del Manchester City.
I risultati delle amichevoli estive
14 luglio vs. Indonesia XI (Gelora Bung Karno Stadium, Jakarta) – 7-0
17 luglio vs. Vietnam (My Dinh National Stadium, Vietnam) – 7-1
22 luglio vs.  Nagoya Grampus (Toyota Stadium, Japan) – 3-1
26 luglio vs. Urawa Red Diamonds (Saitama Stadium, Japan – Saitama City Cup) – 2-1
3 agosto vs. Napoli (Emirates Cup) – 2-2
4 agosto vs. Galatasaray (Emirates Cup) – 1-2
10 agosto vs. Manchester City (Olympic Stadium, Helsinki) – 3-1